Canzo
è un comune in provincia di Como in Lombardia.
Il paese, nelle Prealpi lombarde, è il più
settentrionale della Brianza e capoluogo della Comunità
Montana del Triangolo Lariano, ed ha una superficie
territoriale con un'altimetria che varia dai 402 m
s.l.m. ai 1.373 m s.l.m.. È l'ultimo paese
dell'Alta Brianza che si continua con la Valassina
(da cui è separato dalla cascata della Vallategna),
situato nella Val Ravella circondata dai monti Cornizzolo
(nell'idioma locale, Curnisciöö), Corni
di Canzo (Còrni o Curunghèj), Barzaghino
(Barzaghìn) e Scioscia (Sciòscia). È
attraversato dal torrente Ravella (Ravèla),
lungo il quale si è formato il centro storico,
e ad ovest marginalmente dal fiume Lambro (Lambar)
in corso torrentizio, proveniente dalla limitrofa
Valassina; inoltre sono presenti molte fonti nelle
montagne del paese ed un lago, il lago del Segrino,
in comune con i paesi di Eupilio (Eupìli) e
di Longone al Segrino (Lungùn).
L'altitudine del territorio comunale va da un minimo
di 360 ad un massimo di 1.371 m s.l.m..
ETIMOLOGIA
Il toponimo Canz deriva probabilmente dal latino Cantius,
a sua volta derivato da una radice celtica.
ARCHEOLOGIA
Fin dalla colonizzazione celtica, tutta la valle di
Canzo fu legata al culto dell'acqua, di cui vi è
magnifica abbondanza, e della pietra. Un esempio della
diffusione di questi culti acquatici è quello
della Fons Sacer (lat. Fonte Sacra) del lago del Segrino,
trasformatasi dapprima in culto romano a Marte, come
si nota nei toponimi Castèll Mart e Martesana,
poi nella devozione a San Michele, come presso la
buona fonte del Lazzaretto. Esempio invece di culto
dei massi è il Sass dal Primm Fiöö,
dove anticamente si recavano le donne per ottenere
un buon parto; l'equivalente cristiano si ritrova
nella scalinata ed edicola di Sant'Anna, con la stessa
funzione. Più visibile è la grandissima
roccia detta Cèpp da l'Angua, collocato ai
piedi del monte Raj, dove si sovrappongono l'elemento
acqua e l'elemento pietra: è infatti una pietra
in origine dedicata alla fata acquatica Anguana (da
cui il nome), presente anche nella complessa celebrazione
della Giubiana. Nel Medioevo, al contrario di quanto
avvenuto in San Michele, questo culto non è
stato assimilato ma demonizzato: da qui deriva il
secondo nome dello stesso, Scalfìn dal Diaul,
ovvero "tallone del diavolo". Il santuario
di San Miro, inoltre, è costruito in corrispondenza
di una fonte sotterranea, sede di un luogo sacro celtico
(vi sono state trovate delle "coppelle").
Un altro masso rilevante è il Sass da la préa,
che si trova sulla cresta di Cranno.
AREE
VERDI
I boschi di Canzo, oggigiorno più abbondanti
a causa dell'imboschimento delle aree un tempo adibite
a fienagione e pascolo, sono composti da alberi quasi
esclusivamente cedui come roveri, castagni, noci,
frassini, faggi, betulle, tigli, abeti rossi, ippocastani,
sorbi, tassi, noccioli, aceri, agrifogli, allori,
bagolari, bossi, rovi, pungitopi ecc. Negli ultimi
decenni in alcune zone montane sono stati piantumate
distese di pini, che in verità non appartengono
alla vegetazione locale. Sono presenti inoltre piante
coltivate come viti, gelsi, meli, pruni, fichi, albicocchi,
peri, cachi ecc. Vi sono numerose specie di piante
erbacee e fiori (alcuni protetti). Si pratica la caccia
al capanno, quasi esclusivamente uccellagione, specialmente
di turdidi.
I principali prati o terreni coltivati ora edificati
sono le località: Tera Russa, Lagüsc,
Crann a bass, Doss, Camp da Miro, Valicc, Zìgur,
Crusett, Vigna da la Tur, Piazöra, Maj, Zoch
dal merlo, Vigna, Vignöra, Ruassee, Murunera,
La Pista, Curnaa, Pian da Mirabela, Pignascia, Nuell,
Pè da Nepi, Gerascia, La Pietra, Cà
növa, Gerett, Parisùn, Sota la strada
da Preserp, Tumb, Campasc, Budracch, Caravazz, Doss
di Sant.
LE
FONTI
Il nome delle "Fonti di Gajum" è
italianizzato dal canzese Gaümm (dalla radice
celtica ga=recipiente, pancione), che significa mallo,
in quanto sopra alla fontana era presente un grosso
noce e i malli cadevano nella vasca. La fama della
bontà di quest'acqua è così diffusa
che di fronte alle fontanelle vi è sempre una
fila di persone, provenienti da tutta la Brianza e
dal milanese con bottiglie vuote e taniche da riempire;
una ordinanza comunale limita a sei il numero di bottiglie
riempibili consecutivamente. Secondo l'antica tradizione
contadina, Gajum è la terza fonte più
pregiata di Canzo.
Le Fonti di Gajum sono un classico punto di sosta
e di ristoro per gli escursionisti da più di
un secolo, tipici sono i tavoli ed i sedili in pietra,
ancora esistenti nel luogo, e risalenti a quando queste
fonti furono scoperte, dal punto di vista turistico
durante l'Ottocento. Nel bosco, sopra le fonti, nei
secoli scorsi venne eretta una Cappella dedicata alla
Madonna Addolorata (Madòna di Sètt Dulùr),
tuttora ben conservata.
Negli anni sessanta fu creata, da alcuni canzesi una
società per imbottigliare l'acqua della fonte;
questa società venne poi assorbita dalla Bognanco,
ed ora l'impianto, non più attivo, è
di proprietà del Comune. Una piccola parte
dell'acqua di Gajum è immessa nell'acquedotto
comunale ed un'altra parte è condotta fino
ad una fontana interna nel giardino di Villa Meda.
Nel territorio canzese sono presenti molte altre sorgenti:
ogni alp fu costruita in corrispondenza di una o più
fonti, necessarie per la vita dell'alp; altre sorgenti
sono presenti nella valle di Pesora e presso l'eremo
di San Miro, oltre che in altri luoghi meno accessibili
lungo i versanti della Val Ravella. Per l'abbondanza
d'acqua, anche rispetto ai paesi circostanti, sono
presenti in paese molte fontanelle pubbliche di acqua
potabile, e ancor più ce n'erano in passato.
Per quanto riguarda la sacralità delle fonti,
vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.
LAGO
DEL SEGRINO
Il lago, di origine glaciale, situato in una stretta
valle tra i monti Cornizzolo e Scioscia, ha una tipica
forma allungata (1.800 m in senso nord-sud, per una
larghezza massima di 200 m). Le sue acque, poco profonde,
sono di color verde intenso e purissime, in quanto
tutte le sorgenti sono sotterranee: è un'area
verde protetta. Si ritiene che il suo nome derivi
dal latino Fons Sacer, ossia Fonte Sacra, trasformatosi
col tempo in Sacrinum e quindi Segrìn (in dialetto
locale). È famoso per la qualità delle
sue acque e per la sua felice e tranquilla posizione,
che ispirò numerosi scrittori dell'Ottocento.
Per l'origine della sacralità del luogo, vedere
il paragrafo sui culti plurimillenari.
CORNI
DI CANZO
I Corni di Canzo, in lingua locale Còrni o
Curunghèj o Colonghej, sono tre cime rocciose,
di cui due sono più visibili (Curunghelùn
e Curunghelìn), aventi la forma di corna. Il
corno più alto raggiunge i 1371 m s.l.m. Sono
meta prediletta degli escursionisti e in alcuni tratti
ci sono delle ferrate; è presente il rifugio
SEV. Alle pendici dei Corni sono collocati i tre alp
maggiori di Canzo. A valle scorre il torrente Ravella.
MONTE
CORNIZZOLO
Questa montagna, in lingua locale Curnisciöö,
1241 metri s.l.m., è sormontata da una croce,
opera dei mastri fabbri di Canzo. A circa 1100 m vi
sono il rifugio Marisa Consiglieri e la Cappella degli
Alpini. La presenza millenaria di innumerevoli luoghi
di culto la rendono montagna sacra. Sono presenti
diversi alp su tutti i versanti, mentre sul lato di
Civate vi sono edifici rustici chiamati "casotte".
Di notevole interesse storico-architettonico è
l'Abbazia di San Pietro al Monte e il sottostante
Oratorio di San Benedetto, del XI secolo in stile
romanico. La montagna è molto conosciuta dai
ciclisti e dagli appassionati di deltaplano e parapendio.
SANTO
STEFANO
Detta anche Gésa granda, è la chiesa
prepositurale. L'edificazione ebbe inizio nel 1728
sul luogo di una precedente costruzione, attestata
dal 1398 in un documento testimoniante l'autonomia
della parrocchia, dedicata allo stesso santo e già
dotata nel 1574, durante la visita pastorale di San
Carlo, dei cinque altari attuali. La canonica si trova
dietro alla chiesa, mentre in passato era in via Rimembranze,
collegata da una scalinata fino a via Teatro Vecchio.
La chiesa, assegnata al Vicariato di Villincino, divenne
parrocchia nel 1569 all'epoca della visita pastorale
di Francesco Bernardino Cermenati. Nel 1584 in seguito
al trasferimento della sede plebana a Villincino la
parrocchia venne inserita sotto il Vicariato del Preposto
di Erba e nella Regione V della Diocesi. Nel XVIII
secolo si avevano nella Parrocchia "Santo Stefano
Protomartire" le confraternite, senza abito,
del Santissimo Sacramento, del Santissimo Rosario
e una terza nella scuola della Dottrina Cristiana;
nell'Oratorio di San Donato v'era una confraternita
recante il medesimo titolo. Nel 1752 il Cardinale
Pozzobonelli nel consacrare la Chiesa restando colpito
dalla sua grandezza e dalla sua magnificenza concesse
ad essa il titolo, in perpetuo, di "Basilica".
La Basilica è stata eretta Prepositura, col
titolo di Basilica Prepositurale Plebana, con decreto
ad perpetuam memoriam in data 21 aprile 1899 da papa
Leone XIII il quale concesse "Non ad Personam
sed pro Tempore" il Titolo di Prevosto. Nella
stessa data il Card. Andrea Carlo Ferrari istituì
il Vicariato Foraneo di Canzo, attivo dal 1906 fino
al 1971, avente giurisdizione sulle Parrocchie di
Caslino d'Erba; Castelmarte; Corneno; Galliano; Longone;
Proserpio.
Il sagrato è in granito, decorato ad intarsio;
in passato era acciottolato. L'edificio, tradizionalmente
definito "basilica" pur non essendolo ufficialmente,
è in stile barocco classico e possiede un alto
campanile angolare, a destra, con tetto in bronzo
(il progetto del 1818, dell'architetto Bovara, ne
prevedeva due). La facciata è parzialmente,
come i lati lunghi della chiesa, dipinta di un giallo
tenue; presenta un portone principali e due portoni
laterali, in alto due nicchie, una con la statua di
Santo Stefano, l'altra di San Miro. All'interno, ad
una navata, vi sono quattro altari minori: entrando,
a destra quello del Crocifisso e a sinistra quello
con la statua di San Bernardo, e in fondo, a destra
quello con la statua di Sant'Antonio dal purcèll
e a sinistra quello con la statua della Madonna del
Rosario. Le tre statue marmoree settecentesche sono
opera di Elia Vincenzo Buzzi, attivo nel Duomo di
Milano; il crocifisso ligneo era già presente
all'epoca della visita di San Carlo. Negli altari
sono presenti anche quadri murali di David Beghè
(fine Ottocento) e Albertella (inizio Novecento).
A destra e a sinistra, fra gli altari, sono collocati
i confessionali in marmo, sormontati dalle balaustre
di cui la sinistra è quella dell'organo. La
volta dell'altare maggiore è decorata con affreschi
del XVIII secolo raffiguranti la Trinità e
la gloria di S. Stefano ed è circondata da
vele con i quattro evangelisti. I restanti affreschi
sono perlopiù degli inizi del Novecento, come
le due statue della facciata. La chiesa possiede poi
vetrate colorate che rappresentano la Passione e,
in facciata, Cristo Re. Il pavimento era un tempo
di cotto, di cui è stata conservata la porzione
su cui poggiano le panche; la parte rimanente fu disegnata
in graniglia di marmo. A fianco dell'altare maggiore
sono collocati i due pulpiti, sempre in marmo. Alcune
decorazioni sono in marmo nero e grigio, mentre altre
sono stucchi dorati o dipinti ad imitazione di marmo
grigio o rosato. Sono inoltre presenti balaustre sulla
controfacciata, sopra i confessionali e a cinta degli
altari. L'organo fu costruito nel 1828 dalla rinomata
bottega f.lli Serassi di Bergamo. La sacrestia è
posta a destra dell'altare. A sinistra dell'altare
è collocata una cappella che conserva numerose
reliquie donate da Monsignor Camillo Fino (Protonotario
Apostolico supra numerum di nomina pontificia per
meriti raggiunti, ad oggi resta il prevosto col più
alto grado prelatizio che Canzo abbia mai avuto) il
quale, già Notaio certificatore delle reliquie
diocesane, dopo anni di onorato servizio trascorsi
in Curia Arcivescovile venne destinato dal Beato Card.
Schuster a Canzo come prevosto lasciando in eredità
alla prepositura tutta la sua collezione di reliquie.
Altre reliquie sono esposte nei busti d'argento collocati
a fianco del tabernacolo. Il tabernacolo ha una porticina
d'oro con raffigurato a bassorilievo Gesù a
braccia aperte che mostra il suo Sacro Cuore.
Di fronte alla piazza della chiesa vi è la
sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso,
nel passato adibita ad asilo infantile e a biblioteca
municipale, davanti alla quale è stato piantato
un gelso (murùn), albero simbolo della tradizione
serica brianzola, e ne è stato aggiunto un
altro esemplare molto antico, a cura della Cumpagnia
di Nost, trasferito dal Parco Raverta, trasformato
in complesso edilizio. Quest'ultimo è stato
affidato alla protezione di San Mir. Presso la Società
Operaia vengono spesso organizzate mostre d'arte.
A lato dell'ampio piazzale, vi è il l'antico
portico del mercato, un elegante porticato a cinque
arcate con fronte e doppie lesene, che mantiene all'esterno
gli anelli utilizzati per la fiera del bestiame da
San Stevenin il 27 dicembre.
Si narra che il suolo su cui è stata eretta
la parrocchiale fosse in origine una vigna di proprietà
dei Pelliccioni. Essi la concessero alla parrocchia
a condizione che in una notte fossero sradicate tutte
le piante di vite. Dopo una nottata di lavoro da parte
di tutta la popolazione accorsa, si poté cominciare
la costruzione della chiesa.
CAPPELLA
DI SAN MICHELE
La cappella è dedicata a san Michele Arcangelo
e si trova in cima ad un piccolo dosso, a quota 460
m sul lato destro lungo la strada verso le Fonti di
Gajum. Questo luogo venne utilizzato come lazzaretto
durante l'epidemia di peste del 1863 e forse anche
in casi di precedenti contagi: secondo una tradizione
locale il prato sottostante sarebbe usato come camposanto
per i morti della peste del 1630, descritta da Alessandro
Manzoni nei Promessi Sposi. La cappella è stata
oggetto di interventi di restauro e conservazione
nel corso del tempo garantendone un buono stato di
conservazione fino ad oggi. Al suo interno sono affrescati
il santo e le opere temporali di misericordia. Da
questa cappella si diparte la strada acciottolata
che, risalendo lungo la vall da Pésura, arriva
alla cima del monte Cornizzolo. Poco sopra la cappella
si trova una buona fonte. Per l'origine della sacralità
del luogo, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.
EREMO
DI SAN MIRO
La costruzione dell'eremo di San Miro al Monte iniziò
nel 1643. Annesso alla chiesa vi era un piccolo convento
che ospitò subito un eremita, ma poi divennero
due, probabilmente appartenenti al convento francescano
del paese. Si possono ancora notare, sul ripido pendìo
posto sull'altro versante della Ravella, alcuni terrazzamenti
(giarditt di fraa) nei quali i frati coltivavano un
orto. Ha subito vari restauri, fino a quello completo
terminato nel 2005. I locali annessi alla chiesa hanno
mantenuto e valorizzato la loro vocazione ad ospitare
i gruppi organizzati che intendono dedicare qualche
giorno alla preghiera e alla meditazione. Il culto
di san Miro è legato all'acqua e da secoli
l'eremo è meta di pellegrinaggio, così
come lo è la fonte, recentemente restaurata,
dalla quale sgorga un'acqua a cui molti si affidano
per mantenere il proprio benessere, se non per guarire
da qualche malattia.
SAN
FRANCESCO E BEATO MIRO
Detta anche Gésa da San Mirètt, dal
nome del secondo dedicatario, utilizzando il diminutivo
per distinguerla da quella propriamente di San Mir
(il santuario-eremo). È una chiesa conventuale
e si trova in piazza San Francesco, ed è affiancata
dalla casa del prete, un tempo ambulatorio; nella
piazza si trovano inoltre due cuurt (di Pinòla
e di Meroni), una fontanella (servita dall'acquedotto
e sormontata da un'altra fontana, da cui sgorga una
parte dell'acqua di Gajum) situata in una nicchia
delle pittoresche mura di Villa Meda, che ha un proprio
arco di ingresso su piazza San Francesco, arricchito
da una pregiata lunetta in ferro battuto e da un grande
affresco. Il sagrato è in porfido, come del
resto tutta la piazza, e presenta una scalinata. L'insediamento
del complesso conventuale risale alla fine del Trecento,
ed era inizialmente dedicato alla Vergine, mentre
successivamente, forse nel Quattrocento, fu consacrato
a San Miro. Nella prima metà del Settecento
furono svolti lavori di consolidamento e ampliamento,
mentre la fine del secolo vide la fine della presenza
dei Frati Minori, e quindi il passaggio dell'indulgenza
del Perdon d'Assisi alla parrocchiale. Agli inizi
dell'Ottocento, con il lascito del prevosto don Angelo
Sala e il contributo di Giovan Battista Gavazzi, il
convento venne trasformato in Ospedale Civile per
divenire poi, dalla Prima guerra mondiale agli anni
settanta, casa di riposo; nel frattempo la chiesa
assunse la denominazione di san Francesco, anche se
nella memoria della popolazione rimane la dedicazione
a san Miro. Successivamente, dopo un restauro conservativo,
la chiesa assunse, per volontà della Curia
Arcivescovile, la funzione di Oasi monastica. L'edificio
è in stile barocco e possiede un semplice campanile
in fondo a sinistra. La facciata è, come tutto
l'esterno della chiesa, dipinta di un giallo tenue,
e presenta un solo portone centrale; sopra ad esso
vi è una piccola vetrata. All'interno vi sono
quattro altari minori: entrando, a destra quello di
San Francesco e a sinistra quello di San Miro (ma
in una nicchia vi è anche una statua di Gesù),
raffigurati anche nelle rispettive vetrate dietro
al tabernacolo; in fondo, a destra quello del Crocifisso
(ma in una nicchia vi è anche una statua della
Madonna addolorata) e a sinistra quello della Madonna.
L'alternanza di colori tenui nelle abbondanti decorazioni,
specialmente nell'abside, conferiscono all'interno
un'armonia ristoratrice. Il tabernacolo ha una porticina
d'oro raffigurante in bassorilievo un calice con due
uccellini. I confessionali in legno si trovano di
fianco al portone di ingresso.
PALAZZO
TENTORIO
Palazzo Tentorio, che prende il nome della famiglia
che lo acquistò nel 1706, anno in cui il territorio
di Milano, di cui Canzo faceva parte, passò
di mano dagli spagnoli agli austriaci. La ricchezza
dei Tentorio si fondava sul commercio dei panni di
lana, attività iniziata nel 1649 da Carlo Tentorio
che “spacchiava li suoi drappi come milanesi
senza contrassegno e senza pagare li dazi camerali”.
Il disinvolto commerciante aveva sfruttato a suo vantaggio
il vuoto amministrativo e giuridico che caratterizzava
il dominio spagnolo a Milano; la sua famiglia lasciò
una chiara impronta della sua presenza a Canzo per
la generosità con cui contribuì alla
costruzione della chiesa parrocchiale, consacrata
il 3 giugno 1752. La proprietà del palazzo
rimase ai Tentorio per oltre un secolo: il 15 settembre
1828 lo stabile e le sue pertinenze furono acquistate
dai fratelli Giovanni Maria, benedetto e Venanzio
Gavazzi, antica famiglia canzese in quegli anni impegnata
nello sviluppo dell'industria serica. L'11 novembre
1889, giorno di san Martino, il palazzo fu acquistato
dal Comune per alloggiarvi la scuola, “causa
l'insufficienza dei locali della scuola attuale”.
Unitamente alle aule, l'edificio ospitò gli
uffici comunali, fin quando le aumentate esigenze
amministrative e le precarie condizioni dello stabile
indussero alla sua ristrutturazione e alla realizzazione
ex novo, nell'area retrostante, di uffici più
funzionali: i lavori, iniziati nel 1999 su progetto
selezionato tramite concorso di idee, videro il restauro
dell'antico Palazzo e la creazione di una struttura
moderna e funzionale, a forma di torrione, a mo' di
novello broletto, simbolo dell'autonomia comunale.
Dal 7 dicembre 2002 palazzo Tentorio ospita l'ufficio
e la segreteria del Sindaco, la sala Giunta ed un'ampia
area espositiva, collocata al secondo piano.
TEATRO
SOCIALE
La "Società del Teatro Sociale di Canzo"
venne fondata nell'aprile del 1828 per volontà
di famiglie benestanti canzesi e milanesi, con autorizzazione
di Maria Teresa d'Austria. I lavori di costruzione
furono ultimati l'anno successivo permettendo l'inaugurazione
il 18 ottobre del 1829 invitando la compagnia del
Teatro Filodrammatici di Milano. Il Comune, divenuto
proprietario dell'immobile, si occupò di rinnovare
il tetto dopo la storica nevicata del 1985 e se ne
decise il completo restauro, dopo circa cinquant'anni
di funzionamento come sala cinematografica. Fu quindi
inaugurato il 25 aprile del 1990.
L'Amministrazione comunale decise di allestire di
nuovo una stagione teatrale per gli anni 1991-'92,
iniziando proprio col Teatro Filodrammatici di Milano.
Accanto a questa compagnia vanno ricordati anche l'orchestra
dei Pomeriggi Musicali di Milano e l'Autunno Musicale
di Como sempre presenti nella programmazione. Sono
inoltre frequenti commedie in lingue regionali, grazie
ad una compagnia veneta ed alla Filodrammatica Canzese.
Ospita attualmente stagioni di musica e di prosa.
Nell'antistante piazza Garibaldi è presente
il monumento ai Caduti. Dall'altra parte della piazza
si vedono lo storico Albergo Canzo (uno dei cinque
alberghi attualmente presenti a Canzo) e i giardini
di Palazzo Tentorio, attuale sede del comune, e di
Villa Don Pozzoli, residenza sanitaria assistenziale
per anziani. In paese sono presenti altre due case
di riposo.
VILLA
MEDA
Villa Meda (XVII-XVIII secolo), costruita sul fianco
destro del torrente Ravella, nel centro storico del
paese, è un complesso composto da una corte
principale con un porticato ad arcate con pilastri
quadrangolari, decorati da lesene che sostengono un
marcapiano. All'interno sono presenti volte affrescate
e soffitti in legno a cassettoni decorati da Luca
Roscio di Vill'Albese, del 1701. Da un altro più
piccolo cortile interno, si accede al battistero a
pianta circolare, con colonnato centrale in pietra
e volta ottagonale in legno. Il parco è occupato
da alcune piante secolari, cippi in granito, balconate
belvedere, portali e nicchie sul muro simulanti piccole
grotte, come in uso nei giardini signorili ottocenteschi.
La villa è opera dell'architetto Simone Cantoni
di Muggio, che trasformò una casa di campagna
nella residenza del conte Meda, con interventi di
stile neoclassico. Il progetto si protrasse dal 1795
al 1804, quando il lavoro fu portato a termine dal
monsignore fratello del conte. L'architetto dispose
i locali di rappresentanza attorno ai cortili interni
e le parti abitate a contatto col giardino all'italiana
e con l'ambiente agreste raggiungibile sull'altra
sponda del il torrente Ravella tramite un ampio ponte
interno al perimetro della villa. L'edificio, venne
usato nel XX secolo come colonia estiva per le Stelline
e poi, durante la Seconda guerra mondiale come caserma,
ospitando le SS italiane arruolate presso le carceri
milanesi; recentemente è stato restaurato per
un utilizzo misto privato, sale pubbliche e stanze
date in gestione alle locali associazioni; vi ha sede
la biblioteca civica.
GASTRONOMIA
Nocciolini di Canzo: piccoli dolci simili all'amaretto
secco, a base di farina di nocciole, con l'aggiunta
di albumi montati, zucchero e aromi particolari, in
vendita in alcune pasticcerie del paese. La produzione
più celebre è quella Citterio, della
cosiddetta "Fabbrica dei Nocciolini". Sono
riconosciuti come prodotto agroalimentare tradizionale
dalla Regione Lombardia.
Vespetrò: liquore a ricetta segreta, di origine
savoiarda, brevettato dal canzese Scannagatta. È
stato prodotto fino agli anni sessanta-settanta, venduto
in tipiche bottiglie strette ed allungate. La produzione
di questo liquore (con coriandolo ed altre erbe),
diffuso e rinomato in passato, trova testimonianza
nelle guide Baedeker di inizio Ottocento, che lo indicano
come soggetto di rilevanza per il paese. Recentemente
è ricominciata la sua produzione.
Pulénta e lacc: polenta bollente in latte freddo,
preparata specialmente presso gli alp ed i rifugi.
La polenta tipica della zona è gialla e solida.
Témpia cui sciger: tempia di maiale con i ceci,
cucinata un tempo in tutte le botteghe del paese in
occasione del Dì di Mòrt (Commemorazione
dei Defunti).
Funghi trifolati: tipica di Canzo secondo il manuale
Vecchia Brianza in cucina.
Tordi arrosto, Uccellini con la polenta e Poccen de
salsa e fongs secch (intingolo di salsa di pomodoro
e funghi secchi): sempre secondo il manuale citato.
Coq-au-vin e Boeuf-à-la-mode (stracotto di
manzo): ricette portate a Canzo da Stendhal.
ORIGINI
Le tracce più antiche di colonizzazione umana
del territorio canzese risalgono all'ultima fase della
glaciazione wurmiana, durante il periodo mesolitico
(circa 10.000 anni fa). L'accampamento di caccia situato
a quota 900 m sul monte Rai (Raj) fu utilizzato durante
il periodo estivo, continuativamente fino all'età
del bronzo medio.
L'epoca eneolitica (circa 4.000 anni fa) è
segnata dall'importante testimonianza di una tomba
a cista con stele, ritrovata in località Büdracch.
La tomba è stata totalmente ricostruita nel
giardino delle scuole secondarie di primo grado.
L'età del bronzo antico è testimoniata
da un insediamento sulla riva nordorientale del lago
del Segrino, il cui ritrovamento ebbe un certo peso
per la conoscenza delle prime popolazioni stanziali
nell'alta Brianza.
L'insediamento sul sito dell'attuale abitato risale
all'epoca romana, alla quale si deve inoltre il tracciamento
delle strade principali per scopi militari e commerciali.
Relativamente a questo periodo è stata scoperta
una pietra miliare vicino al lago del Segrino, che
indicava le distanze lungo la via strata (via lastricata),
mentre nel 1822 venne messa alla luce una tomba romana
con le sue suppellettili.
CENNI
STORICI
Nei secoli dopo la scomparsa dell'Impero Romano, Canzo
fece parte del contado milanese della Martesana (pur
mantenendo di fatto un'accentuata autonomia comunale)
ed in seguito divenne feudo del monastero di Sant'Ambrogio.
Il toponimo della Martesana e del vicino paese di
Castelmarte sono stati messi in relazione con un culto
del dio Marte e alla presenza di ex legionari. Nel
1162 Federico Barbarossa lo cedette al monastero di
San Pietro al Monte di Civate. In seguito Canzo entrò
a far parte dei domini dei Visconti, che nel 1403
vi istituirono la Corte di Casale.
Nel 1472 gli Sforza, succeduti ai Visconti nel ducato
di Milano, cedettero la Corte di Casale alla ricca
famiglia di armaioli (fabbricanti di armi) dei fratelli
Negroni detti Missaglia, che avevano richiesto la
concessione per la presenza di miniere di ferro. Lo
stemma della cosiddetta Cumünanza da Canz, trascurato
durante il Regno d'Italia e riadottato nel 2002, rappresenta
infatti "tre forni all'antica a guisa di alveari,
per la fusione del ferro". Nel Novecento la tradizione
siderurgica si riversò nella fabbricazione
di forbici, di cui Canzo divenne importante centro,
benché fino a questo secolo l'economia prevalente
fosse quella agricola (nel 2007 è stato creato
un "angolo del lavoro", con una berta storica,
ovvero maglio a caduta libera per la fabbricazione
delle forbici, in piazzetta Turati). Nel 1526 l'esercito
spagnolo in lotta contro il ducato di Milano occupò
Canzo, tenuta dal condottiero di ventura Niccolò
Pelliccione (riguardo al quale esistono molti aneddoti
leggendari), al soldo del duca Francesco II Sforza.
Dopo la morte di questi, Canzo, come tutto il ducato
di Milano, passò sotto il dominio spagnolo
e successivamente sotto quello austriaco.
Fino al secolo XVII Canzo era un rinomato centro manifatturiero
di tessuti di saia, venduta come saia di Canzo, assieme
al cimosone di Canzo al mercato milanese, questa attività
tuttavia decadde a causa delle pesanti tasse imposte
dal governo spagnolo.
Dopo l'estinzione della famiglia dei Missaglia nel
1667 la Corte di Casale passò ai marchesi Crivelli,
che vi introdussero l'industria della seta e alla
fine del XVIII secolo le filande attive erano sette.
Nel 1786, nell'ambito della riorganizzazione del territorio,
Canzo fu unito alla nuova provincia di Como. Nei secoli
XVIII e XIX, fu capoluogo del distretto decimoterzo,
nella sua economia erano rilevanti i vigneti sui pendii
che producevano un buon vino, i castagni, la coltura
dei gelsi necessari per i numerosi remunerativi allevamenti
di bachi da seta presenti nel paese, la presenza di
molti pascoli con mandrie sparsi nel territorio, filande
e filatoi.
Dall'edizione del 1868 del Dizionario corografico
dell'Italia, il paese aveva una sua compagnia di guardia
nazionale di 415 militi, di cui 110 attivi e 305 di
riserva e la mobilizzabile era di 12 militi; nel 1863
vi erano 62 elettori politici inscritti nelle liste
elettorali del collegio d'Erba, e Canzo faceva sezione
elettorale del collegio con 288 elettori in tutto;
il paese possedeva una pubblica scuola elementare,
un ufficio postale proprio, uffici di verificazione
per le imposte dirette, del catasto e di delegazione
di pubblica sicurezza con carceri mandamentali; inoltre
era sede di una giudicatura di mandamento dipendente
dal tribunale di circondario di Lecco. Il legame con
Milano rimane sempre molto forte fino ad oggi, grazie
alla villeggiatura milanese (vennero costruite ville
e il teatro), promossa a inizio Ottocento dalla costruzione
della Strada di Niguarda e un secolo dopo dalla ferrovia.
Canzo inoltre appartiene all'arcidiocesi di Milano,
quindi al rito ambrosiano, e non alla diocesi di Como.
Durante la seconda guerra mondiale, molte famiglie
milanesi vi furono sfollate, e in paese vennero acquartierati
un gruppo di SS italiane, presso l'asilo ed un gruppo
di truppe tedesche con il comando installato presso
la "Villa Rizzoli". Attività partigiane
vennero svolte sui monti, attorno ai "Corni",
dove i sentieri, precedentemente usati dai contrabbandieri
furono utilizzati per aiutare prigionieri alleati
fuggiti dal campo di concentramento di Grumello al
Piano a rifugiarsi in Svizzera. Sul finire della guerra
cinque partigiani: O. Bottoni, F. Pellegrino, A. Deana,
D. Pittari ed E. Quaranta furono catturati e fucilati
il 21 marzo 1945 e un altro Giuseppe Mondello subì
la medesima sorte il 13 aprile 1945, 12 giorni prima
della fine della guerra.