Canzo
Lombardia

Canzo è un comune in provincia di Como in Lombardia. Il paese, nelle Prealpi lombarde, è il più settentrionale della Brianza e capoluogo della Comunità Montana del Triangolo Lariano, ed ha una superficie territoriale con un'altimetria che varia dai 402 m s.l.m. ai 1.373 m s.l.m.. È l'ultimo paese dell'Alta Brianza che si continua con la Valassina (da cui è separato dalla cascata della Vallategna), situato nella Val Ravella circondata dai monti Cornizzolo (nell'idioma locale, Curnisciöö), Corni di Canzo (Còrni o Curunghèj), Barzaghino (Barzaghìn) e Scioscia (Sciòscia). È attraversato dal torrente Ravella (Ravèla), lungo il quale si è formato il centro storico, e ad ovest marginalmente dal fiume Lambro (Lambar) in corso torrentizio, proveniente dalla limitrofa Valassina; inoltre sono presenti molte fonti nelle montagne del paese ed un lago, il lago del Segrino, in comune con i paesi di Eupilio (Eupìli) e di Longone al Segrino (Lungùn).
L'altitudine del territorio comunale va da un minimo di 360 ad un massimo di 1.371 m s.l.m..

ETIMOLOGIA
Il toponimo Canz deriva probabilmente dal latino Cantius, a sua volta derivato da una radice celtica.

ARCHEOLOGIA
Fin dalla colonizzazione celtica, tutta la valle di Canzo fu legata al culto dell'acqua, di cui vi è magnifica abbondanza, e della pietra. Un esempio della diffusione di questi culti acquatici è quello della Fons Sacer (lat. Fonte Sacra) del lago del Segrino, trasformatasi dapprima in culto romano a Marte, come si nota nei toponimi Castèll Mart e Martesana, poi nella devozione a San Michele, come presso la buona fonte del Lazzaretto. Esempio invece di culto dei massi è il Sass dal Primm Fiöö, dove anticamente si recavano le donne per ottenere un buon parto; l'equivalente cristiano si ritrova nella scalinata ed edicola di Sant'Anna, con la stessa funzione. Più visibile è la grandissima roccia detta Cèpp da l'Angua, collocato ai piedi del monte Raj, dove si sovrappongono l'elemento acqua e l'elemento pietra: è infatti una pietra in origine dedicata alla fata acquatica Anguana (da cui il nome), presente anche nella complessa celebrazione della Giubiana. Nel Medioevo, al contrario di quanto avvenuto in San Michele, questo culto non è stato assimilato ma demonizzato: da qui deriva il secondo nome dello stesso, Scalfìn dal Diaul, ovvero "tallone del diavolo". Il santuario di San Miro, inoltre, è costruito in corrispondenza di una fonte sotterranea, sede di un luogo sacro celtico (vi sono state trovate delle "coppelle"). Un altro masso rilevante è il Sass da la préa, che si trova sulla cresta di Cranno.

AREE VERDI
I boschi di Canzo, oggigiorno più abbondanti a causa dell'imboschimento delle aree un tempo adibite a fienagione e pascolo, sono composti da alberi quasi esclusivamente cedui come roveri, castagni, noci, frassini, faggi, betulle, tigli, abeti rossi, ippocastani, sorbi, tassi, noccioli, aceri, agrifogli, allori, bagolari, bossi, rovi, pungitopi ecc. Negli ultimi decenni in alcune zone montane sono stati piantumate distese di pini, che in verità non appartengono alla vegetazione locale. Sono presenti inoltre piante coltivate come viti, gelsi, meli, pruni, fichi, albicocchi, peri, cachi ecc. Vi sono numerose specie di piante erbacee e fiori (alcuni protetti). Si pratica la caccia al capanno, quasi esclusivamente uccellagione, specialmente di turdidi.
I principali prati o terreni coltivati ora edificati sono le località: Tera Russa, Lagüsc, Crann a bass, Doss, Camp da Miro, Valicc, Zìgur, Crusett, Vigna da la Tur, Piazöra, Maj, Zoch dal merlo, Vigna, Vignöra, Ruassee, Murunera, La Pista, Curnaa, Pian da Mirabela, Pignascia, Nuell, Pè da Nepi, Gerascia, La Pietra, Cà növa, Gerett, Parisùn, Sota la strada da Preserp, Tumb, Campasc, Budracch, Caravazz, Doss di Sant.

LE FONTI
Il nome delle "Fonti di Gajum" è italianizzato dal canzese Gaümm (dalla radice celtica ga=recipiente, pancione), che significa mallo, in quanto sopra alla fontana era presente un grosso noce e i malli cadevano nella vasca. La fama della bontà di quest'acqua è così diffusa che di fronte alle fontanelle vi è sempre una fila di persone, provenienti da tutta la Brianza e dal milanese con bottiglie vuote e taniche da riempire; una ordinanza comunale limita a sei il numero di bottiglie riempibili consecutivamente. Secondo l'antica tradizione contadina, Gajum è la terza fonte più pregiata di Canzo.
Le Fonti di Gajum sono un classico punto di sosta e di ristoro per gli escursionisti da più di un secolo, tipici sono i tavoli ed i sedili in pietra, ancora esistenti nel luogo, e risalenti a quando queste fonti furono scoperte, dal punto di vista turistico durante l'Ottocento. Nel bosco, sopra le fonti, nei secoli scorsi venne eretta una Cappella dedicata alla Madonna Addolorata (Madòna di Sètt Dulùr), tuttora ben conservata.
Negli anni sessanta fu creata, da alcuni canzesi una società per imbottigliare l'acqua della fonte; questa società venne poi assorbita dalla Bognanco, ed ora l'impianto, non più attivo, è di proprietà del Comune. Una piccola parte dell'acqua di Gajum è immessa nell'acquedotto comunale ed un'altra parte è condotta fino ad una fontana interna nel giardino di Villa Meda.
Nel territorio canzese sono presenti molte altre sorgenti: ogni alp fu costruita in corrispondenza di una o più fonti, necessarie per la vita dell'alp; altre sorgenti sono presenti nella valle di Pesora e presso l'eremo di San Miro, oltre che in altri luoghi meno accessibili lungo i versanti della Val Ravella. Per l'abbondanza d'acqua, anche rispetto ai paesi circostanti, sono presenti in paese molte fontanelle pubbliche di acqua potabile, e ancor più ce n'erano in passato. Per quanto riguarda la sacralità delle fonti, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

LAGO DEL SEGRINO
Il lago, di origine glaciale, situato in una stretta valle tra i monti Cornizzolo e Scioscia, ha una tipica forma allungata (1.800 m in senso nord-sud, per una larghezza massima di 200 m). Le sue acque, poco profonde, sono di color verde intenso e purissime, in quanto tutte le sorgenti sono sotterranee: è un'area verde protetta. Si ritiene che il suo nome derivi dal latino Fons Sacer, ossia Fonte Sacra, trasformatosi col tempo in Sacrinum e quindi Segrìn (in dialetto locale). È famoso per la qualità delle sue acque e per la sua felice e tranquilla posizione, che ispirò numerosi scrittori dell'Ottocento. Per l'origine della sacralità del luogo, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

CORNI DI CANZO
I Corni di Canzo, in lingua locale Còrni o Curunghèj o Colonghej, sono tre cime rocciose, di cui due sono più visibili (Curunghelùn e Curunghelìn), aventi la forma di corna. Il corno più alto raggiunge i 1371 m s.l.m. Sono meta prediletta degli escursionisti e in alcuni tratti ci sono delle ferrate; è presente il rifugio SEV. Alle pendici dei Corni sono collocati i tre alp maggiori di Canzo. A valle scorre il torrente Ravella.

MONTE CORNIZZOLO
Questa montagna, in lingua locale Curnisciöö, 1241 metri s.l.m., è sormontata da una croce, opera dei mastri fabbri di Canzo. A circa 1100 m vi sono il rifugio Marisa Consiglieri e la Cappella degli Alpini. La presenza millenaria di innumerevoli luoghi di culto la rendono montagna sacra. Sono presenti diversi alp su tutti i versanti, mentre sul lato di Civate vi sono edifici rustici chiamati "casotte". Di notevole interesse storico-architettonico è l'Abbazia di San Pietro al Monte e il sottostante Oratorio di San Benedetto, del XI secolo in stile romanico. La montagna è molto conosciuta dai ciclisti e dagli appassionati di deltaplano e parapendio.

SANTO STEFANO
Detta anche Gésa granda, è la chiesa prepositurale. L'edificazione ebbe inizio nel 1728 sul luogo di una precedente costruzione, attestata dal 1398 in un documento testimoniante l'autonomia della parrocchia, dedicata allo stesso santo e già dotata nel 1574, durante la visita pastorale di San Carlo, dei cinque altari attuali. La canonica si trova dietro alla chiesa, mentre in passato era in via Rimembranze, collegata da una scalinata fino a via Teatro Vecchio. La chiesa, assegnata al Vicariato di Villincino, divenne parrocchia nel 1569 all'epoca della visita pastorale di Francesco Bernardino Cermenati. Nel 1584 in seguito al trasferimento della sede plebana a Villincino la parrocchia venne inserita sotto il Vicariato del Preposto di Erba e nella Regione V della Diocesi. Nel XVIII secolo si avevano nella Parrocchia "Santo Stefano Protomartire" le confraternite, senza abito, del Santissimo Sacramento, del Santissimo Rosario e una terza nella scuola della Dottrina Cristiana; nell'Oratorio di San Donato v'era una confraternita recante il medesimo titolo. Nel 1752 il Cardinale Pozzobonelli nel consacrare la Chiesa restando colpito dalla sua grandezza e dalla sua magnificenza concesse ad essa il titolo, in perpetuo, di "Basilica". La Basilica è stata eretta Prepositura, col titolo di Basilica Prepositurale Plebana, con decreto ad perpetuam memoriam in data 21 aprile 1899 da papa Leone XIII il quale concesse "Non ad Personam sed pro Tempore" il Titolo di Prevosto. Nella stessa data il Card. Andrea Carlo Ferrari istituì il Vicariato Foraneo di Canzo, attivo dal 1906 fino al 1971, avente giurisdizione sulle Parrocchie di Caslino d'Erba; Castelmarte; Corneno; Galliano; Longone; Proserpio.
Il sagrato è in granito, decorato ad intarsio; in passato era acciottolato. L'edificio, tradizionalmente definito "basilica" pur non essendolo ufficialmente, è in stile barocco classico e possiede un alto campanile angolare, a destra, con tetto in bronzo (il progetto del 1818, dell'architetto Bovara, ne prevedeva due). La facciata è parzialmente, come i lati lunghi della chiesa, dipinta di un giallo tenue; presenta un portone principali e due portoni laterali, in alto due nicchie, una con la statua di Santo Stefano, l'altra di San Miro. All'interno, ad una navata, vi sono quattro altari minori: entrando, a destra quello del Crocifisso e a sinistra quello con la statua di San Bernardo, e in fondo, a destra quello con la statua di Sant'Antonio dal purcèll e a sinistra quello con la statua della Madonna del Rosario. Le tre statue marmoree settecentesche sono opera di Elia Vincenzo Buzzi, attivo nel Duomo di Milano; il crocifisso ligneo era già presente all'epoca della visita di San Carlo. Negli altari sono presenti anche quadri murali di David Beghè (fine Ottocento) e Albertella (inizio Novecento). A destra e a sinistra, fra gli altari, sono collocati i confessionali in marmo, sormontati dalle balaustre di cui la sinistra è quella dell'organo. La volta dell'altare maggiore è decorata con affreschi del XVIII secolo raffiguranti la Trinità e la gloria di S. Stefano ed è circondata da vele con i quattro evangelisti. I restanti affreschi sono perlopiù degli inizi del Novecento, come le due statue della facciata. La chiesa possiede poi vetrate colorate che rappresentano la Passione e, in facciata, Cristo Re. Il pavimento era un tempo di cotto, di cui è stata conservata la porzione su cui poggiano le panche; la parte rimanente fu disegnata in graniglia di marmo. A fianco dell'altare maggiore sono collocati i due pulpiti, sempre in marmo. Alcune decorazioni sono in marmo nero e grigio, mentre altre sono stucchi dorati o dipinti ad imitazione di marmo grigio o rosato. Sono inoltre presenti balaustre sulla controfacciata, sopra i confessionali e a cinta degli altari. L'organo fu costruito nel 1828 dalla rinomata bottega f.lli Serassi di Bergamo. La sacrestia è posta a destra dell'altare. A sinistra dell'altare è collocata una cappella che conserva numerose reliquie donate da Monsignor Camillo Fino (Protonotario Apostolico supra numerum di nomina pontificia per meriti raggiunti, ad oggi resta il prevosto col più alto grado prelatizio che Canzo abbia mai avuto) il quale, già Notaio certificatore delle reliquie diocesane, dopo anni di onorato servizio trascorsi in Curia Arcivescovile venne destinato dal Beato Card. Schuster a Canzo come prevosto lasciando in eredità alla prepositura tutta la sua collezione di reliquie. Altre reliquie sono esposte nei busti d'argento collocati a fianco del tabernacolo. Il tabernacolo ha una porticina d'oro con raffigurato a bassorilievo Gesù a braccia aperte che mostra il suo Sacro Cuore.
Di fronte alla piazza della chiesa vi è la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso, nel passato adibita ad asilo infantile e a biblioteca municipale, davanti alla quale è stato piantato un gelso (murùn), albero simbolo della tradizione serica brianzola, e ne è stato aggiunto un altro esemplare molto antico, a cura della Cumpagnia di Nost, trasferito dal Parco Raverta, trasformato in complesso edilizio. Quest'ultimo è stato affidato alla protezione di San Mir. Presso la Società Operaia vengono spesso organizzate mostre d'arte. A lato dell'ampio piazzale, vi è il l'antico portico del mercato, un elegante porticato a cinque arcate con fronte e doppie lesene, che mantiene all'esterno gli anelli utilizzati per la fiera del bestiame da San Stevenin il 27 dicembre.
Si narra che il suolo su cui è stata eretta la parrocchiale fosse in origine una vigna di proprietà dei Pelliccioni. Essi la concessero alla parrocchia a condizione che in una notte fossero sradicate tutte le piante di vite. Dopo una nottata di lavoro da parte di tutta la popolazione accorsa, si poté cominciare la costruzione della chiesa.

CAPPELLA DI SAN MICHELE
La cappella è dedicata a san Michele Arcangelo e si trova in cima ad un piccolo dosso, a quota 460 m sul lato destro lungo la strada verso le Fonti di Gajum. Questo luogo venne utilizzato come lazzaretto durante l'epidemia di peste del 1863 e forse anche in casi di precedenti contagi: secondo una tradizione locale il prato sottostante sarebbe usato come camposanto per i morti della peste del 1630, descritta da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. La cappella è stata oggetto di interventi di restauro e conservazione nel corso del tempo garantendone un buono stato di conservazione fino ad oggi. Al suo interno sono affrescati il santo e le opere temporali di misericordia. Da questa cappella si diparte la strada acciottolata che, risalendo lungo la vall da Pésura, arriva alla cima del monte Cornizzolo. Poco sopra la cappella si trova una buona fonte. Per l'origine della sacralità del luogo, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

EREMO DI SAN MIRO
La costruzione dell'eremo di San Miro al Monte iniziò nel 1643. Annesso alla chiesa vi era un piccolo convento che ospitò subito un eremita, ma poi divennero due, probabilmente appartenenti al convento francescano del paese. Si possono ancora notare, sul ripido pendìo posto sull'altro versante della Ravella, alcuni terrazzamenti (giarditt di fraa) nei quali i frati coltivavano un orto. Ha subito vari restauri, fino a quello completo terminato nel 2005. I locali annessi alla chiesa hanno mantenuto e valorizzato la loro vocazione ad ospitare i gruppi organizzati che intendono dedicare qualche giorno alla preghiera e alla meditazione. Il culto di san Miro è legato all'acqua e da secoli l'eremo è meta di pellegrinaggio, così come lo è la fonte, recentemente restaurata, dalla quale sgorga un'acqua a cui molti si affidano per mantenere il proprio benessere, se non per guarire da qualche malattia.

SAN FRANCESCO E BEATO MIRO
Detta anche Gésa da San Mirètt, dal nome del secondo dedicatario, utilizzando il diminutivo per distinguerla da quella propriamente di San Mir (il santuario-eremo). È una chiesa conventuale e si trova in piazza San Francesco, ed è affiancata dalla casa del prete, un tempo ambulatorio; nella piazza si trovano inoltre due cuurt (di Pinòla e di Meroni), una fontanella (servita dall'acquedotto e sormontata da un'altra fontana, da cui sgorga una parte dell'acqua di Gajum) situata in una nicchia delle pittoresche mura di Villa Meda, che ha un proprio arco di ingresso su piazza San Francesco, arricchito da una pregiata lunetta in ferro battuto e da un grande affresco. Il sagrato è in porfido, come del resto tutta la piazza, e presenta una scalinata. L'insediamento del complesso conventuale risale alla fine del Trecento, ed era inizialmente dedicato alla Vergine, mentre successivamente, forse nel Quattrocento, fu consacrato a San Miro. Nella prima metà del Settecento furono svolti lavori di consolidamento e ampliamento, mentre la fine del secolo vide la fine della presenza dei Frati Minori, e quindi il passaggio dell'indulgenza del Perdon d'Assisi alla parrocchiale. Agli inizi dell'Ottocento, con il lascito del prevosto don Angelo Sala e il contributo di Giovan Battista Gavazzi, il convento venne trasformato in Ospedale Civile per divenire poi, dalla Prima guerra mondiale agli anni settanta, casa di riposo; nel frattempo la chiesa assunse la denominazione di san Francesco, anche se nella memoria della popolazione rimane la dedicazione a san Miro. Successivamente, dopo un restauro conservativo, la chiesa assunse, per volontà della Curia Arcivescovile, la funzione di Oasi monastica. L'edificio è in stile barocco e possiede un semplice campanile in fondo a sinistra. La facciata è, come tutto l'esterno della chiesa, dipinta di un giallo tenue, e presenta un solo portone centrale; sopra ad esso vi è una piccola vetrata. All'interno vi sono quattro altari minori: entrando, a destra quello di San Francesco e a sinistra quello di San Miro (ma in una nicchia vi è anche una statua di Gesù), raffigurati anche nelle rispettive vetrate dietro al tabernacolo; in fondo, a destra quello del Crocifisso (ma in una nicchia vi è anche una statua della Madonna addolorata) e a sinistra quello della Madonna. L'alternanza di colori tenui nelle abbondanti decorazioni, specialmente nell'abside, conferiscono all'interno un'armonia ristoratrice. Il tabernacolo ha una porticina d'oro raffigurante in bassorilievo un calice con due uccellini. I confessionali in legno si trovano di fianco al portone di ingresso.

PALAZZO TENTORIO
Palazzo Tentorio, che prende il nome della famiglia che lo acquistò nel 1706, anno in cui il territorio di Milano, di cui Canzo faceva parte, passò di mano dagli spagnoli agli austriaci. La ricchezza dei Tentorio si fondava sul commercio dei panni di lana, attività iniziata nel 1649 da Carlo Tentorio che “spacchiava li suoi drappi come milanesi senza contrassegno e senza pagare li dazi camerali”. Il disinvolto commerciante aveva sfruttato a suo vantaggio il vuoto amministrativo e giuridico che caratterizzava il dominio spagnolo a Milano; la sua famiglia lasciò una chiara impronta della sua presenza a Canzo per la generosità con cui contribuì alla costruzione della chiesa parrocchiale, consacrata il 3 giugno 1752. La proprietà del palazzo rimase ai Tentorio per oltre un secolo: il 15 settembre 1828 lo stabile e le sue pertinenze furono acquistate dai fratelli Giovanni Maria, benedetto e Venanzio Gavazzi, antica famiglia canzese in quegli anni impegnata nello sviluppo dell'industria serica. L'11 novembre 1889, giorno di san Martino, il palazzo fu acquistato dal Comune per alloggiarvi la scuola, “causa l'insufficienza dei locali della scuola attuale”. Unitamente alle aule, l'edificio ospitò gli uffici comunali, fin quando le aumentate esigenze amministrative e le precarie condizioni dello stabile indussero alla sua ristrutturazione e alla realizzazione ex novo, nell'area retrostante, di uffici più funzionali: i lavori, iniziati nel 1999 su progetto selezionato tramite concorso di idee, videro il restauro dell'antico Palazzo e la creazione di una struttura moderna e funzionale, a forma di torrione, a mo' di novello broletto, simbolo dell'autonomia comunale. Dal 7 dicembre 2002 palazzo Tentorio ospita l'ufficio e la segreteria del Sindaco, la sala Giunta ed un'ampia area espositiva, collocata al secondo piano.

TEATRO SOCIALE
La "Società del Teatro Sociale di Canzo" venne fondata nell'aprile del 1828 per volontà di famiglie benestanti canzesi e milanesi, con autorizzazione di Maria Teresa d'Austria. I lavori di costruzione furono ultimati l'anno successivo permettendo l'inaugurazione il 18 ottobre del 1829 invitando la compagnia del Teatro Filodrammatici di Milano. Il Comune, divenuto proprietario dell'immobile, si occupò di rinnovare il tetto dopo la storica nevicata del 1985 e se ne decise il completo restauro, dopo circa cinquant'anni di funzionamento come sala cinematografica. Fu quindi inaugurato il 25 aprile del 1990.
L'Amministrazione comunale decise di allestire di nuovo una stagione teatrale per gli anni 1991-'92, iniziando proprio col Teatro Filodrammatici di Milano. Accanto a questa compagnia vanno ricordati anche l'orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano e l'Autunno Musicale di Como sempre presenti nella programmazione. Sono inoltre frequenti commedie in lingue regionali, grazie ad una compagnia veneta ed alla Filodrammatica Canzese. Ospita attualmente stagioni di musica e di prosa. Nell'antistante piazza Garibaldi è presente il monumento ai Caduti. Dall'altra parte della piazza si vedono lo storico Albergo Canzo (uno dei cinque alberghi attualmente presenti a Canzo) e i giardini di Palazzo Tentorio, attuale sede del comune, e di Villa Don Pozzoli, residenza sanitaria assistenziale per anziani. In paese sono presenti altre due case di riposo.

VILLA MEDA
Villa Meda (XVII-XVIII secolo), costruita sul fianco destro del torrente Ravella, nel centro storico del paese, è un complesso composto da una corte principale con un porticato ad arcate con pilastri quadrangolari, decorati da lesene che sostengono un marcapiano. All'interno sono presenti volte affrescate e soffitti in legno a cassettoni decorati da Luca Roscio di Vill'Albese, del 1701. Da un altro più piccolo cortile interno, si accede al battistero a pianta circolare, con colonnato centrale in pietra e volta ottagonale in legno. Il parco è occupato da alcune piante secolari, cippi in granito, balconate belvedere, portali e nicchie sul muro simulanti piccole grotte, come in uso nei giardini signorili ottocenteschi. La villa è opera dell'architetto Simone Cantoni di Muggio, che trasformò una casa di campagna nella residenza del conte Meda, con interventi di stile neoclassico. Il progetto si protrasse dal 1795 al 1804, quando il lavoro fu portato a termine dal monsignore fratello del conte. L'architetto dispose i locali di rappresentanza attorno ai cortili interni e le parti abitate a contatto col giardino all'italiana e con l'ambiente agreste raggiungibile sull'altra sponda del il torrente Ravella tramite un ampio ponte interno al perimetro della villa. L'edificio, venne usato nel XX secolo come colonia estiva per le Stelline e poi, durante la Seconda guerra mondiale come caserma, ospitando le SS italiane arruolate presso le carceri milanesi; recentemente è stato restaurato per un utilizzo misto privato, sale pubbliche e stanze date in gestione alle locali associazioni; vi ha sede la biblioteca civica.

GASTRONOMIA
Nocciolini di Canzo: piccoli dolci simili all'amaretto secco, a base di farina di nocciole, con l'aggiunta di albumi montati, zucchero e aromi particolari, in vendita in alcune pasticcerie del paese. La produzione più celebre è quella Citterio, della cosiddetta "Fabbrica dei Nocciolini". Sono riconosciuti come prodotto agroalimentare tradizionale dalla Regione Lombardia.
Vespetrò: liquore a ricetta segreta, di origine savoiarda, brevettato dal canzese Scannagatta. È stato prodotto fino agli anni sessanta-settanta, venduto in tipiche bottiglie strette ed allungate. La produzione di questo liquore (con coriandolo ed altre erbe), diffuso e rinomato in passato, trova testimonianza nelle guide Baedeker di inizio Ottocento, che lo indicano come soggetto di rilevanza per il paese. Recentemente è ricominciata la sua produzione.
Pulénta e lacc: polenta bollente in latte freddo, preparata specialmente presso gli alp ed i rifugi. La polenta tipica della zona è gialla e solida.
Témpia cui sciger: tempia di maiale con i ceci, cucinata un tempo in tutte le botteghe del paese in occasione del Dì di Mòrt (Commemorazione dei Defunti).
Funghi trifolati: tipica di Canzo secondo il manuale Vecchia Brianza in cucina.
Tordi arrosto, Uccellini con la polenta e Poccen de salsa e fongs secch (intingolo di salsa di pomodoro e funghi secchi): sempre secondo il manuale citato.
Coq-au-vin e Boeuf-à-la-mode (stracotto di manzo): ricette portate a Canzo da Stendhal.

ORIGINI
Le tracce più antiche di colonizzazione umana del territorio canzese risalgono all'ultima fase della glaciazione wurmiana, durante il periodo mesolitico (circa 10.000 anni fa). L'accampamento di caccia situato a quota 900 m sul monte Rai (Raj) fu utilizzato durante il periodo estivo, continuativamente fino all'età del bronzo medio.
L'epoca eneolitica (circa 4.000 anni fa) è segnata dall'importante testimonianza di una tomba a cista con stele, ritrovata in località Büdracch. La tomba è stata totalmente ricostruita nel giardino delle scuole secondarie di primo grado.
L'età del bronzo antico è testimoniata da un insediamento sulla riva nordorientale del lago del Segrino, il cui ritrovamento ebbe un certo peso per la conoscenza delle prime popolazioni stanziali nell'alta Brianza.
L'insediamento sul sito dell'attuale abitato risale all'epoca romana, alla quale si deve inoltre il tracciamento delle strade principali per scopi militari e commerciali. Relativamente a questo periodo è stata scoperta una pietra miliare vicino al lago del Segrino, che indicava le distanze lungo la via strata (via lastricata), mentre nel 1822 venne messa alla luce una tomba romana con le sue suppellettili.

CENNI STORICI
Nei secoli dopo la scomparsa dell'Impero Romano, Canzo fece parte del contado milanese della Martesana (pur mantenendo di fatto un'accentuata autonomia comunale) ed in seguito divenne feudo del monastero di Sant'Ambrogio. Il toponimo della Martesana e del vicino paese di Castelmarte sono stati messi in relazione con un culto del dio Marte e alla presenza di ex legionari. Nel 1162 Federico Barbarossa lo cedette al monastero di San Pietro al Monte di Civate. In seguito Canzo entrò a far parte dei domini dei Visconti, che nel 1403 vi istituirono la Corte di Casale.
Nel 1472 gli Sforza, succeduti ai Visconti nel ducato di Milano, cedettero la Corte di Casale alla ricca famiglia di armaioli (fabbricanti di armi) dei fratelli Negroni detti Missaglia, che avevano richiesto la concessione per la presenza di miniere di ferro. Lo stemma della cosiddetta Cumünanza da Canz, trascurato durante il Regno d'Italia e riadottato nel 2002, rappresenta infatti "tre forni all'antica a guisa di alveari, per la fusione del ferro". Nel Novecento la tradizione siderurgica si riversò nella fabbricazione di forbici, di cui Canzo divenne importante centro, benché fino a questo secolo l'economia prevalente fosse quella agricola (nel 2007 è stato creato un "angolo del lavoro", con una berta storica, ovvero maglio a caduta libera per la fabbricazione delle forbici, in piazzetta Turati). Nel 1526 l'esercito spagnolo in lotta contro il ducato di Milano occupò Canzo, tenuta dal condottiero di ventura Niccolò Pelliccione (riguardo al quale esistono molti aneddoti leggendari), al soldo del duca Francesco II Sforza. Dopo la morte di questi, Canzo, come tutto il ducato di Milano, passò sotto il dominio spagnolo e successivamente sotto quello austriaco.
Fino al secolo XVII Canzo era un rinomato centro manifatturiero di tessuti di saia, venduta come saia di Canzo, assieme al cimosone di Canzo al mercato milanese, questa attività tuttavia decadde a causa delle pesanti tasse imposte dal governo spagnolo.
Dopo l'estinzione della famiglia dei Missaglia nel 1667 la Corte di Casale passò ai marchesi Crivelli, che vi introdussero l'industria della seta e alla fine del XVIII secolo le filande attive erano sette. Nel 1786, nell'ambito della riorganizzazione del territorio, Canzo fu unito alla nuova provincia di Como. Nei secoli XVIII e XIX, fu capoluogo del distretto decimoterzo, nella sua economia erano rilevanti i vigneti sui pendii che producevano un buon vino, i castagni, la coltura dei gelsi necessari per i numerosi remunerativi allevamenti di bachi da seta presenti nel paese, la presenza di molti pascoli con mandrie sparsi nel territorio, filande e filatoi.
Dall'edizione del 1868 del Dizionario corografico dell'Italia, il paese aveva una sua compagnia di guardia nazionale di 415 militi, di cui 110 attivi e 305 di riserva e la mobilizzabile era di 12 militi; nel 1863 vi erano 62 elettori politici inscritti nelle liste elettorali del collegio d'Erba, e Canzo faceva sezione elettorale del collegio con 288 elettori in tutto; il paese possedeva una pubblica scuola elementare, un ufficio postale proprio, uffici di verificazione per le imposte dirette, del catasto e di delegazione di pubblica sicurezza con carceri mandamentali; inoltre era sede di una giudicatura di mandamento dipendente dal tribunale di circondario di Lecco. Il legame con Milano rimane sempre molto forte fino ad oggi, grazie alla villeggiatura milanese (vennero costruite ville e il teatro), promossa a inizio Ottocento dalla costruzione della Strada di Niguarda e un secolo dopo dalla ferrovia. Canzo inoltre appartiene all'arcidiocesi di Milano, quindi al rito ambrosiano, e non alla diocesi di Como.
Durante la seconda guerra mondiale, molte famiglie milanesi vi furono sfollate, e in paese vennero acquartierati un gruppo di SS italiane, presso l'asilo ed un gruppo di truppe tedesche con il comando installato presso la "Villa Rizzoli". Attività partigiane vennero svolte sui monti, attorno ai "Corni", dove i sentieri, precedentemente usati dai contrabbandieri furono utilizzati per aiutare prigionieri alleati fuggiti dal campo di concentramento di Grumello al Piano a rifugiarsi in Svizzera. Sul finire della guerra cinque partigiani: O. Bottoni, F. Pellegrino, A. Deana, D. Pittari ed E. Quaranta furono catturati e fucilati il 21 marzo 1945 e un altro Giuseppe Mondello subì la medesima sorte il 13 aprile 1945, 12 giorni prima della fine della guerra.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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