Boffalora sopra Ticino (Bofalòra,
pron. Bufalòra, in dialetto milanese) è
un comune sul confine occidentale della città
metropolitana di Milano verso il Piemonte, in parte
all'interno del Parco Lombardo della Valle del Ticino.
Il paese è attraversato nella sua parte centrale
dal Naviglio Grande e nella parte periferica dal Ticino.
Il paese è diviso in due aree distinte: una
centro-orientale, contenente il centro cittadino,
e una occidentale dagli insediamenti meno fitti e
con presenza di vegetazione boschiva, che arriva fino
al Parco del Ticino. Le due zone sono sostanzialmente
separate dal Naviglio Grande, e sono collegate tramite
uno storico ponte in granito costruito nel 1603 (restaurato
in occasione del IV centenario della sua costruzione
nel 2003). Gli insediamenti residenziali più
recenti si estendono alle estremità orientale
e occidentale del paese, mentre la zona industriale
è raccolta in una vasta area sul lato est dell'abitato.
Il territorio di Boffalora si trova all'interno di
tre siti classificati come "di importanza comunitaria":
i boschi della Fagiana e di Turbigaccio, i boschi
di Castelletto e la lanca di Bernate. La zona dei
boschi del Ticino è classificata come "Zona
di protezione speciale" per la flora e la fauna.
L'unica area umida sul territorio si estende in località
Magnana, nella regione a sud del paese, dove si ravvisa
anche una forte presenza di vegetazione tipica come
la Phragmites australis. Nel comune di Boffalora sopra
Ticino è relativamente diffuso il dialetto
milanese, mentre è molto presente il dialetto
boffalorese. Come tutti i dialetti lombardi occidentali,
anche il boffalorese è sostanzialmente una
lingua romanza derivata dal latino. In esso vi è
chi trova tracce delle lingue dei popoli anteriori
alla latinizzazione della regione, in particolare
l'antico ligure e il gallico parlato dai Celti. Esso
risente di influssi del dialetto magentino e del novarese.
ETIMOLOGIA
Non è certa la provenienza del nome del paese,
e ci sono tre interpretazioni accreditate:
Dalla parola altomedievale di origine tedesca "Wulfhari",
nome con tutta probabilità di un capo locale.
La parola sembrerebbe derivata dall'unione di "Wulf"
(lupo) e "Hari" (armato).
Dalla fusione delle parole "Boffa l'Ora",
o "Boffa l'Aura" che significa "Soffia
il vento". Questa tesi è credibile anche
per la particolare situazione geografica del paese,
che si estende in parte su una zona rialzata della
Pianura Padana.
Dalla deformazione delle parole tardo-latine "Bufalus
Ora", "Zona dei bufali". L'area della
città nell'alto medioevo era paludosa e con
fitta vegetazione, per cui probabilmente vi poteva
essere una presenza di questi animali.
MANIFESTAZIONI
Celebrazione della festa patronale la prima domenica
di agosto in occasione della festività di Santa
Maria della Neve, patrona della chiesa parrocchiale.
Nel mese di settembre si celebra la "Festa della
Sùcia" (Festa della secca del Naviglio
Grande) nelle varie piazze del paese e principalmente
lungo le sponde del Naviglio.
Dal 2007 è attiva la navigazione del Naviglio
da fine aprile ai primi di settembre, il comune rientra
nella linea 3 "delle delizie" ed è
uno dei punti di imbarco lungo la linea; questa iniziativa
sta avendo molto successo se si pensa che dal 2007
al 2009 gli utenti sono quasi triplicati infatti si
parte da poco più di 2.000 viaggiatori a quasi
6.000 del 2009.
Il Monumento ai caduti
Il monumento ai caduti di Boffalora sopra Ticino venne
realizzato inizialmente per essere dedicato ai caduti
della Prima guerra mondiale ed il progetto venne abbozzato
già a partire dal 1920 quando venne data commissione
allo scultore Nicola Fiore di realizzare il grande
complesso di statue bronzee ancora oggi visibile rappresentanti
"La Vittoria alata che sorregge un fante caduto
sul fronte". Il monumento venne infine inaugurato
il 31 agosto 1926 con l'aggiunta di un grande basamento
di granito sul quale, dopo la fine della Seconda guerra
mondiale, sono stati aggiunti anche i nomi dei caduti
del secondo conflitto.
Grangia certosina
Una delle costruzioni civili e produttive più
significative di Boffalora sopra Ticino è indubbiamente
la grangia certosina. Nel 1396 il duca milanese Gian
Galeazzo Visconti, donò numerosi terreni ai
Certosini perché costruissero a Pavia la famosa
certosa. Oltre a queste donazioni, il Visconti lasciò
ai certosini anche diversi terreni e strutture in
Boffalora ove i monaci si stabilirono fondando una
grangia, ovvero un comunità dedita alla lavorazione
dei fertili campi che attorniavano l'abitato. Per
avere la massima visibilità e comodità
nell'accessibilità alle principali vie di comunicazione,
le strutture che i certosini eressero in paese vennero
poste nei pressi del Naviglio, costruendo gli attuali
portici quattrocenteschi noti per le volte a crociera
in mattone a vista, poggianti su splendide colonne
di granito con capitelli scolpiti. Evolvendosi l'insediamento
dei certosini portò allo sviluppo di un'osteria
con alloggio (divenuta poi stazione di posta) che
nell'Ottocento venne utilizzata come dogana dal governo
austriaco per il punto strategico di passaggio nei
pressi del ponte sul Naviglio Grande.
Palazzo comunale e fabbricati
di piazza 4 giugno
La struttura che ospita oggi gli uffici amministrativi
del comune di Boffalora sopra Ticino ed altre abitazioni
nella piazza 4 giugno è la prosecuzione dell'insediamento
certosino in paese. Con l'evolversi del loro insediamento
stabile, i certosini formarono nell'attuale piazza
un'osteria di maggiori dimensioni denominata "Osteria
di Sant'Antonio" ed una più piccola detta
"Osteria della Croce Bianca". Sull'ingresso
di quest'area di pertinenza dei certosini, si nota
uno splendido portone a bugnato che conduce ad un
prezioso ed antico scalone che conduce ai piani superiori
ove si trovava un tempo anche una cappella. Con la
conversione della grangia a stazione di posta, molti
degli ambienti subirono modifiche interne di destinazione
d'uso, pur mantenendo alcuni elementi decorativi significativi
che ancora oggi si possono notare come ad esempio
una splendida lapide in marmo con incise le lettere
GRA-CAR (Gratiarum Carthusia - Certosa delle Grazie).
Furono gli spagnoli dal primo Seicento a potenziare
notevolmente il servizio postale e quindi il ruolo
di Boffalora come stazione per il cambio cavalli e
per lo smistamento della corrispondenza. Il servizio
passò il 9 gennaio 1775 dal monastero della
Certosa di Pavia alla famiglia Calderari che in città
fece fortuna proprio grazie allo sviluppo del servizio
postale, guadagnandosi il titolo di "Maestro
di Posta" ereditario. Con l'arrivo degli Austriaci,
nel 1714, la stazione di posta divenne anche sede
degli uffici doganali di confine e pertanto nella
parte inferiore venne posta una pesa pubblica per
le merci oltre ad una serie di ambienti ad uso dell'Imperial
Regia Guardia di Finanza che vi rimase sino al 1859,
soppiantata poi dagli uffici dell'Erario Civile che
vi rimasero sino a fine Ottocento quando subentrò
l'amministrazione comunale che vi pose la propria
sede istituzionale.
Villa Calderari
Villa Calderari consiste in una grande villa settecentesca
costruita su commissione del conte Giulio Calderari
ed articolata su un cortile centrale su cui si affaccia
il corpo padronale a "U" con le dipendenze
laterali che danno origine a due rispettivi ingressi
e a due vie che consentono prospetticamente l'accesso
alla corte d'onore, abbellita da un obelisco d'epoca.
La facciata è ornata da un portico d'ingresso
a tre campate con colonne in granito. La villa è
stata donata dagli ultimi discendenti della casata
alla parrocchia nel 1938 ed oggi è sede dell'Oratorio
e della Scuola Materna. Con l'affidamento alla parrocchia
lo stabile venne ristrutturato ed attualmente poco
rimane dell'arredamento interno del palazzo e anche
gli ambienti sono stati perlopiù trasformati.
Esternamente al palazzo, nell'attuale via Paolo VI,
venne realizzata una cappella nelle antiche scuderie
della villa che presentano splendide volte a crociera
in muratura. Il parco, molto vasto, contiene tra le
molte piante anche un esemplare di Cedrus atlantica
di 31 metri di altezza inserito nella lista degli
alberi monumentali d'Italia. L'albero compare anche
in mappe topografiche d'epoca. Un secondo albero simile
è crollato alcuni anni fa durante una tempesta.
In fondo al giardino è rimasto perfettamente
conservato un originario padiglione del XIX secolo
adibito un tempo a serra.
Villa Giulini
Ambientata su una collina naturale a ridosso del Naviglio
Grande, villa Giulini è circondata ancora oggi
da un grande parco ombreggiato che quasi ne nasconde
la struttura. La villa attuale si basa su una struttura
già presente a metà Seicento di proprietà
della famiglia dei conti Gera di Novara e precisamente
di un ecclesiastico rappresentante di quella casata,
l'abate Carlo Gera che ivi morì nel 1668. Questi
lasciò l'abitazione al nipote, il conte Diego
Gera che nel 1708 sposò la nobildonna Angela
Sodarini avendo con lei due figli che però
morirono in tenera età, seguiti poco dopo dal
padre. Angela Sodarini si risposò quindi col
conte milanese Giuseppe Giulini, col quale ebbe tra
gli altri lo storico e scrittore conte Giorgio Giulini,
portandogli in dote la casa. La villa così
come oggi la vediamo venne fatta costruire da Giorgio
come sua residenza di campagna e già era pronta
nel 1746 se apprendiamo che in quell'anno, il 12 ottobre,
vi si celebrarono le nozze della sorella del conte,
Laura. Morto lo storico Giulini, la famiglia si disinteressò
quasi della proprietà e per questo fu facile
per le truppe napoleoniche occupare la casa nel 1796
nell'ambito della conquista dell'Italia settentrionale
sulla scia dei fatti della Rivoluzione francese. I
soldati utilizzarono la villa come punto strategico
a guardia del passaggio sul ponte ed essa servì
dapprima come caserma e poi come ospedale. Nel 1866
la villa venne acquistata dal possidente Giuseppe
Belloli che la abitò per alcuni anni, trascurandola
però completamente dati gli alti costi per
le riparazioni necessarie. All'inizio del Novecento,
una componente della famiglia Belloli sposò
il dottor Pietro Pavesi e gli portò in eredità
l'abitazione. La famiglia Pavesi prese la villa come
propria abitazione, restaurandola e riportandola al
suo antico splendore. Nel 1944 la villa venne occupata
dai nazisti che vi istituirono il locale comando tedesco.
Nel 1948, alla morte dell'ultimo membro della famiglia
Pavesi, la villa venne donata all'Istituto della Fanciullezza
Abbandonata di Milano che la utilizzò per un
decennio come colonia estiva per i bambini assistiti.
Dagli anni '80 la villa venne affidata in comodato
d'uso all'amministrazione comunale sino al 2009, venendo
utilizzata come luogo di manifestazioni culturali
e ritrovo, ma attualmente si trova in stato di abbandono.
La struttura presenta un corpo centrale a pianta rettangolare
su due piani orientato verso il Naviglio Grande con
una facciata arricchita da un portico a tre campate,
sorretto da colonne neoclassiche di granito rosa di
Baveno. La villa è stata dichiarata monumento
nazionale.
Chiesa parrocchiale di Santa
Maria della Neve
La chiesa parrocchiale di Boffalora è dedicata
a Santa Maria della Neve, patrona essa stessa del
Naviglio Grande presso il quale la chiesa si trova
in quanto i lavori di escavazione del canale ebbero
inizio il 5 agosto 1280. La chiesa antica , venne
costruita con l'opera e i fondi della cittadinanza
boffalorese grazie alla donazione di un terreno operata
dalla nobile famiglia dei Crivelli e la struttura
venne consacrata l'11 maggio 1493 per opera di monsignor
Giacomo de Viola, vescovo titolare di Laodicea e delegato
dell'arcivescovo di Milano, il quale provvedette contemporaneamente
alla nomina del primo parroco della città nella
persona di Ambrogio de Parodis, canonico e cappellano
personale del prevosto di Corbetta, Pietro Casola.
Già a metà del Settecento, però,
con l'ingrandirsi dell'abitato, essa era divenuta
insufficiente ad accogliere un sempre crescente numero
di fedeli. Fu pertanto nel 1788 che si decise la costruzione
della nuova parrocchiale, non distante dalla precedente,
più vicina al Naviglio Grande e nei pressi
anche delle principali vie di comunicazione del paese,
visibile in quanto posta sopra una collinetta naturale.
I lavori iniziarono il 29 aprile 1792 su progetto
dell'architetto Giulio Gallieri (delegato della Fabbrica
del Duomo di Milano) con la benedizione della prima
pietra da parte del parroco Faustino Della Volta e
terminarono due anni dopo con la consacrazione del
nuovo edificio di culto.
Santuario della Madonna dell'Acquanera
Posto nel vallone lungo le sponde del Ticino, il Santuario
della Madonna dell'Acquanera è un luogo di
venerazione mariano di notevole impatto sul territorio
boffalorese, a cui vengono donati numerosi ex voto.
La chiesetta è abbinata all'omonima cascina
e si trova immersa nel verde della campagna della
vallata del Ticino. Il cascinale venne costruito nel
Settecento e per meglio sopperire alle esigenze religiose
degli abitanti in loco, al termine della dominazione
napoleonica, il proprietario Antonio Vitali fece costruire
anche l'attuale cappella e la aprì al pubblico
con atto notarile del 4 marzo 1816, affidandone l'amministrazione
al parroco di Boffalora, don Faustino della Volta[13].
La motivazione per la costruzione di questo luogo
di culto era da ricercarsi nella volontà di
proteggere un'antica immagine della Madonna alla quale
la popolazione locale tributava venerazione in virtù
di un miracolo avvenuto poco prima che aveva visto
un carro trainato da cavalli precipitato nel Ticino
per il cedimento del ponte su cui transitava e che
poi miracolosamente aveva riguadagnato la riva dopo
la caduta, senza danni a cose o persone. La chiesa
venne infine solennemente inaugurata il 24 marzo 1816
e da allora vi si poté celebrare il culto.
La struttura della chiesa è a capanna ed all'interno
presenta un'unica aula con altare maggiore. Sul muro
di destra si trova una tacca commemorativa con l'altezza
delle acque nelle principali esondazioni del Ticino,
tra cui quella del 1868 che la tradizione popolare
vuole essere stata fermata proprio dalla Madonna.
L'organo è assente, ma si sa che per l'inaugurazione
ne venne affittato uno positivo dalla fabbrica Prestinari
di Corbetta. La piccola chiesa è sede dell'annuale
Festa dell'Acquanera che si svolge in marzo. La santa
messa si svolge ogni sabato alle 16.30.
Chiesa della Santa Famiglia
Nazarena
A seguito dell'acquisizione di Villa Calderari, il
parroco di allora, don Giuseppe Sironi, iniziò
il restauro degli ambienti esterni e decise di convertire
l'antica scuderia del palazzo per la realizzazione
di una cappella a servizio dell'oratorio. La struttura
venne inaugurata il 18 marzo 1944 dall'arcivescovo
milanese Alfredo Ildefonso Schuster nel bel mezzo
dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale. L'interno,
scandito da colonne in granito e volte a crociera,
ha una navata centrale e due laterali rispecchiando
perfettamente la struttura della tipica stalla aristocratica
settecentesca. Esternamente l'ingresso è delimitato
dalla pubblica strada attraverso un delicato triportico
che conduce al portale della cappella, contornato
in granito, sovrastato da una finestra a lunetta ed
affiancato da quattro monofore.
ORIGINI E CENNI STORICI
I primi insediamenti nell'area risalirebbero al VI-III
millennio a.C. come hanno dimostrato i ritrovamenti
di selci scheggiate, lame di asce e materiale vario
risalente al periodo neolitico rinvenuti in loco negli
anni '80 del Novecento all'altezza delle cascine Calderara
e Cattabrega (quest'ultima posta nel vicino comune
di Bernate Ticino, nella parte del paese digradante
verso la piana del Ticino). Nei medesimi luoghi vennero
anche ritrovati fittili e tegole di terracotta facenti
parte di tombe di epoca romana. All'epoca celtica
risalirebbero i primi scontri in loco tra gli uomini
di Belloveso e insediamenti etruschi stabilitisi qui
attorno al VI secolo risalendo il Po e quindi il Ticino.
In epoca romana, non lontano dal borgo, si ritiene
si sia svolto lo storico scontro tra Annibale e Scipione.
Il primo insediamento abitativo sorto nel luogo di
Boffalora è documentato nel 1180, durante i
lavori di realizzazione del Naviglio Grande. Probabilmente
il paese è nato come cantiere stabile per gli
scavi, e in seguito si è evoluto in un vero
e proprio borgo grazie alla sua posizione strategica
dovuta alla vicinanza alle acque del Ticino e ai suoi
ricchissimi boschi, al passaggio del canale, ai terreni
fertili e alla distanza intermedia tra i centri abitati
di Milano e Novara. Boffalora sopra Ticino è
stato teatro di numerosi scontri anche nell'epoca
medievale, tra cui quello tra Federico II e le forze
milanesi del 1º novembre 1245, durante il quale
i sostenitori della causa comunale capeggiati da Gregorio
da Montelongo riuscirono a sconfiggere gli imperiali,
impedendo loro di passare il canale a Boffalora per
dirigersi alla conquista di Milano. Seppur non citate
direttamente nelle cronache dello scontro, con tutta
probabilità nella schermaglia ebbero un ruolo
rilevante l'altura naturale su cui oggi sorge villa
Giulini, oltre al torrione medievale di cui ancora
oggi rimane traccia nell'abitato. Gian Galeazzo Visconti
diede a Boffalora lo status di feudo nel 1341. Nel
1396 la famiglia Visconti accorpò parte delle
terre del Feudo ai possedimenti gestiti dai monaci
della Certosa di Pavia. Nel 1451 il feudo di Boffalora
venne assegnato al Magistrato Straordinario dello
Stato di Milano. Il 3 aprile 1570, il borgo di Boffalora
venne visitato dall'allora arcivescovo di Milano,
il cardinale Carlo Borromeo che decretò il
primo significativo ampliamento della chiesa parrocchiale
locale. Nuovi lavori verranno indetti dal cugino Federico
Borromeo in visita all'inizio del XVII secolo, mentre
il cardinale Cesare Monti amministrerà per
la prima volta la cresima nel borgo in occasione della
sua visita pastorale del 1646. La storia del paese
è strettamente legata al Barchètt, un
servizio di trasporto fluviale lungo il Naviglio che
collegava il paese a Milano. Il servizio è
documentato sin dal 1645, ed è continuato ininterrottamente
sino all'inizio del XX secolo. Il 1700 vide il paese
al centro dell'interesse di numerose famiglie nobiliari
milanesi, che vi stabilirono dimore di villeggiatura.
Oggi sopravvivono due di queste ville, la Villa Calderari
e la Villa Giulini. Con la calata napoleonica in Italia,
Boffalora si trovò sul fronte degli scontri.
Napoleone fece costruire un ponte in granito (tuttora
esistente), rendendo più rapidi gli spostamenti
di truppe. Il ponte costituiva il fulcro strategico
delle operazioni militari del generale, ed era un
obiettivo primario per tutti gli schieramenti. Il
4 giugno 1859, durante la Battaglia di Magenta, le
forze Franco-Piemontesi e gli Austriaci vennero a
contatto sul territorio di Boffalora (Battaglia di
Boffalora), per poi spostarsi con l'avanzamento delle
forze d'oltralpe verso il più grande centro
abitato di Magenta. Nel 1868 un'alluvione portò
il Ticino a straripare. Le acque si fermarono dopo
aver invaso il Santuario dell'Acquanera, dove è
ancora riportata la quota raggiunta dal fiume, ai
limiti dell'abitato. Nel Novecento il paese crebbe
di dimensioni, e nuovi insediamenti agricoli vennero
fondati nei dintorni. Durante la Seconda guerra mondiale
le postazioni sul Ticino ritornarono ad assumere il
loro luogo strategico grazie al ponte sul Ticino,
punto chiave delle comunicazioni italo-tedesche, che
sopravvisse agli intensissimi bombardamenti alleati
del 1943. La presenza del ponte e delle industrie
della zona portò un grande dispiegamento di
forze di contraerea tedesche e repubblichine durante
l'ultima fase del conflitto, protette all'interno
dei fitti boschi, finché nell'aprile 1945 il
paese venne liberato dagli Americani. Il 23 giugno
1959, in occasione dei festeggiamenti per il primo
centenario della Battaglia di Magenta, il paese (come
la vicina Magenta poi) venne visitato dai presidenti
Giovanni Gronchi e Charles De Gaulle assieme ai discendenti
del maresciallo Mac Mahon.