Agnadello
è un comune della provincia di Cremona. Il
territorio comunale è totalmente pianeggiante.
Il livello fondamentale della pianura varia tra i
91,7 e i 99,8 m. s.l.m.. Il reticolo idrico è
composto da numerose rogge di origine risorgiva, tra
le quali emerge per maggior imponenza il fiume Tormo,
che attraversa da nord a sud anche l'abitato. La temperatura
media di gennaio si attesta intorno ad 1 °C, quella
media del mese di luglio è pari a 24,5 °C.
Il clima è di tipo temperato continentale con
precipitazioni più frequenti in autunno e primavera
e con l'inverno più siccitoso dell'estate.
Il limite massimo consentito per l'accensione dei
riscaldamenti è di 14 ore giornaliere, dal
15 ottobre al 15 aprile.
ETIMOLOGIA
Un'etimologia popolare fa derivare il toponimo Agnadello
da "Acquadello", cioè paese dell'acqua,
con riferimento ai numerosi fontanili che caratterizzano
la zona. Secondo alcuni studiosi di toponomastica,
invece, Agnadello deriva dal latino "Agnadellum",
diminutivo di "Agnano", a sua volta derivato
dal gentilizio romano "Annius". Il significato
letterale del nome Agnadello sarebbe perciò:
piccolo podere di "Annius". Secondo altri,
invece, deriverebbe da "acmen" (variazione
di acumen) da cui deriva "agmen", vocabolo
tardo-latino che significa altura, sommità
o forse da "amnis" (fiume).
DA VEDERE
Villa Douglas-Scotti
Sorge in riva al Tormo ed è di origine ottocentesca
con vari rimaneggiamenti successivi.
Chiesa parrocchiale di San
Vittore
Fu edificata tra il XVIII e il XIX secolo in uno stile
che richiama elementi del barocco, in sostituzione
di una precedente chiesa della quale ne rimangono,
all'interno alcuni affreschi di Francesco de Bravis
e datati 1627.
Campane della chiesa Parrocchiale
La chiesa parrocchiale di San Vittore, possiede un
concerto di 5 campane in tonalità di Mi3, fuse
dal fonditore Crespi di Crema nel 1946. Purtroppo
il concerto non riuscì bene, perché
risultano esserci discrepanze tonali (stonature) alla
quinta (Si3), alla quarta (La3) e alla seconda campana
(Fa#3), in quanto risultano essere di tonalità
calante rispetto alle altre campane.
Oratorio di San Bernardino
Risale alla prima metà del XV secolo, con la
sobria facciata interamente in mattoni a vista mescolati
a ciottoli, doatata di un unico portale con cornice
in cotto sovrastata da un semplice rosone. L'interno
è navata unica con arconi gotici e affreschi
di Stefano da Pandino.
Chiesetta dei "Morti della
Vittoria"
Nel luogo dove erano stati piazzati i cannoni, vicino
alla roggia che segnava il confine tra il Ducato di
Milano e la Repubblica di Venezia, fu costruita una
chiesetta dedicata a "Nostra Signora della Vittoria".
La chiesa di Luigi XII doveva essere un edificio forse
anche un poco più grosso della chiesa attuale.
Con la morte di Luigi XII nel 1513, e la disastrosa
sconfitta dei Francesi a Pavia il 24 febbraio 1525
e la cattura, a Pizzighettone, del successore Francesco
I, terminava, sedici anni dopo la battaglia di Agnadello,
il dominio francese in Italia. Iniziò così
un periodo, durante il quale nessuno, all'infuori
dei poveri abitanti dei paesi vicini, si preoccupò
di curare la chiesetta, che, un poco alla volta, andava
in rovina sotto gli occhi dei contadini locali, che
non avevano i mezzi e le disponibilità finanziarie
per restaurarla. E inoltre nel corso dell' Seicento,
il luogo, a causa delle sue caratteristiche naturali
(era in parte paludoso e in parte boscoso), divenne
ritrovo per i briganti che infestavano la Gera d'Adda,
terra di confine. Dopo aver notato il pessimo stato
della chiesetta, Agostino Premoli, vescovo di Concordia,
ma cremasco di nascita, pensò di salvare l'antica
immagine della Madonna dipinta nell'abside, collocandola
in una nuova chiesa. Quindi, dal momento che era proprietario
del terreno della "Costa Cremasca", fece
ristrutturare ed ampliare un elegante oratorio cinquecentesco
già esistente dedicato a San Marco, facendovi
trasportare l'antico affresco. Questo, tuttavia, non
rimase intero, dato che, per essere trasportato nella
nuova chiesa, dovette essere tagliato. Attualmente
al centro dell'affresco c'è Gesù Bambino,
tra le braccia di Maria Vergine, mentre ai lati compaiono
le figure di altri Santi. La venerazione alla Madonna
della Vittoria continuò e, dato l'elevato numero
di grazie che i fedeli ricevevano, nella chiesa si
possono ancora vedere numerosi quadri votivi. Successivamente,
nonostante la venerazione del luogo non venisse mai
meno, nella cappella non veniva più celebrata
la messa domenicale, dal momento che il sacerdote
del luogo, venne trasferito alla chiesa delle Cascine
Gandini. Intorno al 1866 fu eretta una grossa parete
e sopra di essa venne dipinta l'immagine della Vergine
del Rosario, che però ben presto sbiadì
a causa delle mediocri doti del pittore. Intanto,
per l'insistenza degli abitanti di Agnadello e l'interessamento
di padre Marcellino Moroni si riprese a celebrare
nel luogo la messa domenicale. Durante il breve soggiorno
ad Agnadello, padre Marcellino fece effettuare alcuni
restauri, che si conclusero il 16 giugno 1871. Nello
stesso anno il sacerdote fece costruire un tabernacolo
nel luogo dell'antica chiesa, sulla cui parete fece
dipingere dal valente pittore Ogliari di Trescore
Cremasco, una copia dell'antica immagine della Madonna
della Vittoria. Nel 1909 si compiva il quarto centenario
della battaglia e la ricorrenza non passò inosservata.
Il 14 maggio dello stesso anno appariva sull'"Unione"
di Milano un articolo sulla chiesa della Madonna della
Vittoria. In agosto, poi, per opera della parrocchia
della Costa Cremasca, la festa annuale dedicata alla
Vergine della Vittoria fu celebrata con particolare
solennità. Nel 1925 il parroco don Ernesto
Tabaglio, affidò al mastro Luigi Fontana di
Vailate i lavori di restauro della piccola cappella
di padre Marcellino. Tra il 1943 e il 1945, a causa
del secondo conflitto mondiale, le due cappelle furono
meta di parecchi pellegrini dei paesi limitrofi, tuttavia
nel dopoguerra il luogo dei Morti della Vittoria venne
un po' alla volta dimenticato. Solamente all'inizio
degli anni settanta, con l'interessamento di alcuni
agnadellesi e del parroco don Luigi Possenti, si ripensò
a dare a questo posto la sua giusta importanza. Nel
gennaio 1975 iniziarono i restauri: davanti all'affresco
del pittore Ogliari fu applicato un pannello di legno
sopra il quale venne dipinta dal pittore Domenico
Colpani, la Madonna con il Bambino. La cappella così
rinnovata fu inaugurata solennemente nel mese di maggio
dello stesso anno. In ricordo degli avvenimenti successi,
la comunità locale festeggia ancora, sul posto,
il giorno dedicato alla Madonna della Neve che ricorre
il 5 agosto. Il luogo dei Morti della Vittoria è
certamente uno dei siti più caratteristici
del cremonese ed è ritornato a essere, grazie
ai restauri, un elemento molto caro al cuore degli
agnadellesi, tant'è che tutt'oggi sulla croce
di ferro posta sull'argine della roggia, vengono appesi
indumenti e bende come domanda di grazia. Essi vengono
bruciati periodicamente in ricordo di un antico rituale
che sarebbe di origine celtica, e legato al culto
delle Divinità delle Sorgenti e delle Acque.
ORIGINI E CENNI STORICI
Il più antico documento in cui è citato
il nome di Agnadello risale probabilmente al 1046
ed è rappresentato da un decreto in lingua
latina inviato dall'imperatore Enrico III al vescovo
Ubaldo di Cremona. In tale documento sono nominati
anche altri paesi della zona e Agnadello è
citato con l'appellativo di "Castrum". Nel
1300 iniziarono opere di canalizzazione in rogge,
tutt'oggi presenti, delle acque del fiume Adda. Scoppiarono
liti tra i comuni a tal proposito perché ognuno
voleva far passare le rogge dal proprio paese per
sostenerne il settore agricolo e ciò continuò
fino al secolo successivo quando, sotto il dominio
dei Visconti prima e degli Sforza poi, si diede inizio
alla realizzazione al progetto. Nel 1414 Agnadello
venne concesso in feudo, insieme con Pandino, Misano
di Gera d'Adda e Crema, a Giorgio Benzoni, successore
dei fratelli Paolo e Bartolomeo Benzoni, Signori di
Crema dal 12 novembre 1403. Poco tempo dopo, nel 1423,
tutto il territorio della Gera d'Adda passò
sotto l'influenza del Ducato di Milano sotto il dominio
della famiglia Visconti fino al 1447. Durante la seconda
metà del XV secolo la Gera d'Adda fu contesa
dalla Repubblica di Venezia e dal Ducato di Milano
guidato dagli Sforza.
LA BATTAGLIA DI AGNADELLO
Nel 1500 il re di Francia Luigi XII, con l'aiuto della
Repubblica Veneta, invase e conquistò con le
sue truppe il Ducato di Milano, il Cremasco e la Gera
d'Adda che passarono sotto il dominio dei Veneziani.
Le mire espansionistiche di quest'ultimi però,
li posero ben presto in contrasto con gli alleati
Francesi. A metà aprile del 1509, l'alleanza
si ruppe e re Luigi XII dichiarò quindi guerra
a Venezia. Un evento di rilevanza storica verificatosi
ad Agnadello fu la battaglia del 14 maggio 1509 combattutasi
tra la Repubblica di Venezia ed i Francesi. L'esercito
veneziano, guidato da Niccolò di Pitigliano
e Bartolomeo d'Alviano, e composto da 2.000 uomini
d'armi, 3.000 cavalieri, 30.000 fanti, 29 cannoni
d'assedio e 120 cannoni da campo si oppose all'esercito
francese, formato da 2.000 uomini d'arme, 18.000 fanti,
600 cavalieri e 67 pezzi grossi d'artiglieria. I francesi
attraversarono l'Adda a Cassano d'Adda con 600 fanti
ed alcune centinaia di cavalieri, occupando prima
Rivolta d'Adda, per poi puntare su Treviglio, cinta
d'assedio in quanto occupata dai veneziani. Incominciarono
così ad abbattere le mura con l'artiglieria
pesante, ed il borgo si arrese in breve tempo. A presidiarla
rimasero solo 1.600 fanti, mentre il grosso dell'esercito
francese rientrò a Milano per attendere l'arrivo
del re di Francia, avvenuto il 1º maggio 1509.
A seguito di tale scelte militari la Gera d'Adda rimase
del tutto sguarnita. I Veneziani, accortisi di questo
fatto, decisero di contrattaccare per riconquistare
i territori perduti in breve tempo e, da Fontanella,
dove erano accampati, marciarono verso Rivolta e la
occuparono. Si spostarono poi velocemente verso Treviglio;
là giunti, bombardarono le sue mura per un
giorno intero, fino ad aprire una breccia e, malgrado,
l'eroica difesa dei Francesi e dei Trevigliesi, la
città si arrese. La città fu saccheggiata
ed incendiata: neanche le chiese e i conventi furono
risparmiati. Il sacco di Treviglio fu però
un grosso errore commesso dal comandante Bartolomeo
d'Alviano, dato che molti dei suoi soldati disertarono
per andare a vendere la refurtiva. L'8 maggio il re
Luigi XII partì da Milano per soccorrere Treviglio.
L'esercito era diviso in tre parti: l'avanguardia
comandata da Charles II d'Amboise, il nucleo centrale
guidato dal re e la retroguardia del maresciallo Gian
Giacomo Trivulzio. Giunto a Cassano d'Adda il re fece
costruire due ponti sull'Adda: sul primo passò
la cavalleria, sull'altro la fanteria. I Francesi
si accamparono a tre chilometri dai Veneziani e su
ordine del re distrussero i ponti per impedire ogni
possibile forma di ritirata ai propri soldati. L'11
maggio i Francesi riconquistarono Rivolta d'Adda,
saccheggiandola. Nel frattempo l'esercito veneziano
lasciò Treviglio per dirigersi a sud verso
Pandino e preparare così le difese. Il re francese,
avvisato dalle spie delle intenzioni dei Veneziani,
partì immediatamente anch'egli alla volta di
Pandino per giungere al borgo prima dei veneti. Anche
l'esercito veneziano era diviso in tre parti: l'avanguardia,
il nucleo centrale e la retroguardia, comandata da
Bartolomeo d'Alviano e costituita da 500 cavalieri
e 10.000 fanti. Nel primo pomeriggio del 14 maggio
l'avanguardia francese guidata dal signore di D'Amboise,
giunse presso Mirabello, una cascina alle porte di
Agnadello dove era accampata la retroguardia veneta.
I Francesi cominciarono a sparare con l'artiglieria,
e il comandante dei Veneziani mandò dei messaggeri
a Pandino per chiedere aiuto al resto dell'esercito,
preparando nel frattempo i propri soldati al combattimento.
Da Pandino gli fu ordinato di non attaccare, ma di
retrocedere per ricongiungersi a loro. Nonostante
gli ordini ricevuti l'Alviano ordinò di attaccare.
Inizialmente il combattimento fu dominato dai Veneziani
fino a quando non giunse il grosso dell'esercito francese
comandato dal re; le sorti della battaglia allora
cambiarono ed i Veneziani si ritirarono verso un luogo
più favorevole a posizionare la loro artiglieria
(luogo dove oggi sorge la cascina Mirabellino); ma
accortisi di questa intenzione, i Francesi li precedettero
e giunsero per primi sul posto. Verso le ore 16, inoltre,
si scatenò un violento nubifragio che contribuì
ad accrescere le difficoltà della fanteria
veneziana già circondata dalla cavalleria nemica.
Dopo tre ore di battaglia le truppe francesi ebbero
il sopravvento e infransero le difese dei Veneziani
gridando:" Vittoria! Vittoria! ". Poco dopo
gran parte dei Veneziani ruppe le file, fuggendo e
segnando così la disfatta. La battaglia durò
dalle ore 14 fino alle 18; e sul campo si contarono
circa 14.600 morti. Il bottino ricavato fu cospicuo:
tra i molti prigionieri vi fu il comandante Bartolomeo
d'Alviano, ferito da un colpo di lancia, che rimase
agli arresti in Francia per ben quattro anni. In seguito
alla vittoria francese, tutta la Gera D'Adda fu dichiarata
contea e data in possesso ad un nobile francese di
nome Arturo Gauffier conte di Estampes, nel 1516.
Sul campo di battaglia, Luigi XII fece erigere una
cappellina dedicata a "S. Maria della Vittoria",
contenente un affresco di pregevole fattura raffigurante
Maria, il Bambino e i Santi, attualmente conservato
nella chiesetta seicentesca della cascina "Costa
vecchia" (detta anche Costa Cremasca). La cappella
di Luigi XII, intitolata " ai Morti della Vittoria"
divenne luogo di devozione per gli abitanti di Agnadello
e dei paesi circostanti. Attorno al racconto della
battaglia, sorsero anche delle leggende. Tra le principali
si ricorda quella riguardante l'intervento della Madonna,
invocata dal re dei Francesi, che fece nevicare benché
fosse maggio, e ostacolò così le manovre
dei Veneziani, e un'altra che parla di un cannone
colmo di monete d'oro sepolto in zona. Madonna della
neve: si racconta che, se pur fosse agosto (il 5),
si mise a nevicare, per opera della Madonna. La neve,
diventò rossa, per il sangue dei caduti. Si
dice che così cessò la Battaglia di
Agnadello.
VICENDE STORICHE SUCCESSIVE
Dopo le vicende della battaglia, il territorio fu
annesso a quello di Milano, sotto il dominio di Luigi
XII, re di Francia. Con la sua morte, nel 1513, il
trono passò al giovane Francesco I che, avendo
un gran desiderio di emulare il suo predecessore nelle
imprese guerresche, scese senza indugi in Italia per
riprendersi il Ducato di Milano che gli Svizzeri,
nel frattempo, avevano affidato a Massimiliano Sforza.
Per riuscire nell'impresa il sovrano francese cercò
l'alleanza dell'antica nemica Venezia, promettendo
in cambio proprio la Gera d'Adda ed altre città
contese della Lombardia. A Melegnano ("Marignano"
ai tempi) i Francesi alleati con l'armata veneziana
agli ordini di Bartolomeo d'Alviano, ottennero un'importante
vittoria contro le truppe svizzere assoldate da Massimiliano
Sforza. Per ricordare i numerosi caduti in questa
dura battaglia, a Melegnano si celebra annualmente
la Festa detta del Perdono e da ciò ha origine
la frase: "Il perdono è a Melegnano",
rivolta ad autori di azioni non giustificabili. Con
questa vittoria la Francia riprendeva il dominio sul
Ducato di Milano nel 1515.La pace, tuttavia, in questi
territori che rivestivano un certo interesse strategico,
non fu duratura: solo un anno dopo, infatti, l'imperatore
Massimiliano d'Austria condusse un'offensiva contro
i Francesi, in Lombardia, riuscendo a impossessarsi
di Milano che fu affidata al potere di Francesco Sforza.
I Francesi rimasero accampati a Cremona, mentre a
Milano erano concentrate le forze asburgiche. Nel
frattempo sul trono di Spagna era salito il giovanissimo
Carlo d'Asburgo che, in breve tempo, riunì
sotto la sua corona enormi territori, facendosi proclamare
imperatore con il nome di Carlo V. È curioso
notare che ad Agnadello è molto usuale la frase
" ai tempi di Carlo Cudiga o Codiga " per
indicare qualcosa di vetusto e non adatto ai tempi
attuali, ma è interessante scoprire che il
personaggio citato non è altri che Carlo V,
così chiamato per la cotica rossa sulla nuca
e sul collo tipica dei tedeschi. Il re di Francia
Francesco I si scontrò duramente con questo
giovane potente e ambizioso e la lunga contesa fra
i due sovrani ebbe come campo di battaglia l'intera
Italia. In questo periodo la Gera d'Adda era terra
di nessuno, o di tutti, dato che periodicamente vi
giungevano a fare razzie fanti e cavalleggeri di diverse
fazioni e perciò le popolazioni locali dovevano
essere sempre pronte a lasciarsi depredare dall'invasore
di turno pena la distruzione dei paesi o la morte.
La guerra tra Spagna e Francia ebbe una svolta decisiva
con la battaglia di Pavia nel 1525 che portò
le forze di Carlo V alla vittoria, affermando così
la dominazione spagnola. Per tutti i paesi della nostra
zona il periodo successivo fu ancora molto difficile
perché fu il luogo della ripresa delle ostilità
fra gli Spagnoli e gli Sforza di Milano. Con la morte
degli ultimi eredi degli Sforza, il Ducato di Milano,
del quale faceva parte il nostro paese, divenne una
provincia dell'Impero di Spagna. La dominazione spagnola
perdurò per tutto il XVII secolo, portando
i paesi della Gera d'Adda a una grave decadenza economica
per le pesanti tasse a cui erano sottoposti. Il peggio
toccò alle classi sociali più deboli
che vedevano assottigliarsi ogni giorno il già
misero reddito familiare. La Guerra dei Trent'anni
(1618-1648) interessò anche la nostra regione,
con saccheggi e distruzioni. Nel 1630-1631, l'Italia
settentrionale fu colpita da un'epidemia di peste
che ridusse drasticamente la popolazione del territorio
di Milano, come descritto da Alessandro Manzoni ne
I Promessi Sposi un secolo più tardi. Anche
Agnadello fu colpita e una via del paese, infatti,
si chiama ancora oggi via Lazzaretto e la chiesa di
San Bernardino fu utilizzata come ricovero per gli
ammalati. Terminata l'epidemia, allo scopo di disinfettare,
le pareti interne dell'edificio furono ricoperte di
calce, facendo scomparire quasi totalmente gli affreschi
quattrocenteschi preesistenti. L'avvento del nuovo
secolo, portò in Lombardia notevoli cambiamenti:
nel 1714 Milano passò dal dominio spagnolo
a quello austriaco, accogliendo così le riforme
imposte dagli asburgici e nel 1758 furono ridefiniti
i confini fra gli Stati di Milano e Venezia opportunamente
indicati mediante cippi. Verso la fine del Settecento,
nell'Italia settentrionale, conquistata da Napoleone,
sorse la Repubblica Cisalpina, con Milano come capitale.
Dopo la caduta di Napoleone la Lombardia fu occupata
nuovamente dagli austriaci, che crearono il Regno
Lombardo-Veneto. Agnadello fu assegnata al distretto
di Pandino della provincia di Lodi e Crema. Le successive
Guerre d'Indipendenza videro ancora la zona teatro
di imprese militari. Nel 1859 la Lombardia fu annessa
dal Regno di Sardegna; contemporaneamente la provincia
di Lodi e Crema fu soppressa (Decreto Rattazzi), e
Agnadello fu assegnata alla provincia di Cremona;
contava 1.343 abitanti e aveva già un consiglio
comunale. Dal 1861 la storia del paese entrò
a far parte di quella nazionale con l'annessione ufficiale
al Regno d'Italia. Gli anni trascorsi sotto le varie
dominazioni straniere hanno lasciato parecchi ricordi
fra i quali l'origine di alcuni cognomi locali e diversi
termini del dialetto agnadellese che risultano influenzati
da lingue straniere.