Vermicino
Lazio

Vermicino è una frazione del comune di Frascati (RM). Si trova ad Ovest di Frascati, fra le vie Casilina e Tuscolana. Passò agli onori della cronaca per la sfortunata vicenda di Alfredino Rampi, un bambino di 6 anni che il 10 giugno 1981 cadde in un pozzo. L'imponente sforzo dei soccorsi venne seguito da tutta l'Italia in diretta televisiva. Il 13 giugno Alfredino morì. Oggi Vermicino è una zona di espansione urbana per Frascati ma anche per il comune di Roma. La Banca d'Italia ha aperto qui il "Centro Donato Menichella" che ospita buona parte delle strutture di elaborazione dati dell'istituto. Vi lavorano circa 2.000 persone. Vermicino ospita alcuni laboratori scientifici del CNR e dell'ESA. Al centro della frazione vi è una fontana, fatta costruire nel 1731.

ALFREDO RAMPI
Alfredo Rampi, detto Alfredino per la sua giovane età (Roma, 11 aprile 1975 – Vermicino, 13 giugno 1981), è stato il protagonista di un tragico fatto di cronaca dei primi anni '80: mercoledì 10 giugno 1981, alle 19, cadde in un pozzo artesiano largo 28 cm e profondo 80 metri in località Selvotta, una piccola frazione di campagna vicino Frascati, situata lungo la via di Vermicino, che collega Roma sud a Frascati nord. I soccorritori cercarono con grandi sforzi di salvarlo: si pensò che Alfredino fosse bloccato a 36 metri di profondità, ma la creazione di un tunnel parallelo non si rivelò risolutiva, in quanto il bambino sprofondò giù per altri 30 metri. Il dramma fu seguito tramite una diretta televisiva non stop lunga 18 ore a reti RAI unificate. L'Italia intera rimase in ansia a seguire l'evolversi della situazione: si stimò che più di 21 milioni di persone avessero seguito alla televisione la straziante vicenda. Sul luogo si portò anche l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Un coraggioso volontario, Angelo Licheri, (di professione tipografo) si fece calare nel pozzo, perché piccolo di statura e molto magro. Riuscì ad avvicinarsi al bambino, tentò di allacciargli l'imbragatura per tirarlo fuori dal pozzo, ma per ben tre volte l'imbragatura si aprì; tentò quindi di prenderlo per le braccia, ma purtroppo il bambino scivolò ancora più in profondità. In tutto, Licheri rimase a testa in giù 45 minuti. Man mano che passavano le ore la voce del bambino, raggiunto da un microfono, giungeva sempre più flebile. Il bambino, probabilmente ferito dalle cadute, morì verso le ore 6:30 del 13 giugno dopo che un altro volontario, Donato Caruso, provò come Licheri ad imbragare il bambino e fu in quel momento che quest'ultimo si accorse che Alfredino era ormai spirato. Il corpo fu recuperato l'11 luglio, ben 28 giorni dopo la sua morte. In seguito la madre, Franca Rampi, fondò il "Centro Rampi" che si occupa di Protezione Civile e minori.

Questo evento ebbe una notevole importanza mediatica. Si è trattato del primo caso che, trasmesso a lungo in televisione, ha fatto rimanere milioni di persone in ansia davanti al televisore per seguirne lo svolgimento. Le tecnologie per le dirette da luoghi esterni non erano sufficientemente sviluppate da permettere agevolmente lunghe dirette e gli eventi di cronaca erano mandati in onda in differita e in sintesi. Inoltre i giornalisti dell'epoca, per pudore o per motivi etici, erano contrari a trasmettere tragedie così dolorose e tragiche, per rispetto sia delle vittime che degli spettatori. In questo caso le immagini in diretta furono inizialmente trasmesse perché si riteneva che si trattasse di un incidente che si sarebbe risolto positivamente in poco tempo. Col passare del tempo la situazione si era lentamente aggravata, ma era troppo tardi per interrompere le trasmissioni. Se oggi appare ovvio che i giornalisti si intromettano in eventi dolorosi di questo tipo, in precedenza la questione costituiva un grave problema morale ed un famoso film americano, L'asso nella manica di Billy Wilder del 1951, aveva trattato questo argomento.

Alfredo e la sua morte sono anche uno dei vari misteri italiani. Attraverso le fotografie del corpo congelato, al momento della dichiarazione di morte, si notò una imbragatura che lo avvolgeva, durante l'interrogatorio di Angelo Licheri il volontario disse che era stato lui a metterla quando si era calato per il tentativo di salvataggio. Questa tesi fu contestata dai pompieri che sostennero che simile imbragatura non poteva essere assolutamente messa dentro un pozzo artesiano. Venne ascoltato il responsabile del CAI(A.B.),che riconobbe l'imbracatura appartenente al gruppo di speleologi e dichiarò assieme a tutti gli altri soccorritori che era la stessa usata nel tentativo di salvataggio di Alfredino. Durante le indagini vennero interpellati i costruttori di quel pozzo, i quali affermarono che data la complessità della sua apertura era impossibile che un bambino ci fosse caduto accidentalmente. Si crearono peró discrepanze riguardo a quello che doveva essere il diametro del pozzo alla sua imboccatura, poiché i primi volontari vi si erano calati senza troppa difficoltá. I costruttori poi cambiarono versione riguardo alla copertura del pozzo, cosí che non si poté risalire a responsabilitá riguardo a chi potesse averlo lasciato aperto. Ad aumentare il mistero furono le stesse parole del piccolo Alfredo pronunciate in quelle ore di agonia: non aveva la benché minima idea di sapere dove si trovasse e nemmeno come ci fosse capitato. La poca luciditá data dalla mancanza di ossigeno e dalla permanenza prolungata nel pozzo potrebbero spiegare questa incongruenza. Il magistrato era certo che Alfredo fosse stato calato nel pozzo dopo che era stato addormentato e che quindi non vi fosse caduto, ma le indagini furono archiviate per l'impossibilità di giungere alla verità. Il volontario del soccorso alpino Tullio Bernabei continuerà a sostenere la sua verità, che è quella degli speleologi del CAI, che è quella di Licheri, che é quella della stessa famiglia Rampi: "L'imbracatura trovata sul corpo del bambino era il frutto dei nostri tentativi di salvataggio, in particolare quello di Licheri. Purtroppo quella di Vermicino è una storia abbastanza semplice".

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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ISTITUTO SAN GIOVANNI EVANGELISTA - ROMA