Fara
in Sabina è un comune di oltre 12.000 abitanti della
provincia di Rieti.
ETIMOLOGIA
La prima parte del nome si riferisce ad un termine longobardo
fara che si lega al germanico faran (andare). Questo termine
con il tempo assunse il significato di "spedizione
militare" poi di "insediamento militare"
poi "insediamento demografico". La specifica si
riferisce ad un nome di popolo: i Sabini.
ORIGINI
E CENNI STORICI
L'area del comune fu popolata già in epoca preistorica
(sono stati rinvenuti resti del Paleolitico medio e dell'età
del bronzo medio, recente e finale). Tra il IX secolo a.C.
e il VI secolo a.C. nella località di Santa Maria
in Arci si era stabilito un insediamento sabino, identificato
con la città di Cures, che continuò a vivere
in età romana (resti di terme e di un piccolo teatro
e necropoli). Il territorio era sfruttato dal punto di vista
agricolo con una fitta rete di ville, costruite su terrazzamenti
in opera poligonale nel II secolo a.C. e in opera quasi
reticolata nel I secolo a.C. ("villa di Grotte di Torri"
e ancora di Fonteluna, di Mirteto, di Cagnani e di San Lorenzo
a Canneto, di Sant'Andrea e di San Pietro presso Borgo Salario,
di Grottaglie, di Piano San Giovanni, di Grotta Scura, di
Monte San Martino, di Fonte Vecchia). Le origini dell'attuale
abitato sembrano risalire ad epoca longobarda, alla fine
del VI secolo, come sembra indicare il toponimo, derivante
dal termine longobardo fara, con il significato di "clan
familiare"; oppure alla devozione sempre longobarda
a Santa Fara. Il castello è attestato dal 1006 e
dal 1050 fu sotto il controllo dell'abbazia di Farfa. Fu
quindi feudo degli Orsini. Nel 1867 fu toccata con la frazione
di Coltodino dalla Campagna garibaldina dell'Agro Romano
per la liberazione di Roma.Giuseppe Garibaldi dopo la sconfitta
di Mentana raggiunse con i suoi Volontari la stazione FS
di Passo Corese in Comune di Fara dove partì in direzione
del nord. Sempre da Fara sulla riva del Tevere partì
con alcune barche la sfortunata spedizione dei Fratelli
Cairoli conclusa tragicamente a Villa Glori. Testimonianze
della Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma
(1867) sono conservate nel Museo nazionale di Mentana.
PASSO
CORESE
E' una frazione di Fara in Sabina. Nelle vicinanze sorge
l'antica città romana di Cures, da cui l'aggettivo
corese, importante centro culturale e finanziario della
Sabina. L'attuale abitato è piuttosto recente, il
primo nucleo urbano risale infatti agli edifici sorti nel
1860 presso la stazione della linea ferroviaria che collega
Orte a Roma. Giuseppe Garibaldi sciolse qui i suoi volontari
dopo la sconfitta di Mentana e dalla frazione partirono
i fratelli Cairoli ed i loro compagni per raggiungere Roma.
La frazione fu inoltre testimone della campagna dell'Agro
Romano per la liberazione di Roma del 1867. Il paese è
in continua evoluzione. Ospita una scuola media statale
e un polo didattico con sedi di diversi istituti superiori:
(liceo classico, liceo scientifico, istituto industriale,
istituto professionale agrario, istituto professionale commerciale).
Nel 2006 è stato approvato un importante progetto
per la realizzazione di un'area industriale da parte della
Regione Lazio che fa prevedere un notevole sviluppo commerciale
per la cittadina sabina, nonché l'importante collegamento
ferroviario diretto con Rieti, nella linea Roma-Passo Corese-Rieti.
Da visitare la Chiesa di Santa Croce costruita negli anni
trenta ed ampliata nel dopoguerra, al centro del paese;
nella piazza dinnanzi è collocato il monumento ai
caduti. Monumento a Garibaldi: ricorda la presenza dell'eroe
nazionale nel paese, che dopo la sconfitta di Mentana, sciolse
i suoi volontari proprio a Passo Corese. Il monumento riproduce
una lapide in memoria dettata da Bovio. Una lapide ricorda
il luogo da dove i pavesi fratelli Cairoli ed i loro settantasei
compagni si imbarcarono nella notte del 23 ottobre 1867
per poter raggiungere Roma navigando sul Tevere, con lo
scopo di portare aiuti alla giunta rivoluzionaria romana.
DA
VEDERE
Collegiata di Sant'Antonio del XVI secolo
Chiesa di San Giacomo del 1619
Chiesa di Santa Chiara del 1643, oggi sconsacrata e sala
di cerimonie municipale.
Convento delle Clarisse, costruito nel XVII secolo sulle
rovine del castello, tuttora convento di clausura.
Palazzo Orsini del XV secolo
Palazzo Farnese del 1585
Palazzo Foschi, poi Manfredi, del XV secolo
Palazzo Castellani, poi Brancaleoni, oggi sede del Museo
civico
Deposito del grano e monte di pietà (XV secolo, oggi
sede della Biblioteca comunale
Cisterna di piazza del Duomo, costruita dai Farnese nel
1588.
L'accesso al borgo fortificato era assicurato da tre porte:
Porta Romana (XV secolo, Porta Castello (distrutta nel 1950
e Porta Forcina (1880)
ABBAZIA
DI FARFA
L'Abbazia di Farfa (monastero della congregazione benedettina
cassinese), prende il nome dall'omonimo fiume (il Farfarus
di Ovidio) che scorre poco lontano e che ha dato il nome
anche al borgo adiacente l'abbazia. L'Abbazia si trova nel
territorio del comune di Fara in Sabina, nel reatino. Fu
fondata nel V secolo da san Lorenzo Siro, giunto in Italia
dalla Siria con la sorella Susanna ed altri monaci. La prima
abbazia fu costruita nei pressi di un tempio pagano, dedicato
alla dea Vacuna, e di una villa romana in rovina. Appena
costruita, distrutta dai Longobardi verso la fine del VI
secolo, secondo la leggenda fu ricostruita nel 705 da Tommaso
di Moriana (o Morienna), proveniente da Gerusalemme. Da
quel momento iniziò lo sviluppo dell'abbazia che
si ingrandì con nuovi fabbricati e diventò
sempre più ricca per le rinnovate piantagioni di
olivi e la bonifica di molte terre circostanti. L'abbazia
crebbe in importanza e considerazione e ricevette elargizioni,
privilegi, esenzioni, da parte di imperatori e papi e diventa
così una vera potenza interposta fra il patrimonio
di Pietro ed il Ducato di Spoleto. Farfa era un'Abbazia
Imperiale, svincolata dal controllo pontificio ma vicinissima
alla S. Sede, tant'è vero che il suo abate era a
capo di una diocesi suburbicaria (quella attualmente confluita
nella diocesi Sabina-Poggio Mirteto ne è solo una
parte, visto che in origine essa seguiva l'orografia appenninica
fino a lambire i territori del primo nucleo territoriale
pontificio, quello che Liutprando ricavò dal "corridoio
bizantino" con la donazione di Sutri). Nel momento
più alto della sua potenza l'abbazia controllava
600 tra chiese e conventi, 132 castelli o piazzeforti e
6 città fortificate, per un totale di più
di 300 villaggi: si diceva che l'abate facesse ombra alla
potenza del papa, ma in realtà il suo potere era
quello di un vero e proprio legatario imperiale incaricato
della difesa del Lazio e della rappresentanza degli interessi
imperiali presso la Santa sede. Uomini colti, degni e devoti,
si succedettero alla direzione dell'abbazia, come ad esempio
l'Abate Sicardo, parente di Carlo Magno. Durante il Regno
di Carlo Magno, l'abbazia ebbe il massimo sviluppo edilizio,
che ne modificò così tanto la struttura originale
che solo di recente è stato possibile ricostruirla.
In pochi decenni divenne uno dei centri più conosciuti
e prestigiosi dell'Europa medievale; Carlo Magno stesso,
poche settimane prima di essere incoronato in Campidoglio
il 25 dicembre 800, visitò l'Abbazia e vi sostò.
Per comprendere l'importanza economica di Farfa basti pensare
che nel terzo decennio del IX secolo, sotto l'Abate Ingoaldo,
essa possedeva una nave commerciale esentata dai dazi dei
porti dell'impero carolingio. La penetrazione dei Saraceni
- dopo sette anni di resistenza delle milizie agli ordini
del capitolo del monastero - indusse l'Abate Pietro I ad
abbandonare Farfa; l'Abbazia fu presa e incendiata. Uno
dei tre gruppi di monaci fuggiaschi, trovò riparo
a Roma. Restò traccia della presenza dei monaci nell'insula
francese di Roma: nei pressi della chiesa di San Luigi dei
Francesi e nei luoghi che avevano ospitato le Terme di Nerone
furono ritrovate - durante i lavori di restauro dei sotterranei
di palazzo Madama, ad opera dell'amministrazione del Senato
alla fine degli anni Ottanta del XX secolo - tracce di un
cimitero appartenente al capitolo degli abati di Farfa.
Passato il pericolo il capitolo tornò a Farfa sotto
la guida di Ratfredo che, divenuto Abate, nel 913 completò
la chiesa. Con la decadenza dell'Impero carolingio, nel
periodo degli Ottoni la fedeltà imperiale del capitolo
abbaziale - che intanto aveva abbracciato la riforma cluniacense
- si tradusse stavolta in filo-germanesimo, che proseguì
lungo tutto il periodo della lotta per le investiture. L'abbazia
conserva tuttora testimonianze di architettura carolingia
uniche in Italia che si possono distinguere nella base dell'unico
campanile a noi giunto e nel muro perimetrale alla base
dello stesso, dove si distinguono, perfettamente conservate,
le caratteristiche lesene. Il resto del campanile con le
trifore è opera di un periodo successivo. Nella struttura
sono state ritrovate tracce che testimoniano la presenza
del westwerk.