Borgorose
è un comune di 4.597 abitanti della provincia di
Rieti nell'alta Valle del Salto. Fa parte della Comunità
Montana "Salto Cicolano". Borgorose risulta per
numero di abitanti e per estensione uno dei maggiori comuni
della provincia di Rieti; il suo paesaggio ha le caratteristiche
dei territori dell'Appenino Centrale. Un'alternanza di alte
cime montuose, anguste vallate e piccoli altopiani. Gran
parte del territorio di Borgorose - Cicolano è ricoperto
da boschi di quercia e, oltre i mille metri, di castagno.
Muovendosi nelle varie frazioni è possibile trovare
anche diversi siti archeologici. Borgorose
è uno snodo di traffici regionali e nazionali; è
inserito nel contesto industriale della provincia, le sue
imprese legano la loro attività all'elettronica,
alla meccanica di precisione e al comparto alimentare. Per
raggiungere Borgorose da Roma, bisogna percorrere l'autostrada
A24 Roma L'Aquila direzione L'Aquila e uscire a Valle del
Salto. Borgorose
è il centro più importante di quella sub-regione
che si estende nella provincia di Rieti e prende il nome
di Cicolano. Il termine Cicolano deriva dalla corruzione
del nome dei suoi antichi abitanti, gli Aequicoli, che erano
gruppi di Equi (popolazione abitante nel Lazio, lungo lAniene,
tra Tivoli e il Fucino, appartenente al gruppo linguistico
osco-umbro) rimasti isolati nelle montagne e nei boschi
della Valle del Salto.
ETIMOLOGIA
Chiamato in passato Borgocollefegato riferendosi al paesino
limitrofo di Collefegato. Recentemente è stato assegnato
al luogo il nome attuale che è un composto di Borgo
e rosa.
EDIFICI
RELIGIOSI
Chiesa di San Martino (in frazione Torano)
PERSONAGGI
FAMOSI
Antipapa Niccolò V, religioso francescano nato a
Corvaro.
FRAZIONI
Cartore, Castelmenardo, Collefegato, Collemaggiore, Colleviati,
Collorso, Corvaro, Grotti, Pagliara, Poggiovalle, Ponte
Civitella, Santa Anatolia, Santo Stefano, Spedino, Torano,
Villerose, Villette.
ORIGINI
La denominazione Equi, che in latino significa giusti,
fu probabilmente attribuita dai Romani, in virtù
a delle loro speciali leggi: la Sacrata e la Feziale. Losservanza
della prima, che considerava un diritto inviolabile di ogni
cittadino difendere la terra natale, era affidata al comandante
supremo degli eserciti. La seconda, che sarebbe stata istituita
dal re Equicolo Ferter Resius e poi introdotta nel diritto
internazionale Romano come ius fetiale, era
amministrata da sacerdoti, detti feziali, che venivano mandati,
di solito in numero di quattro, come ambasciatori presso
gli altri popoli, per concludere trattati di pace e di alleanza
o per dichiarare guerra.
CENNI STORICI
Nel corso del V secolo a.C. gli Equi, alleati con i Volsci,
costituirono per i Romani un pericolo continuo, con scorrerie
che li portavano spesso fin nel cuore del Latium vetus.
Dopo un lungo periodo di silenzio, ritroviamo gli Equi alla
fine del IV secolo a.C., quando i Romani, subito dopo la
fine della seconda guerra sannitica, si trovarono nella
necessità di aprirsi una strada sicura attraverso
i territori sabellici, per raggiungere la via lungo lAdriatico
in direzione dellApulia, e di creare uno sbarramento
tra i Sanniti e i loro alleati settentrionali, Etruschi,
Umbri e Galli. I Romani pensarono in un primo momento ad
unannessione pacifica, e proposero agli Equi la civitas
sine suffragio (cittadinanza senza diritto di voto).
Ma il rifiuto degli Equi provocò una risposta di
inaudita violenza. Lesercito equo non era in grado
di affrontare in campo aperto quello romano: di qui la scelta
strategica di tentare la difesa delle singole rocche, distribuendo
in queste le truppe disponibili. I Romani attaccarono una
dopo laltra tutte le rocche fortificate, e in cinquanta
giorni ne presero dassalto ben trentuno, la maggior
parte delle quali fu distrutta ed incendiata, e la stirpe
degli Equi fu sterminata fin quasi a scomparire. Solo la
zona occidentale, più appartata, abitata dagli Equicoli
dovette in parte scampare al massacro, conservando attraverso
il Medioevo e letà moderna la sua originaria
identità storica. Nel territorio degli Equi ormai
semideserto, vennero dedotte due colonie latine: Alba Fucens,
presso il confine con i Marsi (nel 303 a.C.) e Carsioli,
tra Alba e Tivoli (tra il 302 e il 298 a.C.). In epoca augustea,
nel Cicolano, vennero istituiti due Municipi: Cliternia,
lattuale Capradosso, e Res Publica Aequicolanorum,
con Nersae come centro principale (presso Nesce, nel comune
di Pescorocchiano). Oltre a questi due Municipi esistevano
una quarantina di vici (Orvinium, corrispondente a Corvaro,
e Tiora, tra Torano e SantAnatolia) dei quali restano
come testimonianza, terrazzamenti e muri in opera poligonale;
ai vici, centri abitati posti sulle alture, si aggiunsero,
in età repubblicana, nuove strutture come le ville
rustiche. Nel passaggio dalla topografia antica a quella
medievale grande importanza venne ad assumere la diffusione
del Cristianesimo. Dopo decenni di guerre, invasioni barbariche
e devastazioni naturali, quali incendi e terremoti, gli
insediamenti abitativi cicolani si presentavano in completa
rovina. A partire, però, dal VIVII secolo d.C.
i monaci farfensi e sublacensi assunsero direttamente la
cura animarum, ed esplicarono una vera e propria
azione di missione, rioccupando la maggior parte degli antichi
villaggi e costruendo numerose pievi. Dopo lannessione
del Cicolano al Ducato di Spoleto, gli agglomerati urbani
vennero sostituiti da insediamenti costituiti da piccoli
casali, spesso di origine romana, legati ai latifondi tardo
antichi. A partire dallVIII secolo d.C. la
classe dirigente locale di origine longobarda fu segnata
da una forte crisi, causata non solo dalle divisioni ereditarie
ma anche dalle donazioni, sempre più significative,
fatte alle grandi Abbazie (tra cui Farfa). I possedimenti
longobardi andarono, così, ad incrementare il nuovo
potere monastico, che nel territorio cicolano si manifestò
nel IX secolo, con ledificazione di numerose chiese
rurali. Dalla seconda metà del IX secolo fino al
916, lintera Valle del Salto subì devastazioni
e saccheggi di ogni genere, da parte dei Saraceni. Questavvenimento
storico, unito alle esigenze della classe dirigente feudale,
diede origine ad un nuovo assetto territoriale, caratterizzato
dal fenomeno dellincastellamento. Gli antichi centri
di tradizione romana situati a fondovalle furono lentamente
abbandonati, e nuovi centri fortificati sorsero sulle alture.
Nei documenti della metà del XII secolo, compaiono
accanto ai nomi dei luoghi che ricordavano gli invasori
(Ara della Turchetta a SantAnatolia, e Aia dei Saraceni
a Castelmenardo) quelli dei centri incastellati di Corvaro,
Castelmenardo, Collefegato, Spedino, Torano e Poggiovallle.
Dopo la dominazione normanna, terminata nel 1268 con la
sconfitta di Corradino a Tagliacozzo, iniziò lepoca
delle Signorie con i conti Mareri, fino al 1532 e i principi
Colonna, fino al 1661; ai primi è legata la diffusione
del francescanesimo nel Cicolano: nel 1228 la baronessa
Filippa Mareri, divenuta poi Santa, fedele seguace di San
Francesco, rifugiandosi con alcune consorelle nella chiesa
di San Pietro de Molito e Casardita, diede infatti origine
al primo monastero femminile francescano del Regno delle
Due Sicilie. Ai Colonna successero i Savelli, i Cesarini
e i Barberini che furono signori del Cicolano dal 1650 fino
a tutto il XVIII secolo. Nel periodo napoleonico, abolito
il feudalesimo e i suoi privilegi, si delinearono i quattro
comuni che ancora oggi esistono: Petrella di Cicoli (Petrella
Salto), Pescorocchiano, Borgocollefegato (Borgorose) e Mercato
(Fiamignano). Nel settembre del 1860 i quattro comuni aderirono
al Regno dItalia, ma nellottobre dello stesso
anno, ci fu una sollevazione generale di tutti coloro che
desideravano il ritorno dei Borboni. Questa sommossa che
sembrava un episodio isolato, in realtà, andò
ad alimentare il triste fenomeno del brigantaggio che per
un decennio circa, insanguinò la regione cicolana.
Passato al distretto di Cittaducale, governato dallAbruzzo,
il Cicolano rientrò a far parte della sfera amministrativa
reatina nel 1927, quando venne costituita la provincia di
Rieti.