Rocca
San Casciano è un comune della provincia di Forlì-Cesena
in Emilia-Romagna. Nel 1923 Mussolini ridefinì i
confini fra Toscana e Romagna e Rocca San Casciano, fino
ad allora appartenuto alla provincia di Firenze, in Toscana
e capoluogo della Romagna toscana passò in Emilia-Romagna.
Rocca San Casciano vanta un posto nella storia della letteratura
italiana perché il capostipite di una futura casa
editrice bolognese, il signor Cappelli, vi stampa, nel 1888,
l'ultimo poema agrario in versi latini, La Cerere della
Romagna toscana, che l'autore, Giuseppe Mengozzi, emulo
di Virgilio, propone con la traduzione, a fronte, in belle
ottave. Il poemetto illustra con colori vivacissimi l'agricoltura
della collina e della montagna romagnola, alle medie altitudini
fondata sul vino, sul gelso e la bachicoltura, più
in alto sulla pastorizia migrante. Coloritissimi i quadretti
delle fiere periodiche, per i bozzoli, per i suini, per
gli agnelli.
ETIMOLOGIA
La prima parte del nome allude alla rocca costruita dai
conti Guidi. La seconda parte allude al santo patrono del
paese.
LA
FESTA DEL FALO'
La Festa del Falò è una tipica festa del paese
di Rocca San Casciano che data la sua originalità,
suggestività e grandezza è ormai molto rinomata
anche fuori della provincia. Le sue origini sono un po'
oscure: c'è chi la fa risalire addirittura a riti
pagani, celtici in modo particolare. Si dice che a Rocca
San Casciano, fin dal XII secolo, venissero accesi falò
lungo le rive del fiume Montone allo scopo di placare le
acque dalle rovinose inondazioni. Da questa celebrazione
pagana è stata innestata, a partire dal 1700, la
ricorrenza religiosa di San Giuseppe (19 marzo) e per molti
anni questa è stata la sola data in cui si è
svolta la festa. Tradizione voleva che nei cortili di ogni
contrada venisse acceso un falò ed attorno ad esso
si mangiava, si beveva e si danzava. In epoca più
recente i falò sono tornati sulla riva del fiume,
nella loro posizione originale, e da qui, nell'ultimo secolo,
è incominciata una sfida fra le quattro fazioni che
rappresentavano i principali rioni cittadini: Borgo di Sopra,
Borgo di Sant'Antonio, Buginello e Mercato. Di questi quattro
rioni originari oggi ne restano solo due: il Borgo di Sopra
ed il Mercato. Lo stendardo del Borgo di Sopra è
caratterizzato da un montone che carica posto nella parte
superiore dello stendardo mentre sotto vi è una scritta
in dialetto romagnolo, "Fat en là" (= "Fatti
in là"). Ai giorni nostri è possibile
vedere ripetersi questa tradizione di accensione di falò
in molte altre località; essa può assumere
i significati più svariati come la commemorazione
del santo patrono, la celebrazione dell'arrivo della primavera
o l'invocazione di una buona annata per la raccolta nei
campi o altre ancora. La festa che si può vedere
a Rocca San Casciano è da considerarsi praticamente
unica nel suo genere in quanto la rivalità che nasce
fra i due rioni fa sì che si generino attività
per dare un maggiore visibilità alla propria fazione
rispetto all'altra che la rende una vero e proprio avvenimento
nel corso dell'anno per l'intera cittadinanza. "Terra",
"Aria", "Acqua", "Fuoco":
questi sono detti essere gli ingredienti della festa del
paese. I due rioni si sfidano costruendo sulle due rive
del fiume Montone che attraversa l'abitato quindi nel cuore
del paese, due enormi pagliai fatti di ginestre e aghi di
pino che assumono due forme differenti quasi a ricordare
le due differenti radici culturali che la città ha.
Infatti il pagliaio del "Borgo di Sopra" assume
una forma bombata come i vecchi pagliai che si facevano
nelle campagne romagnole mentre quello del "Mercato"
è di forma conica come i pagliai delle campagne toscane.
Anche i colori delle due fazioni ricordano queste differenti
origini in quanto uno ha il rosso e blu, tipici della regione
Emilia-Romagna, l'altra il bianco e rosso tipici della regione
Toscana. La festa comincia al sabato pomeriggio, prosegue
con l'impagliatura dei due pagliai e culmina alla sera quando
tra le grida ed i cori di scherno dei sostenitori dei due
rioni, i due pagliai vengono accesi contemporaneamente accompagnati
dal suono delle campane. Anche se sono anni ormai che non
vi è più una gara con trofeo, l'accensione
più rapida e meglio realizzata decreterà il
rione vincitore e sarà ragione di discussione e beffe
per tutto l'anno a seguire. Mentre i pagliai bruciano, continua
la disputa e sarà il momento dello spettacolo pirotecnico
con fuochi d'artificio per il "Borgo di Sopra",
e dei botti per il "Mercato" cioè scariche
di grossi petardi che vengono accesi contemporaneamente
e che producono un boato molto forte. Qui la sfida è
quella di aspettare che sia il rione avversario ad accendere
per primo e tentare di coprire il suo rombo con il proprio.
La festa continua dopo circa un'ora, quando i falò
hanno ormai ridotto la loro combustione, con un confronto
che si sposta nella piazza del paese dove iniziano le sfilate
di carri in maschera: ogni rione ha all'incirca un'ora per
dare libero sfogo alla propria fantasia su un tema che si
sono scelti. Infatti ogni sfilata è imperniata su
un tema portante diverso di anno in anno e si ispira ora
ad un paese o luogo geografico, ora a temi particolari o
di fantasia. Seguendo questo filo conduttore, vengono realizzati
due o tre grandi carri allegorici per rione, animati da
decine di figuranti attorniati da altre decine di partecipanti
facenti parte della sfilata che segue a piedi. Per allestire
questi carri e confezionare i costumi (ognuno provvede in
proprio) c'è un lavoro di mesi, bruciato nell'entusiasmo
di una sfilata che dura meno di un'ora. Appena un rione
lascia la piazza è pronto ad entrare l'altro, il
tutto accompagnato da musica e luci. È passata da
molto mezzanotte quando i sostenitori si ritirano nel rione
a festeggiare i successi della serata, mentre la piazza
comincia a svuotarsi poco a poco. Il pomeriggio del giorno
dopo, la domenica, la sfilata con i carri viene ripetuta
per i più piccini. Nel 1991 l'Amministrazione comunale
di Rocca San Casciano ha promosso la pubblicazione del volumetto
"La festa dei falò di Rocca San Casciano- Storia
e tradizioni di una comunità tosco- romagnola"
(Forlì, pp. 127) a cura della studiosa Simonetta
Tassinari, originaria della località. La ricerca,
corredata da numerose fotografie, è suddivisa in
quattro parti: Il paese; L'identità culturale di
Rocca San Casciano nella tradizione romagnola; Le ragioni
della festa; Le testimonianze dei protagonisti. Nella terza
parte, al paragrafo intitolato "Lettura critica complessiva
della festa dei falò come fatto folklorico",
si sostiene che la festa dei falò è un rito
di propiziazione e, insieme, di purificazione, che si colloca
all'interno della tradizione europea dei fuochi equinoziali.
La ricorrenza di San Giuseppe venne probabilmente associata
all'accensione dei falò, nel corso del Settecento,
per la presenza dei Frati minori conventuali in paese.
EDIFICI
RELIGIOSI
Chiesa Parrocchiale di Santa Maria delle Lacrime
custodisce un bassorilievo risalente al XVI secolo rappresentante
la "Madonna con il Bambino", di cui la tradizione
ricorda il pianto. Qui è sepolto il noto latinista
Mengozzi Giuseppe autore del poemetto intitolato Le cerere
di Romagna.
Chiesa di Sant'Antonio
Chiesa di Santa Maria del Suffragio
La chiesa custodisce quadri dello Stradano, una ceramica
della scuola del della Robbia e alcuni reperti sacri trovati
nelle parrocchie antiche ormai in disuso.
Chiesa e Convento Francescano
risalente al XVIII secolo