Galliera
è un comune della città metropolitana
di Bologna, in Emilia-Romagna. Il comune è
composto da tre centri abitati: il capoluogo comunale,
denominato San Venanzio, ma noto anche come Galliera
capoluogo (località postale «Galliera»
o «San Venanzio»); la frazione denominata
Galliera, che dà il nome al comune in quanto
ne è stata il capoluogo sino all'età
moderna, nota anche come Galliera località
antica (località postale «Galliera frazione»);
la frazione San Vincenzo (località postale
«Galliera frazione»). La località
postale «Bosco» pure corrisponde a un
abitato del comune.
ETIMOLOGIA
Secondo alcuni potrebbe derivare da galeria, ossia
galleria. Secondo altri si riferisce al nome della
famiglia romana Galeria.
SAN
VENANZIO
La chiesa di San Venanzio può vantare una storia
quasi millenaria. Infatti, in documenti successivi
all'anno Mille (1030 e 1064), segnalati da Tiziana
Lazzari nel libro dal titolo "Comitato senza
città", è scritto che Signore di
San Venanzio è Gottifredo figlio di Pietro,
detto anche "da San Venanzo", e che a suo
figlio Pietro, detto "Pagano" sono concesse
delle terre in enfiteusi da Adelberto, figlio di Ugo
Marchese. In quel tempo la località S. Venanzio
si trovava leggermente spostata a nord-ovest di quella
attuale, nell'odierna via Piatesa, all'altezza delle
vie Castello e Guazzatoio dove più tardi (forse
nel corso del XIV secolo) la famiglia Piatesi di Bologna
costruì un castello e dove, ad ovest di esso
castello, vi era la chiesa dedicata appunto a S. Venanzio.
Proprietaria della chiesa era l'abbazia di Pomposa,
che quì possedeva pure diversi terreni. Dice
infatti Antonio Samaritani (Presenza monastica ed
ecclesiastica di Pomposa nell'Italia settentrionale,
pagg. 282-83) che "S. Venanzio è la prima
chiesa di Pomposa che s'incontra sulla strada da Ferrara
a Bologna, ed il primo ricordo pomposiano di questa
è del 4 dicembre 1087 quando la vedova Teutoica
del conte Ugo dona 5 tornature di dodici pertiche
per parte, poste nella pieve di San Vincenzo di Galliera
presso la chiesa di S. Venanzio, a Teuzone monaco
di Pomposa, che riceve a nome del suo abate di Pomposa,
Girolamo". Il rapporto con Pomposa prosegue per
circa 350 anni e termina prima del 1437, quando non
riceve più visite da parte dei suoi monaci.
In seguito la chiesa di San Venanzio entra a far parte
della Diocesi di Bologna ed è sotto la giurisdizione
della pieve di San Vincenzo. L'attuale chiesa di S.Venanzio
fu costruita dal parroco don Gaetano Pasquini, che
portò a termine l'opera sul finire del 1876
dopo aver demolito quella vecchia, in condizioni precarie,
e troppo piccola per poter contenere i fedeli durante
le sacre funzioni. La vecchia chiesa in origine era
un piccolo oratorio di proprietà della famiglia
Degnadini dedicato a S.Anna, nel quale fu trasferita
la sede parrocchiale dopo la disastrosa rotta del
fiume Reno del 1751, 19 marzo, conosciuta come "rotta
Panfilia", che danneggiò enormemente il
castello di S.Venanzio, e rese impraticabile la chiesa
parrocchiale che si trovava subito all'esterno del
castello, all'incirca all'inizio dell'attuale via
Guazzatoio. L'oratorio di S.Anna, divenuto sede parrocchiale,
fu in più occasioni ristrutturato fino a diventare
una chiesa con tre altari. Nel 1839 il parroco don
Giosafatte Bertacchini fece costruire, dalla ditta
Giuseppe Brighenti, il campanile ancora oggi esistente,
e nel 1843 lo dotò di quattro campane. Come
si può vedere dall'incisione eseguita da Enrico
Corty nel 1845, il campanile è stato edificato
distante alcuni metri dalla vecchia chiesa ed alla
sua destra (per chi guarda) vi è il cimitero.
Nel 1873 il parroco don Gaetano Pasquini fece fare
una perizia ed un preventivo alla ditta Brighenti
per la demolizione del vecchio edificio, troppo piccolo
ed in condizioni cadenti, e per la costruzione di
uno nuovo, più ampio, e nella seduta del 7
settembre 1873, alla presenza dei membri della commissione,
venne verbalmente stabilito il contratto con il Brighenti
nella somma di lire 17 390, da cui furono recuperate
lire 900 di materiali dalla vecchia chiesa. A questo
punto il parroco chiese ufficialmente un contributo
al Municipio di Galliera il quale, nella sua seduta
del 28 settembre deliberò la concessione di
un finanziamento a fondo perduto di lire 2 500 da
erogarsi in 5 rate annuali di lire 500 cadauna, iniziando
dal 1874. Durante la costruzione don Pasquini si rese
conto che, volendo fare una chiesa più ampia
della precedente, oltre ad allargarla fino a toccare
il campanile, non poteva prolungarla sul davanti (dove
era disponibile un terreno di proprietà del
benefizio parrocchiale) poichè così
facendo avrebbe occupato gran parte del piazzale,
cosa questa che esteticamente non sarebbe stata corretta.
Decise quindi di prolungarla nella parte posteriore
dove esistevano pochi metri di terreno parrocchiale
per cui parte della costruzione sarebbe andata ad
occupare un'altra proprietà. Pertanto il parroco
acquistò, per conto proprio, una certa estensione
di quel terreno limitrofo e così potè
ampliare il fabbricato senza incontrare ostacoli di
alcun genere e lasciò pure un certo spazio
tutt'intorno. Però le cose non erano proprio
regolari poichè, in questo stato, la chiesa
occupava una parte di terreno che era di proprietà
personale di don Pasquini. Allora il parroco incaricò
l'ingegner Giuseppe Vitali di effettuare una stima
di tale pezzo di terreno per poter proporre all'amministrazione
parrocchiale una permuta con terreno di ugual valore
di proprietà del benefizio parrocchiale. Con
sua perizia scritta in data 23 novembre 1877 l'ingegnere
stabilì che il terreno di proprietà
del parroco misurava mq. 1480 (cioè il pezzo
occupato dalla nuova chiesa più quello contiguo,
che era coltivato ad erba medica) e che il suo valore
era stimato in lire italiane 460. In più don
Pasquini donò altri mq. 82 di suo terreno per
dare una migliore configurazione al cortile colonico
del Predio Fabbreria, già di proprietà
della parrocchia. Questo per compensare quella superficie
occupata dalla nuova costruzione e dalle relative
sue aderenze. In cambio il benefizio parrocchiale
cedeva un pezzo di terreno di uguale misura (cioè
mq. 1480) e valore facente parte del "fondarello"
Fabbreria e confinante con il terreno già di
proprietà del parroco sul quale era eretto
un fabbricato ad uso di scuola elementare dato in
affitto all'Amministrazione municipale di Galliera
la quale Amministrazione, per mano del suo sindaco,
ne aveva già chiesto l'ingrandimento che finalmente,
con questa permuta, poteva aver luogo. La chiesa attuale
ha cinque altari. La pala dell'altar maggiore, raffigurante
la Madonna e i Santi Venanzio e Sebastiano martiri
è opera del pittore centese Antonio Guandalini,
mentre i quadri sui primi due altari, entrando, sono
del pittore locale Alessandro Maccaferri e raffigurano
rispettivamente Santa Filomena (a sinistra) e Sant'Antonio
(a destra). La festa del patrono si celebra il 18
maggio.
CENNI STORICI
A San Venanzio nacque nel 1901 Onorato Malaguti, dirigente
sindacale comunista, che si autoesiliò in Francia
durante il ventennio fascista. Tra la fine del XIX
e l'inizio del XX secolo, a Galliera si assistette
alla creazione di vasti possedimenti terrieri, ad
opera di latifondisti come Antonio Bonora (1859-1921),
Giuseppe Vittorio Venturi (1860-1936) e dei figli
di quest'ultimo, Brenno (1885-1961) ed Enea Venturi.
Costoro bonificarono molti ettari di terreni, adottarono
tecniche moderne di aratura e concimazione e incentivarono
la coltivazione del riso. Le risaie di Galliera furono
però teatro, sia nel primo sia nel secondo
dopoguerra, di lunghi scioperi e dure lotte sociali.
Il comune è stato colpito dai terremoti dell'Emilia
del 2012, che hanno provocato varie lesioni agli edifici
e alle strutture agricole.