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Mercato San Severino
Campania

Mercato San Severino è un comune di 21mila abitanti in provincia di Salerno. Il Castello Medievale di Mercato San Severino, uno dei più importanti dell'Italia meridionale, esempio di architettura militare, sovrasta dalla collina l'attuale cittadina moderna. Mercato S.Severino,alla confluenza dei torrenti Solofrana e Calvagnola, si sviluppa su una superficie di circa 30 km², in una valle al confine tra le province di Salerno,da cui dista 15 km e Avellino, da cui dista 20 km, con una altidudine media di circa 140 metri s.l.m., con zone (Acquarola e Ciorani) tra i 300 / 400 metri. Il territorio presenta zone pianeggianti e zone collinari.

ETIMOLOGIA, ORIGINI E CENNI STORICI
Il nome del comune si scinde in due termini: “Mercato” e “S. Severino”. Originariamente Mercato identifica il nome dell’attuale capoluogo e di uno dei quattro quartieri in cui si divideva l’antico “stato” di S. Severino. Il termine, nella versione “forum” (=mercato), compare per la prima volta in un atto notarile del novembre 1303, ma è probabile l’esistenza già in epoca longobarda. La designazione Mercato resiste fino ai primi anni dell’Unità Nazionale. Nella seduta del 21 maggio 1864 il consiglio comunale delibera il cambiamento del nome del comune da “Mercato” in “Mercato Sanseverino”. La richiesta è trasmessa al prefetto del Principato Citeriore in data 12 luglio dello stesso anno. Il 23 ottobre 1864 è emesso il decreto reale di autorizzazione, ma con la dizione errata di “Mercato San Severino”. Inutili sono i successivi tentativi dell’Amministrazione comunale di ripristinare il termine corretto “Sanseverino”, prescelto in omaggio alla potente famiglia che nel locale castello aveva fondato l’originaria dimora. Il 16 ottobre 1934, su iniziativa del potestà, cav. Amato Bilotta, il nome del comune è mutato in “Sanseverino Rota”, che recupera ad un tempo quello della nobile famiglia (Sanseverino) e dell’antica città romana fondata nei pressi della frazione Curteri (Rota). Il 2 agosto 1945 è ripristinato il nome del comune di epoca prefascista, ma questa volta nella dizione: “Mercato S. Severino”, che è quella ufficiale da adottare in tutti gli atti pubblici e privati.

L' assenza di documenti sulle origini di Rota ci inducono ad iniziare la storia urbana del sito dal secolo VIII, cioè da quando è nota l'attestazione documentaria del suo Gastaldato. Non vi è dubbio che la storia della Valle affondi le sue radici nella civiltà romana, se non preromana. Molti sono i segni che lo confermano : una sezione dell' acquedotto Claudio nei pressi della locale ferrovia, la torre Marcello in prossimità della frazione Curteri e le tracce di una centuriazione in località Faraldo. E' accertato che Rota già nel IX secolo era un centro con una sua autonomia. Per comprendere l' importanza di Rota basta pensare che nell' 840 la provincia di Salerno era formata dai gastaldati di Conza, Sarno, Lucania (Cilento), Rota e Salerno. Sono noti anche i confini amministrativi del Gastaldato. Questi raggiungevano a nord, l' actua Nuceria; a sud la demarcazione confinaria era al di sopra di Acquamela, nei pressi della frazione Aiello; ad est il confine naturale era rappresentato dalle Serre di Montoro. Rota quindi era il centro propulsore della vita amministrativa di Gastaldato. Sulla sua localizzazione esistono versioni contrastanti. C'è, infatti, l'ipotesi di Rota sorta presso la frazione Curteri e l'ipotesi che ne vede le origini ai piedi della collina del Castello. non si può comunque escludere l'esistenza di ambedue i siti: Rota, presso Curteri - ancora da scoprire -, e un villaggio, ai piedi della collina del Castello, conosciuto col nome di Mercato.

Mercato non diventerà mai un grande centro urbano, esistevano fondati motivi (di cui parleremo più avanti) che ne impedirono l'espansione. Ma la posizione felice rispetto ai traffici favorì la sua affermazione quale luogo di stazione. Più che residenza urbana, dunque, Mercato fu fino al XVIII secolo - come dimostreremo - sede di pubblici uffici, come la Cancellaria e la Dogana, o di banchi di pegni per favorire il credito più di tutto. Mercato, inoltre, fu sede di svariati empori per il commercio fisso a piazza molto ambita per la mercatura girovaga. La istituzione della Fiera annuale del 1303 è la prova dell'importanza mercantile del luogo. Infatti sulla piazza si svolgevano non solo transazioni con i mercanti del circondario, ma anche con mercanti genovesi e fiorentini. Le merci trattate erano le più diverse: da quelle povere, come granaglie e alimenti vari, a quelle più ricche, quali pelli,sete, panni di lana, oro e rame. Una attività mercantile così fiorente spesso richiamava sulla piazza l'investimento di diversi capitali da parte di mercanti-banchieri, ebrei e ricchi possidenti. Nel circondario, poi, rifiorivano le attività artigianali. Ricordiamo la presenza dei maestri di muro, degli intagliatori di pietre, dei pipernieri, dei maestri ferrai, dei maestri ramieri, dei fonditori di metalli, dei tessitori, dei tintori, dei maestri di cotto, dei fabbri lignari, degli aurifabri, dei coriari,... Questi maestri artigiani operavano non solo nello Stato di Sanseverino,ma anche a Salerno, Napoli, Gaeta, Vicenza, fino alle province lombarde, richiamati per la loro perizia. Per quanto concerne l' agricoltura sappiamo che Rota sin dalla fine del X secolo rappresentava rispetto all' intera provincia un centro di produzione agricola di rilievo. Da un documento del 1286 si rileva che Mercato era uno dei principali fornitori, con i paesi dell'agro sarnese-nocerino, del mercato di Salerno. Comunque siamo autorizzati a pensare che Mercato, più che un centro di produzione agricola, all'epoca, si doveva considerare un luogo di raccolta e distribuzione delle varie derrate che si producevano nei villaggi rurali del circondario. Il vino e il grano erano i prodotti più affermati. Il primo per la sua rinomanza e il secondo per le numerose contrattazioni che si svolgevano sulla piazza. A questo fermento non fu estranea la presenza dei principi di Sanseverino e della corte. I principi, infatti, spesso proteggevano e incoraggiavano i traffici, mentre i nobili non disdegnavano l'impiego di capitali nei traffici mercantili.

Sulle origini e sulla localizzazione di Mercato S. Severino esiste oggi una vasta letteratura. Del periodo preromano e romano mancano studi sistematici e solo la presenza di alcune tracce sul territorio conferma l' antichità delle origini del luogo. A parte qualche raro toponimo, nessuna traccia documentaria esiste di un eventuale stanziamento bizantino. E con i longobardi di Arechi I che si ha notizia di un primo consistente popolamento della Valle, con la fondazione di diversi villaggi che ancora oggi la caratterizzano.

Dell' invasione longobarda fu proprio Rota - intorno al 640 - a subirne le conseguenze. Infatti il complesso urbano-rurale venne distrutto allorché gli abitanti del luogo osarono tagliare la strada alle truppe di Arechi, dirette verso Salerno. Successivamente il paese rifiorì grazie alla sua posizione eminente rispetto ai traffici. con l'avvento dei normanni, e quindi di Troisio, per motivi strategici, la vita amministrativa fu trasferita sul Castello. Siamo nella seconda metà del secolo XI. Intanto ai piedi della collina, nei pressi della distrutta Rota, si andava affermando un nuovo sito - poco più di un villaggio - che, per la sua attività prevalente nel settore degli scambi commerciali, fu nominato Mercato.

Fuori mura, poi, oltre ad alcune masserie sparse nella campagna circostante, era ubicato il convento dei Domenicani la cui costruzione fu autorizzata da Paolo II con una papale del 9 luglio 1466. Il convento - oggi palazzo Vanvitelli -, oltre all'annessa chiesa e campanile, era fornita di dormitorio, refettorio, chiostro, orto, giardino e cimitero. In posizione periferica, infine, erano situate pure le attuali chiese di S.Antonio,S.Giacomo e S.Maria delle Grazie, di più remota fondazione rispetto al convento dei Domenicani. A quell'epoca l'attuale corso Diaz , doveva essere costeggiato da abitazione solo lungo il lato sud, mentre a nord la strada, probabilmente, si confondeva con una piazza, che, considerata la morfologia del luogo, doveva estendersi fino alle pendici della collina del Castello. Quella piazza, nominata Mercato vecchio era certamente la più antica sede del mercato. L'unica costruzione sul lato nord del Corso, di cui è documentata la presenza nella prima metà del XV secolo, era il palazzo dei principi di Sanseverino. Il Palazzo, ancora esistente - noto col nome di "landi"-, nacque come ospizio,una sorta di albergo per i forestieri in transito. successivamente venne restaurato e convertito in dimora principesca nell'epoca di transizione tra Antonello e Roberto II, principi di Sanseverino. Il collegamento tra Mercato e il Castello, con buona attendibilità, era assicurato, per un tratto, dall'attuale via Municipio, e per il resto da un sentiero relativamente agevole che conduceva alla torre Mastio. Infatti nel testamento comitale di Giovanni, principe di Sanseverino, redatto il 19 dicembre 1444 presso l'ospizio di cui abbiano parlato, si fa riferimento in una citazione di confine, allo ruigo de lo Parcho. Questa viam puplicam conduceva al parco del Castello.

Nel 2007, in piena emergenza rifiuti nella Regione Campania, Mercato San Severino, insieme al comune di Bellizzi, si distinse come il paese più pulito della Campania, grazie alla buona politica utilizzata per la gestione raccolta differenziata.

DA VEDERE

Il Castello di Mercato S. Severino
Il complesso monumentale del castello medievale di Mercato S. Severino costituisce uno dei più notevoli episodi di architettura militare dell'Italia meridionale (è il secondo per estensione in quest' ambito geografico) essendo composto da un primo nucleo di fondazione longobarda, un secondo normanno ed un terzo svevo - angioino - aragonese . L'interesse storico ambientale è reso evidente dalle rovine superstiti dei suoi ambienti e delle sue tre cinte fortificate.

Le strutture murarie del castello, in parte in buone condizioni, configurano attualmente tutta l'estensione originaria che raggiunge circa i 350 x 450 metri.

Il castello è stato sede, e strumento, della più importante famiglia del Regno, i Sanseverino , dopo gli Aragona , che traevano la loro origine dagli Angerio normanni. Fu abbandonato a causa della partecipazione dell'ultimo Sanseverino alla congiura dei Baroni contro Ferrante.

Nel castello, nella sua cappella ancora in parte conservata, S. Tommaso, recatosi a trovare la sorella Teodora, sposata Sanseverino , ebbe l'ultima visione prima della morte che lo colse sulla strada per la Francia , dove si recava in qualità di ambasciatore del papa.

Recenti scavi condotti dal Centro per Archeologia medievale dell'Università degli Studi di Salerno hanno rivelato una stratigrafia complessa che ha messo in luce resti di officine metallurgiche, sistemi per l'uso di macchine da difesa, come catapulte e mangani, e materiali d'uso quotidiano, come ceramiche, monete, ecc., che potrebbero essere ben utilizzati sia per la creazione di un museo che di laboratori per la ricerca scientifica.


La Piazza D'armi
Fa parte del nucleo più antico del castello. Situata a ridosso del mastio quadrato, era probabilmente adibita a manifestazioni militari. Seguendo il perimetro interno delle mura risultano ben evidenti le piccole torrette per l'installazione delle macchine da guerra e i camminamenti di ronda, che conservano ancora i merli originali collocabili tra l'XI e il XII sec.


Portico e la Cisterna
Poco distante dalla Piazza d'Armi si incrocia, sul lato sinistro, il portico di accesso alla cisterna. Il portico, perfetto per la sua volta a botte, è situato alle spalle del palazzo, che da questo luogo veniva esemplarmente difeso attraverso quattro aperture di aerazione e illuminazione.

La cisterna, ad intonaco sovrapposto, è lunga otto metri, essa porta lungo il perimetro una mensoletta alta un quarto di parete. Dal suo fondo, ancora oggi, è possibile attingere per dissetarsi della buona acqua piovana.


Il Palazzo
Addossato alla cisterna si situa il palazzo, sede residenziale del signore.

Il palazzo presenta dimensioni molto vaste e non si esclude che possa essere stato occupato dal capostipite Troisio , che qui si stabilì fino al 1064 con la sede militare.

La parte esterna del palazzo conserva tre tipi costruttivi: il primo è un camminamento di ronda, merlato, molto basso, quasi a livello del fossato; il secondo, un muro con merli; il terzo è una sopraelevazione, databile probabilmente al 1358 quando sul castello fu fondata la prima sede del convento di S. Antonio.

I merli sono quadrati, di quelli chiamati impropriamente guelfi. E guelfi furono i Sanseverino poiché fin dal XII secolo parteggiarono quasi sempre per il papato.


Chiesa e Cripta
Accanto al palazzo i Sanseverino eressero una chiesa un tempo ricca di affreschi. La forma gotica è evidente, e poiché sappiamo che in essa S. Tommaso d' Aquino ricevette una delle sue visioni, è certa la sua esistenza a metà Duecento.

Sottostante la chiesa è situata una cripta. In essa è probabile che vennero sepolti tutti i Sanseverino presenti nel castello fino al 1358, anno in cui Tommaso III, uno dei maggiori rappresentanti della famiglia, fece costruire il convento di S. Francesco a Mercato, ai piedi della collina.


Le due Torri
Verso la valle di Curteri , là dove sarebbe stato più facile risalire verso il castello, furono realizzate nel XII sec. due torri merlate congiunte fra loro dal muro di cinta.

Le mura sono ancora intatte ed è evidente la loro antichità come è dimostrato dalla fattura elementare quadrata, con poche saettiere e feritoie e con i merli dei camminamenti di ronda.


Cinta Sveva
Lungo la zona meridionale, la cinta del castello non presenta l'alto muro continuo delle fortificazioni superiori, ma una serie di torri quadrate.

Le caratteristiche della cinta ne consentono una sicura datazione. Le torri sono di età sveva , quando nell'Occidente castellano si impose questa particolare tipologia voluta da Federico II. Il conte Tommaso I di Sanseverino deve ritenersene l'ispiratore, e il tutto va inquadrato in quegli anni (1230 - 1245) di imperfetta tregua politico - militare tra gli Svevi e i Sanseverino .

Verso la città, la serie delle torri doveva terminare con un'altra opera, probabilmente anch'essa quadrata, poi sostituita nel 1350 circa col torrione cilindrico.


Il Convento di S.Antonio
Il Convento di S. Antonio fu fondato con bolla di Innocenzo VI il 6 agosto 1358.

Il titolo del convento fu S. Francesco, mentre la SS. Annunziata quello della chiesa annessa, mutati in S. Antonio di Padova nel 1760.

La chiesa si presenta con una sola ampia navata con due cappelle laterali. Misura metri 41,10 x 10,90.

All'epoca della fondazione, chiesa e convento, furono costruiti in stile gotico e a tre navate. Quelle laterali furono abolite in seguito a profondi danni subiti da una paurosa alluvione che colpì la zona nella prima metà del sec. XVIII. Dopo l' alluvione la chiesa e il convento furono ricostruiti nella forma attuale. Tuttavia lo stile gotico della fondazione può oggi rilevarsi negli archi acuti che affiorano al disopra del soffitto e all'esterno nella struttura dell'abside e della cappella della Madonna di Pompei, e ancora negli archi acuti delle campate e nelle crociere archiacute del chiostro e nelle finestre del campanile . Quest' ultimo è tra i pochissimi conservatisi in tutta la Campania, con le sue splendide finestrature cieche, uniche del genere.

Benché la chiesa si presenti oggi con la sfarzosa decorazione e gli stucchi del Settecento, è da considerare una delle maggiori opere gotiche della provincia, capace di sostenere il raffronto con le analoghe architetture di Nocera Inferiore (S. Antonio), Eboli (S. Francesco), Salerno (S. Domenico), Teggiano .


Dipinti
Tra i numerosi quadri conservati nella chiesa si ricordano una Madonna con Bambino, S. Giuseppe e Santi (1754) attribuita a Giovan Battista de Mari; una Gloria dell'Immacolata attribuita a Francesco Solimena ; una Immacolata, di notevole interesse artistico, realizzata da Giovanni Bernardo Lama (1508 - 1579).

Il soffitto della chiesa, nella parte centrale, riporta un fastoso dipinto a tempera su legno con la rappresentazione dell' Incoronazione della Vergine e i SS. Chiara, Michele, Francesco, Antonio, Ludovico d' Angiò , Luigi IX di Francia, S. Giuseppe, S. Rocco.

La tela fu realizzata da Michele Ricciardi nel 1731.