Marigliano
è un comune della provincia di Napoli, nell'agro
nolano. Marigliano si trova a nord del Vesuvio, in
prossimità dell'Agro nolano. Marigliano rappresenta
un importante centro agricolo della Pianura Campana:
circa il 45% della forza lavoro è impiegata
nel settore primario, anche se sempre più occasionale
e sempre meno retribuita. Forte la tendenza verso
la terziarizzazione. Scarsa l'attività imprenditoriale.
IL
CENTRO STORICO
Il
centro storico di Marigliano conserva ancora immutato
il suo aspetto originario, generato da un castrum
militare romano, con la sua rete di cardini e decumani,
ortogonali tra loro. Fino alla metà del XIX
secolo, erano ancora visibili le mura di cinta e le
quattro porte d'accesso, coincidenti con i punti cardinali.
La
Via Giannone, antico cardo maximus dell'accampamento
militare, continua a svolgere la sua funzione di via
principale della città, segnata da alcune delle
architetture più significative, quali il complesso
della Collegiata, la Chiesa di San Biagio, la Chiesa
del Purgatorio. Tra le architetture civili, si segnalano
Palazzo Nicotera (interessante complesso nato dall'unificazione
nel XVIII secolo di più edifici, di epoca anteriore,
in un'unica dimora gentilizia), Palazzo Cesarano (che
conserva ancora intatto il colto disegno del XVIII
secolo) e il cosiddetto "Palazzo delle Ornie
Catalane". In
Via Torre, uno degli antichi decumani, oltre all'antica
costruzione che dà il nome alla strada, si
trovano alcuni tra gli edifici civili più significativi,
quali Palazzo Griffo (che reca visibili tracce della
sua origine rinascimentale) e Palazzo De Ruggiero.
Gran
parte di un'insula, prospettante su Via Giordano Bruno,
è occupata dal complesso monastico carmelitano
dei Santi Giuseppe e Teresa, divenuto casa gesuitica
nel XVIII secolo e poi sede della scuola "Antonia
Maria Verna" fino al sisma del 1980, che ne ha
determinato la chiusura.
EDIFICI RELIGIOSI
Chiesa
di Santa Maria delle Grazie
La chiesa di Santa Maria delle Grazie nacque come
parrocchia con fonte battesimale intorno all'anno
1000. Il primo documento in cui viene menzionata è
una bolla di Papa Innocenzo III del 1215, che determinava
i confini della Diocesi di Nola.
Nel
1494, la Chiesa fu elevata a Collegiata per volere
del conte Alberico Carafa. Nel 1633, fu ulteriormente
ampliata ed abbellita dalla famiglia ducale dei Mastrilli,
che si rivolse ai maggiori artisti dell'epoca. La
trasformazione più importante, che connota
l'immagine della Chiesa come ancora oggi appare, è
quella operata nei primi decenni del Settecento da
Domenico Antonio Vaccaro. Del suo intervento restano
ancora intatte le decorazioni a stucco, i marmi, le
tele del soffitto e la pala dell'altare maggiore.
Sono invece opera di Ludovico Mozzanti le due tele
del presbiterio, gli affreschi della cupola e dei
pennacchi.
Nella
cappella dei Santi Patroni di particolare interesse
sono le sculture raffiguranti i tre santi: quelle
di San Vito e San Rocco, in legno scolpito e dipinto,
risalgono al XVIXVII secolo, mentre la statua
di San Sebastiano, in argento, è stata più
volte rifatta a seguito di furti.
Il
Campanile della Collegiata fu probabilmente eretto
nel 1494. La costruzione è in tufo, mattoncini
rossi e pietra lavica ed è alta circa 40,3
metri. È strutturata su cinque piani: tre sono
a base quadrata, mentre i restanti due a base ottagonale.
In origine, questi erano sormontati da un cupolino
ricoperto di maioliche gialle e decorazioni verdi,
alla cui sommità vi era la sfera con banderuola
e croce. Crollato insieme all'ultimo piano durante
il terremoto del 1980, il cupolino è stato
ricostruito con la stessa forma, ma utilizzando materiali
diversi.
Chiesa dell'Annunziata
Adiacente e comunicante con la Collegiata è
la Chiesa dell'Annunziata, sede della Congrega dell'Ave
Grazia Plena, di antica costruzione, come testimonia
il catino absidale coperto da una caratteristica volta
di forme tardo-gotiche.
Di
notevolissimo interesse il polittico dell'altare maggiore,
in legno scolpito policromo e dorato. La struttura,
realizzata nel 1628, racchiude un più antico
trittico risalente alla fine del XV secolo, raffigurante
l'Annunciazione ed i Santi Giovanni e Pietro. La Chiesa
custodisce, inoltre, un notevole corredo di marmi
(lapidi funerarie ed iscrizioni) e sculture lignee
di Santi del XVIIXVIII secolo.
Complesso
monastico di San Vito
L'antica Chiesa fu probabilmente ricostruita intorno
al 1496, quando Alberico Carafa decise di affidare
il Convento francescano ad essa connesso ai Frati
minori. A quest'epoca appartengono il portale d'ingresso
alla Chiesa, che riutilizza antichi marmi scolpiti,
l'affresco che sovrasta la tomba di San Vito ed altri
elementi scultorei oltre al magnifico chiostro del
Convento.
L'ampia
chiesa rinascimentale, a tre navate, fu ridecorata
in periodo barocco, quando lo spazio fu ridotto ad
un'unica navata con cappelle laterali, immagine tramandata
fino ad oggi. Della costruzione cinquecentesca resta
la cappella d'Avenia, con pianta quadrata sormontata
da cupola, nella quale sono conservati un notevole
monumento funerario ed altri interessanti elementi
scultorei.
L'antica
pala d'altare della cappella, attribuita ad un artista
napoletano tardo manierista, è attualmente
conservata nel coro posto sopra al pronao d'ingresso
alla Chiesa, insieme ad un'altra tavola di epoca coeva
raffigurante l'Immacolata. Notevole è il ciclo
di tele del XVII-XVIII secolo, che decorano gli altari
laterali.
EDIFICI
STORICI
Il
Castello Ducale
Il palazzo ducale è la trasformazione di un
antico castello-fortezza la cui esistenza è
attestata nei documenti almeno dal XII secolo. L'immagine
attuale è frutto degli interventi successivi,
in particolare di quelli voluti dalla famiglia Mastrilli
tra il XVII e il XVIII secolo. Dell'antica fortezza
la costruzione conserva la pianta quadrata con torri
angolari, le feritoie ed i ponti sopra il doppio fossato
che la circonda, mentre le ampie logge porticate,
le eleganti finestre e gli altri elementi decorativi
della facciata sono frutto della trasformazione (XVIII
secolo) della fabbrica militare in dimora gentilizia.
Nella torre a nord ovest vi è ancora la barriera
daziale con lo stemma marmoreo dei Carafa e la grande
bascuglia. Annesso al Palazzo vi è un grande
parco, in cui si rinvengono ancora le tracce del disegno
della sistemazione settecentesca che venne eseguito
in base alle più raffinate teorie paesaggistiche
dell'epoca, con viali decorati in stile neoclassico,
fontane ed un laghetto artificiale. Attualmente l'edificio,
molto rimaneggiato negli interni, è sede dell'Ordine
delle Suore Vincenziane, cui venne venduto dai discendenti
della famiglia Mastrilli.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Sulle origini di Marigliano non si hanno dati certi.
Sicuramente però la città esisteva già
in epoca romana, come testimoniano iscrizioni funerarie
e reperti archeologici risalenti al I-II secolo.
Le
ipotesi sulla genesi della città sono sostanzialmente
due. La prima individua il nucleo originale in una
antica villa, fatta costruire da una famiglia di latifondisti
Romani (la gens Maria, oppure secondo altre ipotesi
Marilia o Mariana) al centro del proprio latifondo
nell'agro nolano.
La
seconda invece fa risalire il nucleo originario ad
una colonia romana sorta fra il 216 e il 214 a.C.
ad opera del console Marco Claudio Marcello, impegnato
nella lotta contro Annibale. Nell'89 a.C., Silla strappò
definitivamente Nola e le terre circostanti ai Sanniti,
redistribuendole ai legionari impegnati nella Guerra
sociale. In particolare la famiglia Mari venne premiata
con i territori oggi appartenenti a Marigliano.
Dopo
la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, Marigliano
fu oggetto di un'aspra contesa fra le città
di Nola e Napoli, che rivendicavano il possesso di
quelle terre.
Il
primo documento che attesta l'esistenza di Marigliano
risale al 27 marzo 917: è un atto, scritto
su pergamena, di donazione di un fondo nei pressi
di Marilianum. Sempre al X secolo appartengono altri
documenti attestanti l'esistenza anche di due casali
(attualmente sue frazioni): Casa-Ferrea (Casaferro)
e Faibanum (Faibano).
Il
Ducato di Napoli, di cui Marigliano ed altre terre
della Liburia facevano parte, subì l'invasione
normanna nel 1132, quando il Duca Sergio VII si sottomise
a Ruggero II di Sicilia. L'area venne trasformata
in feudo ed assegnata al normanno Roberto de Medania,
conte di Acerra. A questi successe poi Riccardo, cognato
di re Tancredi.
In
seguito alla conquista del Regno normanno di Sicilia
da parte di Enrico VI, Marigliano passò sotto
dominio svevo. Nel 1197, proprio Enrico VI costrinse
il signore di Marigliano Riccardo di Medania (ultimo
rappresentante della dinastia normanna) ad essere
prima trascinato da un cavallo per le vie di Capua
e poi ad essere impiccato a testa in giù.
Le
sue terre passarono così a Diopoldo D'Arce,
che consegnò materialmente Riccardo ad Enrico
VI. D'Arce fu successivamente imprigionato da Federico
II e privato delle terre, che vennero date al conte
di Aquino Tommaso, che le trasferì a sua volta
al nipote Tommaso. Questi le tenne fino al 24 aprile
1274, quando il Regno svevo venne conquistato da Carlo
I d'Angiò.
Questi
passò il feudo di cui Marigliano era parte
al conte Roberto di Alverno. Il figlio di Tommaso
II d'Aquino, Adinulfo, riuscì ad entrare nelle
grazie di Carlo II ed si impossessò dell'acerrano
e del mariglianese. Adinulfo si macchiò poi
di fellonia ed i feudi furono ceduti (assieme al Principato
di Salerno) a Filippo I, figlio di Carlo I. A Filippo
I successe il figlio Roberto e, quindi, il fratello
Filippo II.
Nel
1348 le terre del napoletano, dell'acerrano e del
mariglianese furono saccheggiate dall'esercito ungherese
di Luigi I, intenzionato a vendicare il fratello Andrea,
marito di Giovanna I e ucciso nel 1345.
A
Filippo II successe il nipote Giacomo Del Balzo, che
si trovò a scontrarsi due volte proprio contro
la regina Giovanna I, accorsa in aiuto di Ugone Sanseverino
(a cui Giacomo aveva sottratto Matera). L'acerrano
ed il mariglianese finirono per essere assegnate ad
Ottone di Brunswick, duca di Sassonia e quarto marito
di Giovanna I.
In
seguito alla lotta fra Giovanna (sostenitrice dell'Antipapa
Clemente VII) e Carlo di Durazzo (sostenitore di Papa
Urbano VI) ed alla vittoria di quest'ultimo, Marigliano
venne venduta a Ramondello Orsini del Balzo. Dopo
la morte di questi, le terre vennero confiscate da
re Ladislao I e vendute ad Annecchino Mormile di Napoli
per 7.700 ducati d'oro.
Il
7 giugno 1421, il feudo di Marigliano fu assediato
dai mercenari di Braccio da Montone, assoldato da
Giovanna II per strapparlo al ribelle Mormile, sostenitore
del duca Ludovico d'Angiò al trono di Napoli.
Il
1º aprile 1422, Marigliano tornò fra i
possedimenti del Principe di Taranto Giovanni Antonio
Orsini Del Balzo. Alla sua morte (16 novembre 1463),
tutti i suoi averi andarono per sua volontà
a Ferdinando d'Aragona. Per 16 anni, Marigliano fece
parte del Regio Demanio.
Il
26 agosto 1479, Ferdinando vendette il feudo per circa
6.000 ducati al Regio Consigliere Alberico Carafa,
che ottenne nel 1482 il titolo di conte. Il Conte
Carafa fu molto impegnato nella ricostruzione e restauro
del borgo: si ricordano, ad esempio, l'ampliamento
e restauro della Chiesa di San Vito e Santa Maria
delle Grazie (che diventò anche Collegiata).
Ad
Alberico successero dapprima il figlio Francesco e
poi il nipote Alberico II. Questi però si vide
confiscati tutti i beni e costretto a fuggire in Francia
in seguito all'accusa di tradimento, per aver parteggiato
contro l'Imperatore Carlo V. Il 30 giugno 1532, Carlo
V (divenuto nel frattempo anche re delle Due Sicilie)
donò il contado di Marigliano e il Ducato di
Ariano a Ferrante Gonzaga, principe di Molfetta.
A
questi successe il figlio Cesare che il 6 settembre
1566 vendette Marigliano a Vincenzo Carafa, fratello
di Alberico II. Carafa morì sette anni dopo
(1573), lasciando pesanti debiti di ogni genere, tanto
che il 14 aprile 1573 le sue stesse terre (fra cui
il contado di Marigliano) vennero messe all'asta e
comprate da Geronimo Montenegro, banchiere di Napoli
che il 23 dicembre 1578 ottenne il titolo di marchese
dall'Imperatore Filippo II.
La
famiglia Montenegro vendette il possedimento mariglianese
a Cesare Zattera di Genova che, a sua volta, lo cedette
a Giulio Mastrilli per 136.800 ducati. Questi, già
consigliere del Re, il 4 agosto 1644 ottenne il titolo
di duca da Filippo IV. I Mastrilli esercitarono il
controllo del territorio per circa 150 anni. Da ricordare
è il notevole interessamento di Isabella Mastrilli
per i fiorentissimi centri di cultura dell'epoca,
costituiti per la gran parte da accademie culturali:
ella fu anche l'iniziatrice della Accademia di Marigliano,
di cui fecero parte notissimi esponenti della cultura
del secolo tra i quali Carlo Pecchia.
Il
lungo dominio della famiglia Mastrilli, però,
fu comunque costellato da problemi e traversie: è
il caso della rivolta dei vassalli di Giulio Mastrilli,
costretto a rinchiudersi nel Convento di San Vito
a causa delle tasse troppo alte; dell'epidemia di
peste del 1656; dell'inondazione del casale di Faibano
del 1743; della carestia del 1764; della siccità
dell 1779; della eruzione del Vesuvio dell'8 agosto
1779.
Il
3 maggio 1799, l'ultimo Duca di Marigliano Giovanni
Mastrilli venne arrestato. Dopo la breve restaurazione
borbonica durata fino al 1806, Napoleone Bonaparte
nominò il fratello Giuseppe re di Napoli. Questi,
il 2 agosto 1806, dichiarò definitivamente
estinta la feudalità e Marigliano diventò
un libero Comune.
Dopo
la Restaurazione, Marigliano non rimase estranea alle
lotte risorgimentali. Tra i tanti che presero parte
ai moti, si ricorda la figura di Mariano Semmola,
docente universitario e poi Segretario del Parlamento,
che partecipò insieme a Michele Morelli
e Giuseppe Silvati ai moti del luglio 1820.
Il
2 aprile 1896, il Re Umberto I e il Presidente
del Consiglio Francesco Crispi firmarono il Decreto
col quale si concedeva a Marigliano il titolo di "Città".
L'area
mariglianese soffrì le condizioni di sottosviluppo
del Mezzogiorno per tutto il XX secolo e l'estrema
incertezza delle condizioni di vita nei due dopoguerra.
Anche se viene risparmiata dai bombardamenti della
Seconda guerra mondiale, nel secondo dopoguerra l'agricoltura
subì un gravissimo danno dalla dorifora (o
"parassita della patata"): la produzione
di tuberi (l'ortaggio più coltivato con il
pomodoro di San Marzano fu devastata per anni, causando
enormi ripercussioni sull'economia della zona soprattutto
negli anni '50.
L'esasperazione
culminò con la protesta del luglio 1959, quando
quasi tutti i contadini del paese manifestarono per
le precarie condizioni di vita. La protesta degenerò
poi con l'incendio del Palazzo del Municipio e vari
episodi di violenza.
A
partire dagli anni '60, il mariglianese venne interessato
dalla modernizzazione agricola, da una timida industrializzazione
(legata più che altro al polo di Pomigliano
d'Arco) e dallo sviluppo dell'edilizia e dell'artigianato.