Lacedonia
è un comune di 2.909 abitanti della provincia
di Avellino. Ha come co-patrono San Filippo Neri.
Nell'agosto del 2007 ha conferito la cittadinanza
onoraria a Louis Tallarini, Presidente della Columbus
Day Citizens Foundation. Lacedonia è un centro
agricolo dell'Appennino Sannita. Dista da Avellino
km 87. Il centro storico (chiamato La cittadella dagli
abitanti) è collocato su una collina e conserva
la sua originaria struttura abitativa, nonostante
gli oltre 10 terremoti che hanno più volte
nel corso dei secoli devastato Lacedonia. In seguito
al terremoto del 1930, il regime fascista ricostruì
la città costruendo case antisismiche. A Lacedonia
sono presenti varie scuole tra cui la più prestigiosa
è l'Istituto Magistrale De Sanctis che venne
fondata proprio dal De Sanctis. Lacedonia, fin dall'XI
secolo, è sede vescovile. Simeone, primo vescovo
di Lacedonia, è noto per aver inaugurato nel
1059 l'Abbazia di S. Michele Arcangelo. A lui sono
succeduti altri 69 vescovi. La Diocesi comunque è
unita da oltre un decennio con la diocesi di Ariano
Irpino. Il clima, essendo Lacedonia una città
di montagna, è rigido con frequenti nevicate
in inverno e estati fresche.
ETIMOLOGIA
In passato era chiamato Aquilonia, (da aquilus, ossia
oscuro) da cui poi Acedonia. Il nome potrebbe però
derivare anche da Akunniad, ossia "madre cicogna".
Questo animale è rappresentato anche sullo
stemma, mentre stringe e becca un serpente.
ORIGINI
E STORIA
Lacedonia era abitata fin dall'età eneolitica:
lo confermano resti di armi in rame e altri reperti
rinvenuti nel suo territorio. Gli aborigini abitavano
in una località oggi chiamata "sotto le
rupi", che era costituita da grotte scavate nel
tufo. Notizie certe si fanno però risalire
all'epoca degli osci che la chiamavano Akudunniad
(in osco significa madre cicogna). Nel 293 a.C. a
Aquilonia (oggi Lacedonia), in località "Chiancarelle",
si combattè la battaglia decisiva della terza
guerra sannitica: venne vinta dai romani che annientarono
la potente legione Linteata. Sotto il dominio romano
Lacedonia era un importante municipio; vi erano assessori
delle finanze e alle opere pubbliche, consiglieri
e una congrega addetta al culto di Augusto. I romani
costruirono a Lacedonia delle piscine, le terme, l'anfiteatro,
lavatoi, giardini pubblici è, nella località
"i capi dell'acqua", una mutatio (una stazione
destinata al cambio di carri e cavalli). Lacedonia
venne in seguito donata, nel VI secolo, ai Benedettini
dall'Imperatore d'Oriente Giustiniano. In seguito
passò sotto il dominio prima dei Longobardi
(che nel 568 avevano invaso l'Italia bizantina), poi
dei duchi di Conza e infine dei Normanni (che guidati
dal Guiscardo nell' XI secolo conquistarono tutta
l'Italia meridionale). Ai tempi dei Normanni il feudo
di Lacedonia apparteneva a Riccardo Balbano: egli
inviò sessanta fanti e sessanta cavalli alla
terza crociata. I Balbano governarono il feudo di
Lacedonia fino all'avvento di Carlo d'Angiò,
che tolse il feudo a questa potente famiglia feudale.
Il feudo passò poi alla famiglia Orsini, Principi
di Taranto. Uno di essi, tale Gabriele Orsini, ricostruì
la città ridotta in macerie dal terremoto del
5 dicembre 1456 chiudendola in una cinta muraria con
fossato e quattro porte. Nella notte tra il 10 e l'11
settembre 1486 i baroni ribelli si radunarono nella
chiesa di S.Antonio e congiurarono contro il Re Ferrante
I d'Aragona e il figlio Alfonso, duca di Calabria.
L'avvenimento, narrato dallo storico napoletano Camillo
Porzio, coinvolse Papa, Principi e Sovrani e mise
a rischio il dominio aragonese sull'Italia meridionale.
La congiura venne rievocata in alcuni versi del poeta
Giovanni Chiaia: «Di Lacedonia ecco la roccia
alpestre/là i rubelli a vendicar le offese/sull'Ostia
Santa staser le destre/sperder giurando il seme aragonese».
Nel 1501 Baldassarre Pappacoda, consigliere e amico
del re Federico I prese possesso del feudo e costruì
il Castello Nuovo. I Pappacoda tennero il feudo fino
al 1566, quando Feudo e Castello vennero venduti ai
Doria, che vi rimasero fino al 1806, anno in cui Napoleone
Bonaparte abolì il feudalesimo. Nel XVIII secolo
visse a Lacedonia Gerardo Maiella, venerato come santo
dalla Chiesa cattolica. Egli guarì i malati,
convertì i peccatori, aiutò i poveri
e fece molti miracoli.