Cava
de' Tirreni è una città in provincia
di Salerno, seconda per popolazione dopo il capoluogo.
La città di Cava de' Tirreni sorge a ridosso
del Mar Tirreno, a 5 km nell'entroterra di spalle
alla Costiera Amalfitana, rappresentandone in pratica
la porta nord. L'abitato centrale si sviluppa nella
vallata formata dai Monti Lattari ad ovest (che la
separano appunto dalla Costiera) ed i Monti Picentini
ad est. Ciononostante, le colline che la circondano
in ogni direzione si rivelano amene località
di residenza per molti dei cittadini. Essa confina
a nord con i Comuni di Nocera Superiore, Roccapiemonte
e Mercato San Severino, ad est con quelli di Baronissi,
Pellezzano e Salerno, a sud con Vietri sul Mare e
Maiori, ad ovest con Tramonti. La città funge
da cerniera tra l'area geografica dell'agro nocerino
sarnese (morfologia pianeggiante ed economia agricola
e industriale) e quella della penisola sorrentina-amalfitana
(morfologia montuosa ed economia di tipo turistica).
La vallata di Cava de' Tirreni (198 mt sul mare ca.)
separa, dunque, due gruppi montuosi: ad est Monti
Picentini, prevalentemente dolomitici, (M.te Caruso,
M.te Sant'Adiutore, M.te Castello, M.te Stella, M.te
San Liberatore e Colle Croce); ad ovest Monti Lattari,
prevalentemente carbonatici (M.te Finestra, M.te Sant'Angelo,
M.te San Marino e M.te Crocella). La cima più
alta è costituita da Monte Finestra. Il clima
è tipicamente mediterraneo, caratterizzato
da inverni miti ed estati con piogge scarse: le caratteristiche
orografiche del territorio (come si è detto
in precedenza, Cava è chiusa fra i Picentini
ed i Lattari) fanno però sì che la città,
seppur protetta dai venti per mezzo dei monti che
la circondano, sia colpita leggermente più
frequentemente da piogge rispetto alla vicina costa.
FRAZIONI
Castagneto: La località deve il suo nome ai
numerosi castagneti nei pressi dell'abitato, e sorge
sulla strada che da Cava porta a Dragonea.
Croce: Sorge in collina, vicino all'omonima frazione
di Salerno (sulla strada verso il Castello Arechi),
ed al bivio con la strada per Pellezzano.
Pianesi: Vi si trovano la chiesetta di San Gabriele
ai Pianesi,la maestosa e gloriosa Villa Rende in fase
di ricostruzione, e un monumento dedicato a padre
Pio.
Pregiato: Frazione situata ad est del centro abitato,
oltre la ferrovia, conosciuta localmente per la lavorazione
del tabacco.
San Giuseppe al Pozzo: Popolosa frazione situata sulla
SS18, è situata vicino al confine comunale
con Nocera Superiore ed allo svincolo autostradale
cavese.
Santa Lucia: Maggiore frazione comunale per popolosità,
situata alle pendici del parco del monte Diecimari.
Santa Maria del Rovo: Frazione situata a nord-est
di Cava, in essa sorge una chiesetta omonima del 1830.
DA
VEDERE
Monte Castello: il castello medievale, sede di un'antica
fortezza ed indiscusso protagonista di una delle più
celebrate feste cittadine, domina la vallata di Cava
de' Tirreni.
Parco Naturale Diecimare: il Parco Diecimare, in gestione
ai comuni di Cava de' Tirreni, Baronissi, Mercato
San Severino ed al WWF, si estende per 444 ettari,
includendo i rilievi di Monte Caruso, di Forcella
della Cava (852 m s.l.m.), parzialmente di Poggio
e Monte Cuculo e il Montagnone. Geologicamente il
Parco può essere diviso in due aree: Monte
Caruso (calcari) e Forcella della Cava (dolomie e
calcari dolomitici).
Centro storico di Cava: il borgo originario, nucleo
della città di Cava, caratterizzato dai portici
che ancora oggi si snodano lungo tutto il corso, accompagnando
lo shopping cittadino e la vita notturna.
I villaggi: circondata da colline, Cava è ricca
di frazioni che sono ancora oggi un simbolo di conciliazione
tra opere umane e natura. Oltre ad offrire panorami
mozzafiato, come lo scorcio del Mar Tirreno lungo
le forme di San Liberatore ed addirittura, in lontananza,
il Golfo di Napoli dal Parco Diecimare, esse si rivelano
ottimi luoghi dove passeggiare, correre e dedicare
un po' di tempo al puro relax.
Itinerari d'ambiente: comode strade collegano Cava
de' Tirreni ai villaggi ed ai casali della Valle Metelliana
offrendo in tal modo occasione per escursioni naturalistiche.
Tonificanti passeggiate a piedi vengono organizzate
nel corso dell'anno, raggiungendo la Valle di S. Liberatore,
il piccolo villaggio di Croce, l'Annunziata, S. Maria
a Toro, la Pineta "La serra", Arco, Borrello,
Campitello, S. Anna, l'eremo di San Martino, le Grotte
del Bonea, l'eremo dell'Avvocata (che domina Maiori
e la Costiera Amalfitana).
Villa Comunale: la villa adiacente al municipio è
un polmone nel cuore della città, luogo di
ritrovo e svago per cittadini e turisti. Borgo Scacciaventi:
le superbe facciate delle residenze storiche quattrocentesche
e settecentesche, sulle quali è possibile leggere
inconfondibili tratti di barocco e architetture durazzesche
e tardocatalane, conferiscono al Borgo Scacciaventi
quella nobiltà ed importanza politica, storica,
culturale ed economica che la città ebbe dal
1400 in avanti. In più esso è sede del
commercio e dell'artigianato di giorno e di nights,
pubs, american bars e ristoranti di notte.
Badia della Santissima Trinità: essa è
il simbolo stesso di Cava, il suo maggior monumento
e gloria. Sorge alle pendici del Monte Finestra, sotto
l'immensa cava arsicia, e fu fondata nel 1011 da S.
Alferio Pappacarbone, che ne fu anche primo abate.
L'attuale facciata risale alla seconda metà
del '700. La Cupola, il Coro e la Traversa furono
affrescati nell'800 da Vincenzo Morani. Di notevole
interesse: l'Ambone con mosaico del XII secolo; i
due bassorilievi rinascimentali raffiguranti S. Matteo
e S. Felicita; l'Altare seicentesco in marmi policromi
della Cappella del Sacramento; la Grotta di S. Alferio
con l'urna che ne custodisce le reliquie e resti di
affreschi parietali del XIV sec.; la Sagrestia, cui
si accede da un portale rinascimentale, arredata con
stigli del '700; il Chiostro Romanico (XIII sec.),
ornato da sarcofaghi di epoca romana; la vasta sala
adibita a Museo; la Biblioteca, che custodisce più
di 50.000 volumi, con numerosissimi incunaboli ed
importantissime edizioni cinquecentine; l'Archivio,
che contiene preziosi codici e manoscritti, più
di 15.000 pergamene e una considerevole quantità
di documenti. Il testo integrale dei documenti datati
dal 792 al 1065 è pubblicato nei volumi del
Codex Diplomaticus Cavensis.
Palazzo di Città di Cava de' Tirreni (ex Teatro
G. Verdi): il progetto del teatro di Cava fu elaborato
dall'architetto Lorenzo Gelanzé poco dopo l'abbattimento
del precedente teatro, avvenuto nell'aprile 1860.
A causa di stime sbagliate sul costo dell'opera, il
costruttore dell'epoca, il Sig. Andrea Maddaloni di
Napoli, bloccò i lavori e, nonostante dal lato
giuridico i cavesi avevano ragione, motivi umani e
morali militavano a favore dell'appaltatore, il quale
aveva già speso il doppio dei 10.822,60 Ducati
(45.994,90 Lire) che sarebbe dovuta costare l'opera.
Fu così che la Corte d'Appello di Napoli, al
contrario del Tribunale di Salerno, diede ragione
al costruttore e, solo dopo anni di immobilità,
il 26 ottobre 1875, l'architetto Fausto Niccolini
presentò un nuovo progetto con un preventivo
di Lire 52.956 ed i lavori furono ultimati il 2 ottobre
1878. La denominazione di "Teatro Municipale"
che splendette sul frontone nel giorno dell'inaugurazione,
avvenuta nel 1879, fu mutata in Teatro Verdi alla
morte del grande musicista, nel 1901. Poi le cose
peggiorarono: al "Verdi" per vari anni toccò
la sorte dello stivale di Giuseppe Giusti, e per poco
non divenne bivacco degli squadristi, quando fu concesso
al Fascio locale per esercitazioni. Ultima degradazione:
il freddo lenzuolo del cinema muto al posto del pittoresco
sipario. Dopo alcuni anni esso fu trasformato nella
nuova sede del Comune.
Duomo di Cava de' Tirreni: nel 1517 iniziò
la costruzione del Duomo, che fu aperto nel 1571.
Gravemente danneggiato dal sisma del 1980, è
stato riconsegnato alla cittadinanza negli ultimi
anni.
Castrum S. Adjutoris - Castello di S. Adiutore: l'importanza
strategica della collina su cui sorge il castello,
posta a cavallo delle due strade che conducevano a
Salerno, non sfuggì ai Principi Longobardi,
i quali, perciò, vi edificarono una fortezza,
che dovette essere un bell'esemplare di architettura
militare nella quale i discendenti di Alboino si distinsero.
Per renderla più efficiente, la fecero caposaldo
di una serie di torri, terrapieni e mura che, attraversando
la Serra, Borrello e Campitello, si attestava ad Arco,
per dove passava la "via Maggiore". Questo
schieramento difensivo fu prima denominato "Castrum
Salerno", poi "Castrum Sancti Adiutoris",
dal Santo che aveva dato il nome alla plaga circostante.
Ma fin dal 1500 prevalse il termine generico di "Castello".
L'aggirarsi della flotta turca per il Tirreno mise
in stato di emergenza il Viceré di Napoli,
il quale fu notificato ai paesi costieri, e a "La
Cava", con i consueti richiami alla fedeltà
e allo spirito guerriero dei Cavesi. "Che lo
Sindaco facza conzare le porte del Castello e del
Corpo di Cava, del che se ne da piso al Corpo de la
Cava Messere Antonio Longo et al Castello Messer Antonio
De Falco". Incerta è la data di nascita
del Castello, ma essa fu anteriore al Mille, essendo
menzionato nei noti diplomi di donazioni alla Badia
del 1035 e del 1058. Quale importanza acquistasse
il caposaldo con le sue propaggini lo prova il fatto
che il diploma di Gisulfo, col quale tutto il territorio
della valle metelliana veniva concesso in feudo al
Monastero della SS. Trinità, faceva eccezione
della fortezza di S. Adiutore: excepta fortelitia
dicti castri. Ovviamente il Principe lo volle conservare
nella sua dipendenza per la difesa della strada principale
che conduceva a Salerno ed anche perché la
zona costituiva un'importante posizione militare.
Infatti, la rocca fece buona guardia e portò
un contributo non indifferente a quel periodo di pace
e di sicurezza di cui godette il travagliato Principato,
in seguito alla Battaglia di Garigliano del 912, com
la quale perdettero di virulenza o cessarono le incursioni
dei Saraceni. Degna di ricordo è poi la partecipazione
valida ed efficace alla guerra combattuta, nel 1527,
fra Carlo V e la Lega Papa-Veneziani-Francesi. Quando
il Capo della Lega, Valdemont, sbarcato a Salerno,
tentò di passare per Cava per andare a Napoli,
che era sguarnita di forze essendo assente Carlo V,
i cannoni del Castello e i 500 archibugi cavesi impedirono
il passaggio. Poi i Cavesi rioccuparono Salerno. Questo
aiuto fu ricordato a Carlo V con queste parole: "Cum,
anno praeterito 1527, hostes Vestrae Caesareae Maiestatis,
navali expeditione Civitatem Salerni, invaserunt,
homines et cives ipsi viriliter pugnaverunt, morte
et vulneribus multorum, quod fuit causa ne hostes
procederent". Il Castello, erroneamente ritenuto
caposaldo dell'artiglieria tedesca durante la Seconda
Guerra Mondiale, venne raso al suolo dal lancio di
bombe da parte di cacciabombardieri anglo-americani.
Dal Castello, ogni estate, avviene un eccezionale
spettacolo pirotecnico con cui si chiudono i festeggiamenti
in ricordo del miracolo che, nel 1656, salvò
Cava dalla peste.
Santa Maria del Quadruviale: chiamata così
perché situata nei pressi di un quadrivio.
La cinquecentesca facciata e il campanile a sei ordini
con il cupolino ricoperto di maiolica, arricchito
di elementi scultorei, rappresentano un valido esempio
di quell'architettura rinascimentale, opera dei noti
mastri muratori de "La Cava". Edificata
intorno al 1383, prese la forma attuale alla fine
del '500. Attiguo è l'oratorio dell'omonima
congregazione con stalli lignei e soffitto finemente
dipinto. Nei locali sottostanti vi era anche un ospizio
per i pellegrini, poiché nei pressi passava
l'importante Via Maggiore. Ancora oggi possiamo ripercorrere
tratti di quell'antica strada, se vogliamo raggiungere
da qui Salerno valicando i monti.
San Pietro: la chiesa, dedicata agli Apostoli Pietro
e Paolo, detta comunemente di San Pietro a Siepi,
risale all'XI secolo ed è tra le più
importanti e meglio conservate. Rifatta nel '700,
presenta nella facciata lineare un portale del 1710
con affreschi laterali. All'interno si ammira un soffitto
a cassettoni, risalente al XVIII secolo, e, nella
cappella a destra dell'altare maggiore, un Crocifisso
datato 1689, realizzato dallo scultore Giacomo Colombo.
Nelle cappelle laterali si notano alcune sculture
e vari stemmi gentilizi; nella sacrestia si conservano
bassorilievi in marmo di pregevole fattura, opera,
nel XVI secolo, dello scultore cavese Ambrogio della
Monica; nelle stanze attigue un museo contiene opere
di grande pregio.
Chiesa e Convento di S. Francesco e S. Antonio: fondati
nel 1544 conserva 22 manoscritti (4 codici miniati
e 18 corali), 15.000 volumi ed opuscoli (4 incunaboli,
320) 106 periodici. La chiesa, un tempo dedicata a
Santa Maria di Gesù e oggi a San Francesco
d'Assisi e Sant'Antonio di Padova, ha subito più
volte danni, causati da vari eventi bellici e naturali.
Il terremoto del 1980 l'ha quasi rasa al suolo: si
sono salvati la facciata assieme al bel campanile
del 1571, forse di Pignoloso Cafaro, che sfiora i
36 metri di altezza (fino al 1694, quando li perse
a causa di un altro sisma, aveva altri due ordini);
la zona del transetto e la sacrestia. Quest'ultima
è stata affrescata probabilmente da un pittore
della bottega del Corenzio, ai primi del Seicento.
Il transetto è ricco di decorazioni: vi sono
i resti di affreschi di Francesco Autoriello del 1862;
un altare marmoreo del XVIII secolo; varie opere scultoree
di ottima fattura; un coro ligneo del 1534 opera di
Giovan Marino Vitale; un potente organo del 1960 da
poco riattivato. Nella zona ancora semidistrutta si
conserva il monumento funebre del 1668 del generale
Pietro Carola; sulla facciata principale, invece,
si possono ammirare ancora il portale e i battenti
lignei del 1528, realizzati da Giovan Marino Vitale
e Marcantonio Ferrari. I francescani, quando accettarono
nel 1450 la donazione del suolo dove, a partire dal
1942, furono eretti la chiesa e il convento, mostrarono
un notevole acume nella scelta di un luogo con buone
prospettive di sviluppo: il loro Ordine si insediava
spesso in zone destinate ad una futura espansione.
Nel XVI secolo essi ospitarono riunioni del parlamento
comunale e, non a caso, chiesa e convento erano tra
gli ambienti più amati e abbondavano di stemmi
della città: vi era perfino la tradizione che
il sindaco e gli eletti si riunissero lì per
la prima volta la domenica delle Palme e ottenessero
una solenne benedizione. Il nuovo convento, progettato
dall'ingegner Giuseppe Salsano nel 1931, ospita l'allestimento
di un celebre presepio ed è dotato di ambienti
adibiti a biblioteca con antichi volumi e preziose
opere d'arte, tra le quali spiccano quelle attribuite
ad Andrea Sabatini e Michelangelo Naccherino e un
dipinto di grandi dimensioni di Giuseppe Guerra, allievo
del Solimena, che raffigura l'Ultima Cena. Il santuario
è in rapida ricostruzione da alcuni anni.
APPUNTAMENTI
Festa
di Montecastello
Una delle più importanti manifestazioni religiose
e folkloristiche della città di Cava de' Tirreni,
e sicuramente fra le più sentite, è
la "Festa di Montecastello". Essa ha luogo
ogni anno dal lontano 1656, anno in cui la città
e la popolazione cavese furono devastate da una cruenta
pestilenza. I parroci della frazione Annunziata, nell'ottava
del Corpus Domini, organizzarono con i fedeli, ormai
in ginocchio, una processione dalla chiesa fin sul
Monte Castello, collina che sovrasta la vallata metelliana,
dal quale invocarono la benedizione di Dio sulla città
e sui cavesi. L'epidemia finì ed i cavesi,
devoti, di anno in anno, nei secoli, rinnovano la
processione in segno di gratitudine per la grazia
ricevuta. Uno dei principali simboli della Festa di
Montecastello è costituito dal pistone: un'arma
del XVI secolo (conosciuta anche come archibugio).
L'arma, nei secoli, ha perso la sua identità
come strumento di guerra diventando invece strumento
di "gioia": i cavesi sono soliti esplodere
colpi a salve dal Monte Castello per celebrare la
Festa e la cessazione della pestilenza. Accanto all'aspetto
religioso, nel corso degli anni, la festa si è
arricchita di avvenimenti folkloristici: in quest'ottica
sono nati i gruppi pistonieri (o anche trombonieri)
ed i gruppi sbandieratori, che con le loro divise
d'epoca ed i giochi di bandiera rallegrano le giornate
della Festa. Un altro appuntamento fisso della Festa
è rappresentato dalla rievocazione storica
della tragica pestilenza in costumi d'epoca. Le celebrazioni
sono concluse ogni anno con un grandioso spettacolo
pirotecnico dal Monte Castello, tanto caro ai cavesi
da far accrescere il valore di una casa per il solo
fatto di avere la giusta esposizione verso il Monte.
Non ultimo, l'aspetto culinario con alcuni piatti
tipici che le famiglie cavesi sono solite consumare
durante la Festa: milza, soppressata, melanzane con
la cioccolata, pastiera di maccheroni (la frittata
di pasta napoletana) e, naturalmente, buon vino.
Disfida
dei Trombonieri
Ogni anno ai primi di luglio, viene ricordata la storia
con una manifestazione folkloristica in costume d'epoca
ed una competizione Storica si tiene in rievocazione
della battaglia di Sarno. Era il caldo pomeriggio
del 6 luglio 1460 quando le campane delle cinquanta
chiese della Città de la Cava chiamarono a
raccolta i cittadini cavesi. Qualcosa di clamoroso
era successo: Re Ferrante I d'Aragona era sceso in
battaglia nella valle di Sarno, contro l'esercito
di Giovanni d'Angiò, ivi schierato, ma una
manovra sbagliata stava per compromettere la vita
ed il regno del giovane sovrano. Il Sindaco Universale
di Cava, Onofrio Scannapieco, da Dupino, non disponendo
di una milizia permanente, che potesse rendere soccorso
al Re, chiamò a raccolta l'intero popolo cavese.
Dalla moltitudine furono scelti cinquecento uomini
tra i più validi e i più animosi, capaci
di affrontare l'assalto. I cavesi guidati dai Regi
Capitani Giovanniello Grimaldi, Giosuè e Marino
Longo, Matteo Stendardo e Bernardo Quaranta, dopo
una marcia di 18 km per raggiungere Sarno, sfruttando
le tenebre della notte e la sorpresa, si incunearono
nello schieramento nemico al grido "Aragona,
Aragona", creando scompiglio tra gli assedianti
Angioini e creando un corridoio di fuga per il Re
che si riparò a Napoli nel Castel Nuovo. Il
4 settembre 1460 Onofrio Scannapieco, chiamato dal
Re Ferrante alla corte di Napoli, ritirò quale
segno di gratitudine, la Pergamena Bianca. Con essa
l'Università de la Cava avrebbe potuto richiedere
ogni enere di concessione sovrana. Poiche nulla venne
richiesto il 22 settembre 1460 il Re Ferrante "motu
propio" concesse allo popolo cavajuolo cospique
guarentigie, quale l'esenzione dal pagamento, in tutto
il reame, di ogni tipo di gabella, sia nel vendere
che nell'acquistare, oltre il pregio di integrare
con le armi Aragonesi (due barre rosse e due gialle
intervallate) lo stemma della città e la sovrapposizionne
allo stesso della corona regale. La pergamena bianca,
rimasta immacolata, tale si conserva negli archivi
del Palazzo di Città di Cava de Tirreni. La
rievocazione prevede che gli 8 distretti della città
si sfidino a suon di tromboni (archibugi dalla canna
più corta e svasata allestremità
in modo da somigliare ad una tromba) in quella che
viene denominata "La Disfida dei Trombonieri",
assegnata nel 2005 (31a edizione) e nel 2006 (32a
edizione) alla contrada Sant'Anna all'Uliveto. I trombonieri
sfilano, nelle loro imponenti uniformi, in un corteo
che si snoda per il centro storico della città,
accompagnati dagli abilissimi sbandieratori (tra i
più noti ed esperti del mondo), per poi raggiungere
il campo di gara: lo stadio "Simonetta Lamberti".
Qui, osservati da un'impressionante folla di Cavesi
e di turisti, i concorrenti si cimentano, un gruppo
alla volta, in roboanti batterie di sparo davanti
ad una giuria di esperti che valuta la velocità
di caricamento, la precisione e lo stile dei concorrenti
secondo un rigoroso e dettagliato regolamento. Alla
fine della Disfida vengono consegnati i premi "Città
Fedelissima" e, soprattutto, la leggendaria Pergamena
Bianca, che il Casale vincente conserverà fino
all'edizione successiva.
ECONOMIA
Come ricordato, Cava è una cittadina dedita
principalmente al commercio: molti sono i negozi di
qualità (specialmente vestiario) sotto i porticati
del Centro Storico. Fino agli anni ottanta del secolo
scorso, la città (e specialmente le frazioni)
aveva una vocazione prevalentemente agricola: il clima
mite della vallata favoriva i raccolti, e si coltivavano
in particolare legumi, broccoli e lattuga. Altrettanto
diffusi erano i frutteti e i vigneti. Negli appezzamenti
familiari di terreno si coltivava il tabacco, il granturco
e la verdura necessaria per il sostentamento. Il surplus
veniva venduto al mercato locale od ai fruttivendoli
vietresi, che pagavano meglio. Altrettanto ridotto
è l'allevamento: solo in alcune frazioni rurali
resiste l'usanza di mantenere uno o due capi di maiali
o bovini per il sostentamento, o del pollame, quando
fino a meno di 10 anni fa avere un animale del genere
era consuetudine e non di rado si poteva vedere a
passeggio per le strade il proprietario di un verro
o di un toro disposto a prestare il proprio animale
per la monta in cambio di qualche soldo. Caratteristica
della località Contrapone era la presenza di
un pastore con un gregge di capre e pecore, che tuttavia
è deceduto nel 2005. Abbastanza diffusa è
l'attività del taglio di legname. La vallata
abbonda soprattutto di acacie (in dialetto i' pungient)
e castagni: oltre alla legna da ardere, dai tronchi
si ricava anche il carbone, tramite la tecnica del
catuozzo. A Cava, al confine con Nocera Superiore,
è attiva una zona industriale nella quale sono
presenti impianti per la lavorazione di alimentari
(specialmente per quanto riguarda l'inscatolamento
dei cibi), meccanici, tessili, del mobile e del tabacco
stesso. Cava, inoltre, assieme con Vietri sul Mare,
vanta una lunga tradizione della lavorazione della
ceramica.
GASTRONOMIA
Quella di Cava è la tipica cucina mediterranea:
antipasti "di mare" (in virtù della
vicinanza alla costiera amalfitana, anche se è
da precisare che Cava non è lambita dal mare),
sapidi primi piatti e stuzzicanti pietanze spesso
rese piccanti dal peperoncino (u' pupàine),
il tutto innaffiato dai robusti vini locali. Tra le
raffinatezze tipiche c'è la pastiera di maccheroni,
che può essere rustica o dolce. Gli ingredienti
della pastiera rustica sono: spaghetti, uova frullate,
formaggio, mozzarella di bufala e salame.
La pastiera dolce, invece, è fatta di spaghetti,
uova frullate, zucchero, cannella, latte e frutta
candita.
Per Pasqua si è soliti servire in tavola a
fine pasto la pizza di grano, un dolce casalingo confezionato
con chicchi di grano cotti, latte, limone, scorza
dicedro candita, ricotta dolce, buccia d'arancia:
gli ingredienti veno amalgamati ben bene e poi versati
in una teglia ricoperta di sfoglia che va infornata.
È importante che l'impasto del ripieno non
sia troppo cremoso, poiché al momento d'infornare
si ricopre la torta con strisce di sfoglia da disporre
a rete, le quali affonderebbero nel ripieno se questo
fosse troppo liquido.
Un'altra ricetta tipica sono le melanzane alla cioccolata,
che si preparano indorando e friggendo fettine di
melanzane, già ricoperte di formaggio e farina.
Altro fragrante piatto cavese con lo stesso ingrediente
principale è la parmigiana di melanzane, guarnita
di mozzarella di bufala, pane raffermo, uova, basilico
e aglio, il tutto disposto a strati, infornato e tagliato
a fette a mo' di torta.
Piatto tipico che si prepara in occasione delle varie
sagre e manifestazioni estive ed autunnali (fra cui
la Festa di Monte Castello) è invece il Pan
e mév'z, vale a dire il pane con fette di milza
bovina precedentemente cotta in aceto e farcita con
abbondanti menta e peperoncino.