Cava de' Tirreni
Campania

Cava de' Tirreni è una città in provincia di Salerno, seconda per popolazione dopo il capoluogo. La città di Cava de' Tirreni sorge a ridosso del Mar Tirreno, a 5 km nell'entroterra di spalle alla Costiera Amalfitana, rappresentandone in pratica la porta nord. L'abitato centrale si sviluppa nella vallata formata dai Monti Lattari ad ovest (che la separano appunto dalla Costiera) ed i Monti Picentini ad est. Ciononostante, le colline che la circondano in ogni direzione si rivelano amene località di residenza per molti dei cittadini. Essa confina a nord con i Comuni di Nocera Superiore, Roccapiemonte e Mercato San Severino, ad est con quelli di Baronissi, Pellezzano e Salerno, a sud con Vietri sul Mare e Maiori, ad ovest con Tramonti. La città funge da cerniera tra l'area geografica dell'agro nocerino sarnese (morfologia pianeggiante ed economia agricola e industriale) e quella della penisola sorrentina-amalfitana (morfologia montuosa ed economia di tipo turistica). La vallata di Cava de' Tirreni (198 mt sul mare ca.) separa, dunque, due gruppi montuosi: ad est Monti Picentini, prevalentemente dolomitici, (M.te Caruso, M.te Sant'Adiutore, M.te Castello, M.te Stella, M.te San Liberatore e Colle Croce); ad ovest Monti Lattari, prevalentemente carbonatici (M.te Finestra, M.te Sant'Angelo, M.te San Marino e M.te Crocella). La cima più alta è costituita da Monte Finestra. Il clima è tipicamente mediterraneo, caratterizzato da inverni miti ed estati con piogge scarse: le caratteristiche orografiche del territorio (come si è detto in precedenza, Cava è chiusa fra i Picentini ed i Lattari) fanno però sì che la città, seppur protetta dai venti per mezzo dei monti che la circondano, sia colpita leggermente più frequentemente da piogge rispetto alla vicina costa.

FRAZIONI
Castagneto: La località deve il suo nome ai numerosi castagneti nei pressi dell'abitato, e sorge sulla strada che da Cava porta a Dragonea.
Croce: Sorge in collina, vicino all'omonima frazione di Salerno (sulla strada verso il Castello Arechi), ed al bivio con la strada per Pellezzano.
Pianesi: Vi si trovano la chiesetta di San Gabriele ai Pianesi,la maestosa e gloriosa Villa Rende in fase di ricostruzione, e un monumento dedicato a padre Pio.
Pregiato: Frazione situata ad est del centro abitato, oltre la ferrovia, conosciuta localmente per la lavorazione del tabacco.
San Giuseppe al Pozzo: Popolosa frazione situata sulla SS18, è situata vicino al confine comunale con Nocera Superiore ed allo svincolo autostradale cavese.
Santa Lucia: Maggiore frazione comunale per popolosità, situata alle pendici del parco del monte Diecimari.
Santa Maria del Rovo: Frazione situata a nord-est di Cava, in essa sorge una chiesetta omonima del 1830.

DA VEDERE
Monte Castello: il castello medievale, sede di un'antica fortezza ed indiscusso protagonista di una delle più celebrate feste cittadine, domina la vallata di Cava de' Tirreni.
Parco Naturale Diecimare: il Parco Diecimare, in gestione ai comuni di Cava de' Tirreni, Baronissi, Mercato San Severino ed al WWF, si estende per 444 ettari, includendo i rilievi di Monte Caruso, di Forcella della Cava (852 m s.l.m.), parzialmente di Poggio e Monte Cuculo e il Montagnone. Geologicamente il Parco può essere diviso in due aree: Monte Caruso (calcari) e Forcella della Cava (dolomie e calcari dolomitici).
Centro storico di Cava: il borgo originario, nucleo della città di Cava, caratterizzato dai portici che ancora oggi si snodano lungo tutto il corso, accompagnando lo shopping cittadino e la vita notturna.
I villaggi: circondata da colline, Cava è ricca di frazioni che sono ancora oggi un simbolo di conciliazione tra opere umane e natura. Oltre ad offrire panorami mozzafiato, come lo scorcio del Mar Tirreno lungo le forme di San Liberatore ed addirittura, in lontananza, il Golfo di Napoli dal Parco Diecimare, esse si rivelano ottimi luoghi dove passeggiare, correre e dedicare un po' di tempo al puro relax.
Itinerari d'ambiente: comode strade collegano Cava de' Tirreni ai villaggi ed ai casali della Valle Metelliana offrendo in tal modo occasione per escursioni naturalistiche. Tonificanti passeggiate a piedi vengono organizzate nel corso dell'anno, raggiungendo la Valle di S. Liberatore, il piccolo villaggio di Croce, l'Annunziata, S. Maria a Toro, la Pineta "La serra", Arco, Borrello, Campitello, S. Anna, l'eremo di San Martino, le Grotte del Bonea, l'eremo dell'Avvocata (che domina Maiori e la Costiera Amalfitana).
Villa Comunale: la villa adiacente al municipio è un polmone nel cuore della città, luogo di ritrovo e svago per cittadini e turisti. Borgo Scacciaventi: le superbe facciate delle residenze storiche quattrocentesche e settecentesche, sulle quali è possibile leggere inconfondibili tratti di barocco e architetture durazzesche e tardocatalane, conferiscono al Borgo Scacciaventi quella nobiltà ed importanza politica, storica, culturale ed economica che la città ebbe dal 1400 in avanti. In più esso è sede del commercio e dell'artigianato di giorno e di nights, pubs, american bars e ristoranti di notte.
Badia della Santissima Trinità: essa è il simbolo stesso di Cava, il suo maggior monumento e gloria. Sorge alle pendici del Monte Finestra, sotto l'immensa cava arsicia, e fu fondata nel 1011 da S. Alferio Pappacarbone, che ne fu anche primo abate. L'attuale facciata risale alla seconda metà del '700. La Cupola, il Coro e la Traversa furono affrescati nell'800 da Vincenzo Morani. Di notevole interesse: l'Ambone con mosaico del XII secolo; i due bassorilievi rinascimentali raffiguranti S. Matteo e S. Felicita; l'Altare seicentesco in marmi policromi della Cappella del Sacramento; la Grotta di S. Alferio con l'urna che ne custodisce le reliquie e resti di affreschi parietali del XIV sec.; la Sagrestia, cui si accede da un portale rinascimentale, arredata con stigli del '700; il Chiostro Romanico (XIII sec.), ornato da sarcofaghi di epoca romana; la vasta sala adibita a Museo; la Biblioteca, che custodisce più di 50.000 volumi, con numerosissimi incunaboli ed importantissime edizioni cinquecentine; l'Archivio, che contiene preziosi codici e manoscritti, più di 15.000 pergamene e una considerevole quantità di documenti. Il testo integrale dei documenti datati dal 792 al 1065 è pubblicato nei volumi del Codex Diplomaticus Cavensis.
Palazzo di Città di Cava de' Tirreni (ex Teatro G. Verdi): il progetto del teatro di Cava fu elaborato dall'architetto Lorenzo Gelanzé poco dopo l'abbattimento del precedente teatro, avvenuto nell'aprile 1860. A causa di stime sbagliate sul costo dell'opera, il costruttore dell'epoca, il Sig. Andrea Maddaloni di Napoli, bloccò i lavori e, nonostante dal lato giuridico i cavesi avevano ragione, motivi umani e morali militavano a favore dell'appaltatore, il quale aveva già speso il doppio dei 10.822,60 Ducati (45.994,90 Lire) che sarebbe dovuta costare l'opera. Fu così che la Corte d'Appello di Napoli, al contrario del Tribunale di Salerno, diede ragione al costruttore e, solo dopo anni di immobilità, il 26 ottobre 1875, l'architetto Fausto Niccolini presentò un nuovo progetto con un preventivo di Lire 52.956 ed i lavori furono ultimati il 2 ottobre 1878. La denominazione di "Teatro Municipale" che splendette sul frontone nel giorno dell'inaugurazione, avvenuta nel 1879, fu mutata in Teatro Verdi alla morte del grande musicista, nel 1901. Poi le cose peggiorarono: al "Verdi" per vari anni toccò la sorte dello stivale di Giuseppe Giusti, e per poco non divenne bivacco degli squadristi, quando fu concesso al Fascio locale per esercitazioni. Ultima degradazione: il freddo lenzuolo del cinema muto al posto del pittoresco sipario. Dopo alcuni anni esso fu trasformato nella nuova sede del Comune.
Duomo di Cava de' Tirreni: nel 1517 iniziò la costruzione del Duomo, che fu aperto nel 1571. Gravemente danneggiato dal sisma del 1980, è stato riconsegnato alla cittadinanza negli ultimi anni.
Castrum S. Adjutoris - Castello di S. Adiutore: l'importanza strategica della collina su cui sorge il castello, posta a cavallo delle due strade che conducevano a Salerno, non sfuggì ai Principi Longobardi, i quali, perciò, vi edificarono una fortezza, che dovette essere un bell'esemplare di architettura militare nella quale i discendenti di Alboino si distinsero. Per renderla più efficiente, la fecero caposaldo di una serie di torri, terrapieni e mura che, attraversando la Serra, Borrello e Campitello, si attestava ad Arco, per dove passava la "via Maggiore". Questo schieramento difensivo fu prima denominato "Castrum Salerno", poi "Castrum Sancti Adiutoris", dal Santo che aveva dato il nome alla plaga circostante. Ma fin dal 1500 prevalse il termine generico di "Castello". L'aggirarsi della flotta turca per il Tirreno mise in stato di emergenza il Viceré di Napoli, il quale fu notificato ai paesi costieri, e a "La Cava", con i consueti richiami alla fedeltà e allo spirito guerriero dei Cavesi. "Che lo Sindaco facza conzare le porte del Castello e del Corpo di Cava, del che se ne da piso al Corpo de la Cava Messere Antonio Longo et al Castello Messer Antonio De Falco". Incerta è la data di nascita del Castello, ma essa fu anteriore al Mille, essendo menzionato nei noti diplomi di donazioni alla Badia del 1035 e del 1058. Quale importanza acquistasse il caposaldo con le sue propaggini lo prova il fatto che il diploma di Gisulfo, col quale tutto il territorio della valle metelliana veniva concesso in feudo al Monastero della SS. Trinità, faceva eccezione della fortezza di S. Adiutore: excepta fortelitia dicti castri. Ovviamente il Principe lo volle conservare nella sua dipendenza per la difesa della strada principale che conduceva a Salerno ed anche perché la zona costituiva un'importante posizione militare. Infatti, la rocca fece buona guardia e portò un contributo non indifferente a quel periodo di pace e di sicurezza di cui godette il travagliato Principato, in seguito alla Battaglia di Garigliano del 912, com la quale perdettero di virulenza o cessarono le incursioni dei Saraceni. Degna di ricordo è poi la partecipazione valida ed efficace alla guerra combattuta, nel 1527, fra Carlo V e la Lega Papa-Veneziani-Francesi. Quando il Capo della Lega, Valdemont, sbarcato a Salerno, tentò di passare per Cava per andare a Napoli, che era sguarnita di forze essendo assente Carlo V, i cannoni del Castello e i 500 archibugi cavesi impedirono il passaggio. Poi i Cavesi rioccuparono Salerno. Questo aiuto fu ricordato a Carlo V con queste parole: "Cum, anno praeterito 1527, hostes Vestrae Caesareae Maiestatis, navali expeditione Civitatem Salerni, invaserunt, homines et cives ipsi viriliter pugnaverunt, morte et vulneribus multorum, quod fuit causa ne hostes procederent". Il Castello, erroneamente ritenuto caposaldo dell'artiglieria tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, venne raso al suolo dal lancio di bombe da parte di cacciabombardieri anglo-americani. Dal Castello, ogni estate, avviene un eccezionale spettacolo pirotecnico con cui si chiudono i festeggiamenti in ricordo del miracolo che, nel 1656, salvò Cava dalla peste.
Santa Maria del Quadruviale: chiamata così perché situata nei pressi di un quadrivio. La cinquecentesca facciata e il campanile a sei ordini con il cupolino ricoperto di maiolica, arricchito di elementi scultorei, rappresentano un valido esempio di quell'architettura rinascimentale, opera dei noti mastri muratori de "La Cava". Edificata intorno al 1383, prese la forma attuale alla fine del '500. Attiguo è l'oratorio dell'omonima congregazione con stalli lignei e soffitto finemente dipinto. Nei locali sottostanti vi era anche un ospizio per i pellegrini, poiché nei pressi passava l'importante Via Maggiore. Ancora oggi possiamo ripercorrere tratti di quell'antica strada, se vogliamo raggiungere da qui Salerno valicando i monti.
San Pietro: la chiesa, dedicata agli Apostoli Pietro e Paolo, detta comunemente di San Pietro a Siepi, risale all'XI secolo ed è tra le più importanti e meglio conservate. Rifatta nel '700, presenta nella facciata lineare un portale del 1710 con affreschi laterali. All'interno si ammira un soffitto a cassettoni, risalente al XVIII secolo, e, nella cappella a destra dell'altare maggiore, un Crocifisso datato 1689, realizzato dallo scultore Giacomo Colombo. Nelle cappelle laterali si notano alcune sculture e vari stemmi gentilizi; nella sacrestia si conservano bassorilievi in marmo di pregevole fattura, opera, nel XVI secolo, dello scultore cavese Ambrogio della Monica; nelle stanze attigue un museo contiene opere di grande pregio.
Chiesa e Convento di S. Francesco e S. Antonio: fondati nel 1544 conserva 22 manoscritti (4 codici miniati e 18 corali), 15.000 volumi ed opuscoli (4 incunaboli, 320) 106 periodici. La chiesa, un tempo dedicata a Santa Maria di Gesù e oggi a San Francesco d'Assisi e Sant'Antonio di Padova, ha subito più volte danni, causati da vari eventi bellici e naturali. Il terremoto del 1980 l'ha quasi rasa al suolo: si sono salvati la facciata assieme al bel campanile del 1571, forse di Pignoloso Cafaro, che sfiora i 36 metri di altezza (fino al 1694, quando li perse a causa di un altro sisma, aveva altri due ordini); la zona del transetto e la sacrestia. Quest'ultima è stata affrescata probabilmente da un pittore della bottega del Corenzio, ai primi del Seicento. Il transetto è ricco di decorazioni: vi sono i resti di affreschi di Francesco Autoriello del 1862; un altare marmoreo del XVIII secolo; varie opere scultoree di ottima fattura; un coro ligneo del 1534 opera di Giovan Marino Vitale; un potente organo del 1960 da poco riattivato. Nella zona ancora semidistrutta si conserva il monumento funebre del 1668 del generale Pietro Carola; sulla facciata principale, invece, si possono ammirare ancora il portale e i battenti lignei del 1528, realizzati da Giovan Marino Vitale e Marcantonio Ferrari. I francescani, quando accettarono nel 1450 la donazione del suolo dove, a partire dal 1942, furono eretti la chiesa e il convento, mostrarono un notevole acume nella scelta di un luogo con buone prospettive di sviluppo: il loro Ordine si insediava spesso in zone destinate ad una futura espansione. Nel XVI secolo essi ospitarono riunioni del parlamento comunale e, non a caso, chiesa e convento erano tra gli ambienti più amati e abbondavano di stemmi della città: vi era perfino la tradizione che il sindaco e gli eletti si riunissero lì per la prima volta la domenica delle Palme e ottenessero una solenne benedizione. Il nuovo convento, progettato dall'ingegner Giuseppe Salsano nel 1931, ospita l'allestimento di un celebre presepio ed è dotato di ambienti adibiti a biblioteca con antichi volumi e preziose opere d'arte, tra le quali spiccano quelle attribuite ad Andrea Sabatini e Michelangelo Naccherino e un dipinto di grandi dimensioni di Giuseppe Guerra, allievo del Solimena, che raffigura l'Ultima Cena. Il santuario è in rapida ricostruzione da alcuni anni.

APPUNTAMENTI

Festa di Montecastello
Una delle più importanti manifestazioni religiose e folkloristiche della città di Cava de' Tirreni, e sicuramente fra le più sentite, è la "Festa di Montecastello". Essa ha luogo ogni anno dal lontano 1656, anno in cui la città e la popolazione cavese furono devastate da una cruenta pestilenza. I parroci della frazione Annunziata, nell'ottava del Corpus Domini, organizzarono con i fedeli, ormai in ginocchio, una processione dalla chiesa fin sul Monte Castello, collina che sovrasta la vallata metelliana, dal quale invocarono la benedizione di Dio sulla città e sui cavesi. L'epidemia finì ed i cavesi, devoti, di anno in anno, nei secoli, rinnovano la processione in segno di gratitudine per la grazia ricevuta. Uno dei principali simboli della Festa di Montecastello è costituito dal pistone: un'arma del XVI secolo (conosciuta anche come archibugio). L'arma, nei secoli, ha perso la sua identità come strumento di guerra diventando invece strumento di "gioia": i cavesi sono soliti esplodere colpi a salve dal Monte Castello per celebrare la Festa e la cessazione della pestilenza. Accanto all'aspetto religioso, nel corso degli anni, la festa si è arricchita di avvenimenti folkloristici: in quest'ottica sono nati i gruppi pistonieri (o anche trombonieri) ed i gruppi sbandieratori, che con le loro divise d'epoca ed i giochi di bandiera rallegrano le giornate della Festa. Un altro appuntamento fisso della Festa è rappresentato dalla rievocazione storica della tragica pestilenza in costumi d'epoca. Le celebrazioni sono concluse ogni anno con un grandioso spettacolo pirotecnico dal Monte Castello, tanto caro ai cavesi da far accrescere il valore di una casa per il solo fatto di avere la giusta esposizione verso il Monte. Non ultimo, l'aspetto culinario con alcuni piatti tipici che le famiglie cavesi sono solite consumare durante la Festa: milza, soppressata, melanzane con la cioccolata, pastiera di maccheroni (la frittata di pasta napoletana) e, naturalmente, buon vino.

Disfida dei Trombonieri
Ogni anno ai primi di luglio, viene ricordata la storia con una manifestazione folkloristica in costume d'epoca ed una competizione Storica si tiene in rievocazione della battaglia di Sarno. Era il caldo pomeriggio del 6 luglio 1460 quando le campane delle cinquanta chiese della Città de la Cava chiamarono a raccolta i cittadini cavesi. Qualcosa di clamoroso era successo: Re Ferrante I d'Aragona era sceso in battaglia nella valle di Sarno, contro l'esercito di Giovanni d'Angiò, ivi schierato, ma una manovra sbagliata stava per compromettere la vita ed il regno del giovane sovrano. Il Sindaco Universale di Cava, Onofrio Scannapieco, da Dupino, non disponendo di una milizia permanente, che potesse rendere soccorso al Re, chiamò a raccolta l'intero popolo cavese. Dalla moltitudine furono scelti cinquecento uomini tra i più validi e i più animosi, capaci di affrontare l'assalto. I cavesi guidati dai Regi Capitani Giovanniello Grimaldi, Giosuè e Marino Longo, Matteo Stendardo e Bernardo Quaranta, dopo una marcia di 18 km per raggiungere Sarno, sfruttando le tenebre della notte e la sorpresa, si incunearono nello schieramento nemico al grido "Aragona, Aragona", creando scompiglio tra gli assedianti Angioini e creando un corridoio di fuga per il Re che si riparò a Napoli nel Castel Nuovo. Il 4 settembre 1460 Onofrio Scannapieco, chiamato dal Re Ferrante alla corte di Napoli, ritirò quale segno di gratitudine, la Pergamena Bianca. Con essa l'Università de la Cava avrebbe potuto richiedere ogni enere di concessione sovrana. Poiche nulla venne richiesto il 22 settembre 1460 il Re Ferrante "motu propio" concesse allo popolo cavajuolo cospique guarentigie, quale l'esenzione dal pagamento, in tutto il reame, di ogni tipo di gabella, sia nel vendere che nell'acquistare, oltre il pregio di integrare con le armi Aragonesi (due barre rosse e due gialle intervallate) lo stemma della città e la sovrapposizionne allo stesso della corona regale. La pergamena bianca, rimasta immacolata, tale si conserva negli archivi del Palazzo di Città di Cava de Tirreni. La rievocazione prevede che gli 8 distretti della città si sfidino a suon di tromboni (archibugi dalla canna più corta e svasata all’estremità in modo da somigliare ad una tromba) in quella che viene denominata "La Disfida dei Trombonieri", assegnata nel 2005 (31a edizione) e nel 2006 (32a edizione) alla contrada Sant'Anna all'Uliveto. I trombonieri sfilano, nelle loro imponenti uniformi, in un corteo che si snoda per il centro storico della città, accompagnati dagli abilissimi sbandieratori (tra i più noti ed esperti del mondo), per poi raggiungere il campo di gara: lo stadio "Simonetta Lamberti". Qui, osservati da un'impressionante folla di Cavesi e di turisti, i concorrenti si cimentano, un gruppo alla volta, in roboanti batterie di sparo davanti ad una giuria di esperti che valuta la velocità di caricamento, la precisione e lo stile dei concorrenti secondo un rigoroso e dettagliato regolamento. Alla fine della Disfida vengono consegnati i premi "Città Fedelissima" e, soprattutto, la leggendaria Pergamena Bianca, che il Casale vincente conserverà fino all'edizione successiva.

ECONOMIA
Come ricordato, Cava è una cittadina dedita principalmente al commercio: molti sono i negozi di qualità (specialmente vestiario) sotto i porticati del Centro Storico. Fino agli anni ottanta del secolo scorso, la città (e specialmente le frazioni) aveva una vocazione prevalentemente agricola: il clima mite della vallata favoriva i raccolti, e si coltivavano in particolare legumi, broccoli e lattuga. Altrettanto diffusi erano i frutteti e i vigneti. Negli appezzamenti familiari di terreno si coltivava il tabacco, il granturco e la verdura necessaria per il sostentamento. Il surplus veniva venduto al mercato locale od ai fruttivendoli vietresi, che pagavano meglio. Altrettanto ridotto è l'allevamento: solo in alcune frazioni rurali resiste l'usanza di mantenere uno o due capi di maiali o bovini per il sostentamento, o del pollame, quando fino a meno di 10 anni fa avere un animale del genere era consuetudine e non di rado si poteva vedere a passeggio per le strade il proprietario di un verro o di un toro disposto a prestare il proprio animale per la monta in cambio di qualche soldo. Caratteristica della località Contrapone era la presenza di un pastore con un gregge di capre e pecore, che tuttavia è deceduto nel 2005. Abbastanza diffusa è l'attività del taglio di legname. La vallata abbonda soprattutto di acacie (in dialetto i' pungient) e castagni: oltre alla legna da ardere, dai tronchi si ricava anche il carbone, tramite la tecnica del catuozzo. A Cava, al confine con Nocera Superiore, è attiva una zona industriale nella quale sono presenti impianti per la lavorazione di alimentari (specialmente per quanto riguarda l'inscatolamento dei cibi), meccanici, tessili, del mobile e del tabacco stesso. Cava, inoltre, assieme con Vietri sul Mare, vanta una lunga tradizione della lavorazione della ceramica.

GASTRONOMIA
Quella di Cava è la tipica cucina mediterranea: antipasti "di mare" (in virtù della vicinanza alla costiera amalfitana, anche se è da precisare che Cava non è lambita dal mare), sapidi primi piatti e stuzzicanti pietanze spesso rese piccanti dal peperoncino (u' pupàine), il tutto innaffiato dai robusti vini locali. Tra le raffinatezze tipiche c'è la pastiera di maccheroni, che può essere rustica o dolce. Gli ingredienti della pastiera rustica sono: spaghetti, uova frullate, formaggio, mozzarella di bufala e salame.
La pastiera dolce, invece, è fatta di spaghetti, uova frullate, zucchero, cannella, latte e frutta candita.
Per Pasqua si è soliti servire in tavola a fine pasto la pizza di grano, un dolce casalingo confezionato con chicchi di grano cotti, latte, limone, scorza dicedro candita, ricotta dolce, buccia d'arancia: gli ingredienti veno amalgamati ben bene e poi versati in una teglia ricoperta di sfoglia che va infornata. È importante che l'impasto del ripieno non sia troppo cremoso, poiché al momento d'infornare si ricopre la torta con strisce di sfoglia da disporre a rete, le quali affonderebbero nel ripieno se questo fosse troppo liquido.
Un'altra ricetta tipica sono le melanzane alla cioccolata, che si preparano indorando e friggendo fettine di melanzane, già ricoperte di formaggio e farina.
Altro fragrante piatto cavese con lo stesso ingrediente principale è la parmigiana di melanzane, guarnita di mozzarella di bufala, pane raffermo, uova, basilico e aglio, il tutto disposto a strati, infornato e tagliato a fette a mo' di torta.
Piatto tipico che si prepara in occasione delle varie sagre e manifestazioni estive ed autunnali (fra cui la Festa di Monte Castello) è invece il Pan e mév'z, vale a dire il pane con fette di milza bovina precedentemente cotta in aceto e farcita con abbondanti menta e peperoncino.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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LA SELVA AGRITURISMO - CAVA DE' TIRRENI - SA
MIKI HI-FI di Ruggiero Michele - Cava de' Tirreni - SA
ISTITUTO A. VOLTA PARITARIO - SALENNO (SA)
ALBERGO MIRAMARE - POSITANO (SA)
DOMENICO ROMAGNUOLO - MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA D.O.P. - SALERNO (SA)
HELEN DORON EARLY ENGLISH TEEN ENGLISH - NAPOLI
ASSOCIAZIONE TERMALISTI ISOLA DI ISCHIA