Conservatorio di Musica Domenico Cimarosa - Avellino (AV)

Atripalda

Comune campano, in provincia di Avellino, con più di undicimila abitanti. Sorge sul sito dell'antica Abellinum, sulle rive del fiume Sabato, nel centro della valle, sulla via Appia. Il territorio comunale confina con quello di Avellino. L'antica Abellinum sorgeva su una collina denominata ‘Civita', lungo la riva sinistra del fiume Sabato. Già sede di un insediamento all'epoca delle guerre sannitiche, alla quale risalirebbero le prime fortificazioni in opera quadrata, e sede probabilmente di una colonia in età graccana, il centro fu racchiuso nel I sec. a.C. da una cinta muraria in opera reticolata quasi integralmente conservata, preceduta da un ampio fossato. La sorte di Abellinum, la cui occupazione in età romana e tardo-antica, ancorchè interessata da eventi sismici e vulcanici, non conobbe sostanziali cesure, appare definitivamente segnata dalla scelta dei Longobardi di eleggere quale propria sede la vicina Avellino. L'attuale centro storico di Atripalada corrisponde alle necropoli urbane della città antica; in quella orientale (località Capo La Torre) si insediò un nucleo paleocristiano costituito da una grande basilica con annessa necropoli.

ETIMOLOGIA
In passato era identificato come Castellum Atropaldi in riferimento ad un nome germanico Atripald o Atrepald, da cui deriva anche il nome di un nobile longobardo proprietario della zona: Truppoaldo. Altre ipotesi più fantasiose raccontano che il nome derivi dal latino turris Baldi in memoria di una torre che un certo Baldo o Paldo eresse in epoca longobarda a difesa di Avellino, oppure da Atrio di Pallade in riferimento ad una palude o ad un luogo sacro, o da Tripaldo, zona limitrofa dove avvenivano uccisioni all'insaputa dei preti a cui era negato l'accesso.

MUSEI
Dogana d'Arte

EDIFICI RELIGIOSI
Conservatorio della Purità
Chiesa di Sant'Ippolisto
Chiesa dell'Arciconfraternita dell'Annunziata
Chiesa del Santissimo Rosario


DATI RIEPILOGATIVI

Popolazione Residente 11.146 (M 5.469, F 5.677)
Densità per Kmq: 1.306,7 (Censimento Istat 2001)
CAP 83042
Prefisso Telefonico 0825
Codice Istat 064006
Codice Catastale A489

Denominazione Abitanti atripaldesi
Santo Patrono San Sabino Vescovo
Festa Patronale 16 settembre
Numero Famiglie (2001) 3.673
Numero Abitazioni (2001) 4.261
Il Comune di Atripalda fa parte di:
Regione Agraria n. 8 - Colline di Avellino

Comuni Confinanti
Aiello del Sabato, Avellino, Cesinali, Manocalzati, San Potito Ultra, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico


APPROFONDIMENTO STORICO

Fu fondata, secondo ipotesi fantasiose di antichi scrittori, da Sabatio, pronipote di Noè, il quale dette il nome di Sabathia al primo insediamento umano che trovò vita lungo la vasta fascia di terra bagnata, ieri come oggi, dal corso fluviale del "Sabato", così denominato proprio in omaggio al discendente di Noé.[senza fonte]

I luoghi dove intorno all'anno mille sarebbe nato il primo nucleo di Atripalda avevano ospitato - sul pianoro tufaceo che da nord-ovest domina l'attuale centro abitato - Abellinum, un insediamento sannita, poi colonia romana sorta per volontà di Silla nell'82 a.C., poco dopo le riforme agrarie promosse dai Gracchi.

La comunità di Abellinum era prevalentemente formata da milites lassi - trapiantati da Silla tra le mura di Civita - i quali ripopolarono questo lembo di terra irpina dopo aver allontanato da essa i primi abitanti, cioè i "Sabatini" che vengono considerati i grandi antenati degli Atripaldesi.

Civita fu anche il rifugio di ex legionari dell'imperatore Augusto che, come racconta Plinio, sostenne l'annessione di Abellinum all'Apulia.

In epoca successiva - tra il 220 ed il 230 d.C. - giunsero nell'antica città di Silla i veterani dell'imperatore Alessandro Severo provenienti dall'Asia Minore.
In questo vorticoso avvicendamento di popoli e di tradizioni, non tutta la primitiva gente sabatina abbandonò la terra di origine: molti indigeni, nel corso dei decenni, furono inesorabilmente assorbiti dagli Abellinati dai quali appresero la lingua latina e con i qualiconobbero momenti di splendore e di grandezza.

Crisi economiche (III e IV secolo d.C), violenti terremoti (346 d.C.), disastrose eruzioni vulcaniche (476 d.C.), invasioni di territori nel corso della guerra tra Bizantini e Goti (535-555 d.C.) e la penetrazione sull'intero territorio della Penisola dei Longobardi a partire dalla Pasqua del 568 spinsero fuori dalla mura di Abellinum la colonia romana che si trasferì laddove oggi sorge Avellino.

Civita si spense dopo secoli di vita intensamente vissuti come testimoniano le scoperte archeologiche - resti di sepolcreto, di anfiteatro, di edifici termali, di strade - che si sono susseguite nel tempo nonostante che il cemento - croce e delizia dell'urbanistica moderna - abbia tentato di archiviare per sempre l'antichità nella lunga notte dell'oblio.
Mentre sulla sponda sinistra del "Sabato" l'Abellinum sillana si era ormai fisicamente esaurita, sulla sponda opposta un re longobardo, Troppualdo, riusciva ad ottenere il riconoscimento di autonomia per la popolazione sparsa nella zona, distaccandola amministrativamente dalla vicina Avellino longobarda.
Era l'atto di nascita di Atripalda.

Atripalda trae il nome dal re longobardo che nel corso del secolo XI edificò la sua fortezza in cima ad un'altura che sovrasta la cittadina irpina.
Le rovine di questo castello rammentano il più antico atto di galanteria in Italia: è lo storico-statista Pasquale Stanislao Mancini (1817-1888) che parla nel riferire dell'ospitalità accordata in una notte d'inverno del 1254 allo svevo re Manfredi, "biondo, bello e di gentile aspetto", dai signori del maniero Marino e Corrado Capece, fedeli agli Svevi.
Il giovane re, braccato dalle truppe papaline, abbandonò Napoli diretto verso il principato di Taranto.
I signori Capece, non temendo le rappresaglie del papato, aprirono i portoni del castello al re fuggiasco.
"Il buon re Manfredi - rievoca il Mancini - educato alla gentilezza, all'amore ed alla poesia, volendo retribuire di qualche insolito onore l'ospitale accoglienza ricevuta dai fratelli Capece, fattesi venire avanti le due loro giovani spose che erano di rarissima bellezza, volle che ai suoi fianchi sedessero e seco lui familiarmente desinassero".
Dell'evento molto interessante è la testimonianza dello storico svevo Nicolai de Yansilla, al seguito di re Manfredi.
"Il costume e la superbia delle corti - si legge in Historia di questo eccezionale "cronista" - obbligava in quei tempi i sovrani a sedere soli a pranzo, escludendo rigorosamente le donne, ritenute esseri inferiori, ma il re Manfredi volle che fosse spezzata questa barbara usanza dicendo: spezzerò io questa barbaria cominciando dal dì di oggi e il castello di Tripaldo serberà memoria di me".
Dello storico castello - che lo stesso re Manfredi, in virtù di quell'atto di galanteria, immaginava come "qualche cosa di sacro per le belle italiane" delle future generazioni - oggi non restano che pietre.

Atripalda nel corso dei secoli ha conosciuto il dominio di longobardi, svevi, angioini, aragonesi, francesi, spagnoli, saraceni, greci.

Nell'epoca feudale, la città della riva del "Sabato", siamo nel 1502, divenne dominio della regina Giovanna I d'Aragona, nipote del re spagnolo Ferdinando il Cattolico.

A distanza di dieci anni l'antica terra dei Sabatini fu ceduta per 25.000 ducati a don Alfonso Castriota, primo marchese di Atripalda dal 1513, discendente di Giorgio Castriota Scanderbeg, famoso eroe albanese nella guerra contro i Turchi.

Nel 1559, il "feudo Tripalda" passò nelle mani del nobile finanziere genovese Giacomo Pallavicini Basadonna che l'acquistò per 60.200 ducati.
Il governo del finanziere genovese servì a rafforzare l'innata vocazione al commercio degli abitanti della zona, i quali, già prima della venuta del Basadonna in questa regione dell'Irpinia, coltivavano con successo l'"arte del mercanteggiare" lungo le sponde del fiume "Sabato".
Un episodio, verificatosi nel 1560 e quindi all'epoca del Basadonna, sarebbe la dimostrazione di quanto forte sia stato l'influsso esercitato sulla popolazione residente dal nobile genovese in tema di finanze e di reperimento di risorse necessarie per la gestione del feudo: gli Atripaldesi, infatti, in quell'anno decisero di realizzare una strada "dentro la terra" per imporre il pagamento del pedaggio a quanti, per portarsi dai paesi limitrofi nel vicino capoluogo, cioè ad Avellino, dovevano attraversare il territorio di Atripalda.

Nel 1564, con rogito del notaio Bernardino Brusatori di Fermo, il Basadonna permutò il "feudo di Tripalda" con i feudi posseduti dal nobile casato di Domizio Caracciolo nel ducato di Milano, a Gallarate.

La cittadina irpina con i Caracciolo visse un periodo di grande splendore, dal 1564 fino al 1806, epoca in cui venne abolita la feudalità.

Nel ducato di Atripalda dopo Domizio, I° duca di Atripalda, della prestigiosa famiglia Caracciolo si susseguirono Marino I (1535-1591), cavaliere distintosi a Lepanto, Camillo (1563-1617), Marino II (1587-1630), Francesco Marino I (1631-1674), Marino III (1668-1720), Francesco Marino II (1688-1727), Marino Francesco I (1714-1781), Giovanni (1741-1800) e Marino Francesco II (1783-1844).

I Caracciolo, con una programmazione "rivoluzionaria", seppero incentivare le risorse dell'intera valle bagnata dal "Sabato".
Le filande, l'industria del ferro, la lavorazione della rame, della carta e della lana concorsero ad assicurare agli Atripaldesi un elevato tenore di vita - superiore a quello del vicino Capoluogo - tanto che in quel periodo non furono censiti "cittadini poveri" tra la popolazione.
Notevole impulso venne assicurato al mondo della cultura che conobbe, grazie al mecenatismo dei Caracciolo, l'Accademia degli Incerti.

Le origini di Atripalda affondano le radici anche nel sangue dei Martiri cristiani: lo Specus Martyrum, conservato all'interno della Chiesa Madre dedicata a S. Ippolisto e S. Sabino (patrono della città), è considerato uno dei maggiori monumenti dell'archeologia cristiana del Meridione.