Villa
San Giovanni è un comune in provincia di Reggio
Calabria. É il principale punto di traghettamento
per la Sicilia. Il 12 aprile 2005 il Presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito al Comune
di Villa San Giovanni il titolo di Città. L'abitato
di Villa San Giovanni è contiguo a sud, in
località Bolano, all'area urbana di Reggio
Calabria, confina a nord con il comune di Scilla,
in località Marina di San Gregorio, alla foce
del Torrente San Gregorio (38° 14' 45'' latitudine
nord), ad est confina con il comune di Campo Calabro,
infine ad ovest è delimitato dal mare dello
Stretto di Messina.
Punta Pezzo è il punto più vicino fra
la Calabria e la Sicilia.
IL
FENOMENO DELLA FATA MORGANA
A volte, di mattina presto, durante l'inverno, dopo
abbondanti pioggie e solo in particolari condizioni
di cielo sereno, si verifica il fenomeno della Fata
Morgana: le particelle d'acqua rimaste sospese nell'aria
dopo la pioggia creano come una gigantesca lente d'ingrandimento,
facendo così in modo che la costa siciliana
appaia distante da quella calabra solo poche centinaia
di metri, mentre in realtà distano ben 3 km.
Questo fenomeno si verifica solo sul litorale calabrese
guardando la costa siciliana e mai viceversa.
CHIESE
Già lungo il XVII secolo venne costruita una
chiesetta dedicata all'Immacolata Concezione, in cui
il vescovo mons. Ybañez, in visita nel 1692,
notò tre altari dedicati a San Martino, Sant'Antonio
e San Giovanni Battista. Dopo essere stata retta da
un economo dipendente dal parroco di Campo Calabro,
venne elevata a Parrocchia il 6 agosto 1789. La vecchia
chiesa venne completamente distrutta dal sisma del
1908 e per ben ventuno anni si dovette officiare in
una chiesa baracca, sino a quando la nuova chiesa
in stile normanno venne consacrata da mons. Pujia
l'8 dicembre 1929, festa dell'Immacolata Concezione.
Chiesa
di Maria SS.ma del Rosario
La più giovane delle parrocchie villesi, istituita
il 1 aprile 1971, è sempre stata retta da quella
data dai Padri Somaschi, adesso anche alla Parrocchia
dell'Immacolata ed a quella di Piale. La chiesa attuale
risale agli anni '60 del XX secolo. Probabilmente
già dalla fine del XVIII secolo esisteva presso
il quartiere Fontana Vecchia una chiesa dedicata alla
Madonna del Rosario.
Santuario
di Maria Santissima delle Grazie a Pezzo: vedere la
relativa sezione dell'articolo Pezzo.
Parrocchia
di Santa Croce a Piale : vedere l'articolo Piale.
Parrocchia
di Maria Santissima di Porto Salvo di Cannitello:
vedere la sezione specifica nell'articolo Cannitello.
Parrocchia
di Maria Santissima del Rosario a Ferrito: vedere
la sezione relativa a Ferrito nell'articolo Cannitello.
Parrocchia
dei Santi Cosma e Damiano ad Acciarello: vedere la
sezione di questo articolo specifica al quartiere
di Acciarello.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Quest'area (anticamente identificata come Cenidéo,
dal Capo Cenide) ha ricoperto un ruolo fondamentale
dal punto di vista economico, strategico e delle comunicazioni
per le popolazioni che si sono avvicendate nel dominio
del Mediterraneo sin dai tempi della guerra del Peloponneso
e di Dionigi il Vecchio. Infatti qui vi era il cosiddetto
Trajectum Siciliæ (in latino Passaggio per la
Sicilia) presso il sito dell'antica Colonna Reggina,
da dove si attraversava lo Stretto per raggiungere
la Sicilia. Un
centro abitato situato fra Pezzo e Cannitello, probabilmente
legato alla presenza del Poseidonio, è attestato
già in un periodo precedente alle guerre puniche
per servire i traffici, soprattutto romani, da e per
la Sicilia, specialmente il trasporto del grano per
la città di Roma. Durante la seconda guerra
punica il sito fu distrutto una prima volta intorno
al 214 a.C. dal generale cartaginese Annone. Successivamente
verso l'anno 36 a.C. fu di appoggio a Ottaviano nella
sua guerra contro Sesto Pompeo; riporta infatti Appiano
che qui il futuro imperatore si fermò, si fece
curare e fece stanziare le sue truppe.
L'insediamento ebbe fine probabilmente nel V secolo,
distrutto dalle popolazione barbariche giunte sino
allo Stretto per assediare Reggio, forse per opera
di Alarico, che nel 412 dopo aver preso Reggio tornò
indietro trovando la morte nei pressi di Cosenza.
Da questo momento in poi non si hanno più tracce
nella storia del sito.
Secondo diverse fonti storiche, negli anni immediatamente
successivi alla fine dell'Impero Romano d'Occidente
presso Pezzo sorse un nuovo centro, chiamato Cene.
Il centro abitato fu però abbandonato fra l'850
e l'870 a causa delle incursioni saracene. I suoi
abitanti fondarono Cenisio nell'entroterra pre-aspromontano,
città che lungo il medioevo cambierà
il suo nome in Fiumara di Muro o dei Mori, l'attuale
Fiumara. D'allora in poi il territorio compreso fra
Cannitello e Catona lungo la costa, sino a San Roberto
nell'entroterra, appartenne alla Signoria di Fiumara
di Muro.
Alla fine del '700 comiciò la decadenza di
Fiumara di Muro, finché nel 1806 la riforma
amministrativa attuata da Giuseppe Bonaparte soppresse
definitivamente le amministrazioni feudali, e tra
questi la Signoria di Fiumara. Intanto già
dalla fine del XVI secolo sulla costa cominciavano
a formarsi i primi piccoli centri, abitati per lo
più da marinai e pescatori, ed i principali
erano Cannitello e Pezzo, mentre più all'interno,
presso l'attuale Villa, vi era Fossa. Successivamente
si formarono anche Piale ed Acciarello. L'8 gennaio
1676 si combatté nelle acque dello Stretto
antistanti Punta Pezzo una battaglia navale fra navi
olandesi e francesi, con esito vittorioso per i secondi.
Probabilmente i cannoni rinvenuti a Pezzo nel 1902
possono essere fatti risalire a questa battaglia.
Nel Marzo dell'anno 1743 una nave genovese carica
di grano proveniente da Patrasso portò la peste
a Messina. Allora a Reggio il Consiglio sanitario
cittadino diede l'ordine a tutte le barche di non
avvicinarsi al porto di Messina e si insituirono dei
turni di guardia sulle coste. Il Consiglio sanitario
di Messina negava l'epidemia, per non interrompere
il commercio con il continente, ma sentite le notizie
allarmanti provenienti dalla città siciliana
i reggini non si fidarono e stabilirono che quattro
cittadini, due nobili e due civili, facessero la sorveglianza
anche sino a Fossa, la quale allora non contava più
di una settantina di abitanti e forse arrivava a duecento
con Pezzo e Acciarello. Lungo tutto il mese di Aprile
arrivavarono a Napoli notizie confuse sulla situazione
a Messina, sicché il governo non prese i provvedimenti
neccessari, mentre l'epidemia cresceva enormemente
in quella città. Nella situazione di isolamento
in cui si trovava Messina, molti marinai e padroni
cominciarono a contrabbandare in generi alimentari
e beni di prima necessità fra la sponda calabra
dello Stretto e Ganzirri e Torre Faro nel messinese,
portando sul continente anche molta roba infetta.
Fra questi vi erano i fratelli Pietro e Paolo Lombardo
di Fossa, originari di Fiumara. Si dice che la notte
del 10 giugno i siciliani, non avendo denaro abbastanza
sufficiente per pagarli, diedero loro un pastrano,
e Paolo Lombardo lo accettò e lo indossò.
Il cappotto era infettato, e presto i due fratelli
morirono a causa del morbo, seguiti nei giorni seguenti
dai loro parenti più stretti. Saputa la notizia
a Reggio, i due sindaci Giuseppe Genovese ed Antonio
Melissari vollero indagare sull'accaduto ed il neo-nominato
governatore Diego Ferri, descritto dalle fonti storiche
come pessimo uomo e governante, inviò due fra
i migliori medici reggini, Saverio Fucetola e Francesco
Marrari, a Fossa. La peste venne accertata dai due
specialisti, ma non si fermava il contrabbando illegale
con la Sicilia, praticato in realtà anche da
molte barche reggine, e la peste cominciò a
dilagarsi enormemente anche nel territorio reggino.
Il governatore Ferri ed i due sindaci allora fecero
di Fossa il capro espiatorio dell'epidemia e ordinarono
una spedizione contro il piccolo centro. La mattina
del 23 giugno partirono da Reggio circa 3200 uomini
pesantemente armati, dei quali 200 erano mercenari
svizzeri ed i restanti cittadini reggini, sotto la
guida di Diego Ferri. Inizialmente gli abitanti di
Fossa cercarono di resistere, ma dovettero cedere.
Tutti gli abitanti, compresi vecchi, donne e bambini,
furono costretti a denudarsi ed ad essere lavati con
olio e aceto. I reggini si facevano consegnare i vestiti
e tutti i beni e le ricchezze personali e costrinsero
gli abitanti a marciare nudi sino a Punta Pezzo. Allora
gli armati tornarono a Reggio ed il giorno seguente
con l'artiglieria bruciarono tutto l'abitato, con
le case, gli animali, le numerose quantità
di olio e vino, le barche, gli alberi, i canneti e
fu data alle fiamme persino la chiesa di Maria SS.ma
delle Grazie di Pezzo, dove si diceva che si fosse
rifugiato un appestato. I fossesi rimasero in miserevoli
condizioni presso la spiaggia di Pezzo per diversi
giorni, senza ricevere alcun aiuto. Il Ferri ordinò
a Carlo Ruffo, Duca di Bagnara e Signore di Fiumara
di Muro di provvedere lui, poiché i fossesi
erano ancora sotto la Signoria di Fiumara. Ma il Duca
non aveva neanche lui a cuore la loro sorte, e prima
fece finta di negare la peste e di mostrarsi irritato
per l'atto compiuto dai reggini contro i suoi vassalli,
poi scaricò questi oneri sull' Università
di Fiumara, promettendo il rimborso delle spese. Ma
furono inviati solo poche fave ed un bue, certamente
insufficienti per tutti gli abitanti. Solo il capitano
di una barca proveniente da Tropea che trasportava
cipolle ebbe compassione di loro, e gli offrì
il suo povero carico. Fra Fossa ed i centri vicini
morirono di peste circa ottanta persone, ed i reggini
pensavano di aver preservato la propria città
dal morbo, ma ai primi di Luglio questo arrivò
anche a Reggio, dove in un anno di epidemia vi furono
circa 5000 morti di peste, altri 500 circa morti di
fame e di stenti ed altri 500 condannati a morte dal
governatore Ferri. A Messina su 62.775 abitanti ne
rimasero appena 11.436, vale a dire che vi furono
51.319 morti. Gli aiuti del governo venivano assorbiti
da Reggio e da Messina, ed ai fossesi non arrivò
niente. Successivamente, il papa Benedetto XIV inviò
100.000 ducati per i paesi colpiti dalla peste, ma
anche questa volta a Fossa non toccò nulla
del denaro stanziato. Alla fine del XVIII secolo Rocco
Antonio Caracciolo, ricco proprietario terriero della
zona, staccando i casali di Fossa, Pezzo, Cannitello,
Piale e Acciarello dall'allora Università (un'istituzione
simile all'attuale comune) di Fiumara di Muro, grazie
a buoni uffici presso la corte dei Borboni di Napoli,
riuscì a dare unità politica ed amministrativa
a piccole comunità tra loro distanti e rivali,
chiamando il nuovo centro Fossa San Giovanni e poi
Villa San Giovanni, nuovo nome dato con decreto di
Ferdinando I di Borbone del 6 novembre 1791. Villa
aveva allora una popolazione di circa 1.200 abitanti.
La città fu devastata dal terremoto del 1783.
Nel 1797 i villesi riuscirono ad ottenere di poter
eleggere dei propri sindaci (che allora erano tre)
e possiamo datare all'anno successivo la nascita dell'
Università di Villa San Giovanni, corrisponde
all'attuale comune. Il 7 gennaio 1799 sbarcò
a Pezzo il cardinale Fabrizio Ruffo, iniziando da
lì la sua riconquista del Regno di Napoli,
e dall'8 febbraio molti volontari della zona cominciarono
ad unirsi all'esercito della Santa Fede a Pezzo stesso.
Nel 1807 Cannitello e Piale si staccarono da Villa,
formando comune a sé, con sede a Cannitello,
non riuscendo però a comprendere anche Pezzo,
che rimase all'interno di Villa. Nel 1810 Gioacchino
Murat, re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte,
per quattro mesi governò il regno dalle alture
di Piale. Egli, muovendosi da Napoli per la conquista
della Sicilia (dove si era rifugiato il re Ferdinando
I sotto la protezione degli inglesi, un esercito dei
quali era accampato presso Punta Faro a Messina),
giunse a Scilla il 3 giugno 1810 e vi restò
sino al 5 luglio, quando fu completato il grande accampamento
di Piale. Nel breve periodo di permanenza, Murat fece
costruire i tre forti di Torre Cavallo, Altafiumara
e Piale, quest'ultimo con torre telegrafica. Il 26
settembre dello stesso anno, constatando impresa difficile
la conquista della Sicilia, Murat dismise l'accampamento
di Piale e ripartì per la capitale. La presenza
francese nel territorio villese nel primo quindicennio
del XIX secolo fu un fattore negativo per la maggioranza
della popolazione e per l'economia locale. Infatti
il governo napoleonico imponeva continuamente spese
straordinarie ai comuni di Villa e Cannitello per
il mantenimento delle truppe lì stanziate,
le quali spesso danneggiavono le fiorenti attività
commerciali della città, come la filanda di
Rocco Antonio Caracciolo. In più, la vicinanza
di Villa alla costa siciliana la esponeva alle attività
belliche fra i francesi allogiati a Piale e gli inglesi
stanziati a Torre Faro.
Nonostante ciò, i napoleonici portarono pure
delle ottime novità, che furono poi mantenute
dopo la restaurazione borbonica, come le scuole pubbliche,
le poste, le banche ed il telegrafo. Durante la sua
presenza, Murat si preoccupò inoltre di sdradicare
il brigantaggio, presente nella zona, affidando tale
compito al generale Charles Antoine Manhès,
e riuscì in tale intento. Negli anni seguenti
la restaurazione borbonica continuò lo sviluppo
urbano di Villa, tanto che nel 1817 Rocco Antonio
Caracciolo curò la definitiva costruzione e
sistemazione del cimitero. Prima di allora i morti
venivano seppelliti nelle chiese o in determinati
fondi di campagna usati a tal fine.
Il governo in quegli anni scelse Villa come Sede della
posta centrale, nuovo servizio importato dai francesi,
poiché era questo il principale punto di traghettamento
per la Sicilia ed uno dei più importanti nodi
viari della provincia. Era già stata appaltata
la costruzione del grande edificio destinato ad ospitare
le Poste ed era già venuto a Villa il direttore
Ristori per ordinare gli uffici, quando la città
di Reggio Calabria si ribellò e pretese il
traferimento di tale ufficio a Reggio, ottenendolo.
Il grande palazzo fu poi venduto all'asta ai fratelli
Caminiti di Domenico Antonio, che erano allora maestri
di posta per Villa e dintorni.
Poi nel 1823 venne deciso che il primo vapore di Florio
dovesse fermarsi a Villa per prendere i passegeri
e la posta per Napoli, ma di nuovo i reggini si ribellarono,
ottenendo che il vapore si fermasse a Reggio, come
capoluogo di provincia.
In quegli anni era Intendente il principe Francesco
Ruffo, fratello del Cardinale Fabrizio Ruffo ed ultimo
Signore di Fiumara di Muro e delle Motte vicine. Egli
aveva avuto in passato un'aspra vertenza civile col
Comune di Villa circa dei terreni aspromontani ex
patrimonio feudale, denominati Foresta d'Aspromonte,
ma ugualmente stabilì nel 1823, senza volontà
di rivalsa nei confronti dei villesi, che tenesse
lezione a Villa due volte a settimana il maestro di
nautica Pietro Barbaro di Bagnara, poiché Villa,
Pezzo e Cannitello erano paesi di mare. Allora nella
sola Villa vi erano 323 marinai e 36 barche. Questo
fu un fatto importante per la marineria villese, che
così ebbe molti giovani istruiti nella difficile
arte della navigazione a vela.
Fra il 1823 ed il 1825 fu aperta la Strada Nazionale
(l'attuale SS18).
FRAZIONI
Acciarello
Il quartiere di Acciarello costituisce la parte più
meridionale dellabitato di Villa, ed è
prossimo alla località Bolano, che segna il
confine col comune di Reggio Calabria. Qui ha sede
la parrocchia dei Santi Cosma e Damiano ed una scuola
elementare, plesso del XXXVIII Circolo Didattico di
Villa. Nacque nel XVIII secolo e prese il nome dalla
famiglia degli Azzarello, profughi provenienti da
Messina per sfuggire all'epidemia di peste del 1742-1743.
Gli Azzarello acquistarono dei terreni a sud dell'abitato
e vi si stabilirono insieme ai propri lavoranti.
La
chiesa dei SS. Cosma e Damiano
Nel 1742 don Giuseppe Azzarello fu autorizzato dall'arcivescovo
ad erigere una chiesa intitolata ai Santi Cosma e
Damiano. La chiesa venne distrutta dal terremoto del
1783 e ricostruita nel 1811, fase a cui risale l'attuale
campanile. La chiesa, non ancora definitivamente ultimata,
venne riaperta al culto nel 1851 e nuovamente distrutta
dal terremoto del 1908.
In seguito alla successiva ricostruzione il campanile
ha attualmente un'altezza minore della chiesa stessa.
Questa subì ulteriori danni durante la seconda
guerra mondiale e subì quindi un'ulteriore
parziale ricostruzione. Negli ultimi anni è
stata oggetto di un importante restauro che ha interessato
l'interno del tempio, modificando radicalmente il
suo aspetto ed arricchendolo di pregevoli opere architettoniche.
Cannitello
La frazione di Cannitello è il limite settentrionale
del comune di Villa San Giovanni. Costituisce uno
dei più gradevoli e caratteristici borghi di
mare della Calabria. La località si sviluppa
interamente lungo la costa calabra dello Stretto ed
è uno dei pochi centri abitati con abitazioni
del lato mare che si affacciano direttamente sulla
spiaggia, dalla quale si gode di una vista unica che
spazia, nelle giornate di tempo sereno, da Capo Vaticano
alle Isole Eolie. Al censimento del 2001, l'abitato
con i centri circostanti conta 3.281 residenti.
Pezzo
Il quartiere di Pezzo si sviluppa lungo la costa dalla
fine dell'adiacente centro di Cannitello sino al porto
di Villa, che assicura i collegamenti con la Sicilia,
e sino al centro cittadino all'interno. Il suo fulcro
è l'omonima Punta Pezzo, il punto più
prossimo alla sponda siciliana dello Stretto di Messina,
dove si trova il nucleo più antico del quartiere
ed il Santuario di Maria Santissima delle Grazie.
Considerato sino ai primi anni '80 come una zona marginale,
essendo allora per lo più zona agricola ed
abitato da poche famiglie di pescatori, in pochi anni
si è velocemente espanso sino a raggiungere
il centro cittadino ed a divenire il quartiere più
popoloso di Villa. Il borgo nei dintorni della chiesa
mantiene ancora oggi il suo aspetto marinaro, con
le tante imbarcazioni da pesca ormeggiate lungo il
lungomare villese, da cui si ha una magnifica vista
sullo Stretto.
Piale
La frazione di Piale è contigua a Cannitello.
L'abitato si trova in posizione panoramica sullo Stretto
e si allunga verso sud su due costoni del torrente
Campanella, sulle colline che sovrastano Cannitello,
di fronte a Campo Calabro ed ai piani di Matiniti.
A Piale hanno sede una sede staccata della scuola
materna comunale, facente parte del XXXVIII Circolo
Didattico di Villa San Giovanni e la parrocchia di
Santa Croce.