Vibo
Valentia (già Monteleone di Calabria) è
un comune della Calabria, capoluogo dell'omonima provincia.
La posizione della città, adagiata sul dolce
pendio di un colle assume una grande importanza strategica
in ambito territoriale (vedi mappa satellitare). Importante
crocevia sin dai tempi dell'antica Grecia e dell'impero
romano, domina sia l'hinterland, sia la catena montuosa
delle Serre, sia la zona marittima con il suo porto
e le pregevoli stazioni turistiche. Crocevia di tutte
le arterie di comunicazione, dalla A3 SA-RC alla linea
ferroviaria ai collegamenti con l'aeroporto internazionale
di Lamezia Terme fino al porto del quartiere marina.
ETIMOLOGIA
Nel corso della sua millenaria storia Vibo Valentia
ha avuto differenti nomi, che corrispondono all'evoluzione
della città nelle epoche storiche:
- Veip o Veipone, insediamento pre-ellenico;
- Hipponion, nome della colonia greca;
- Vibona, Valentia, Vibo Valentia, nomi del periodo
romano;
- Monteleone di Calabria, dal periodo normanno-svevo
fino al 1927;
- Vibo Valentia, dal 1927 ad oggi.
ORIGINI
E CENNI STORICI
In principio fu un centro appartenente agli indigeni
pre-ellenici (Ausoni o Enotri) che la denominarono
Veip o Veipone (di significato incerto). In seguito,
a partire dalla seconda metà del VII secolo
a.C., fu colonia greca con il nome di Hipponion, sotto
il controllo della colonia madre Locri Epizefiri.
Nel 192 a.C. i romani vi insediarono una colonia chiamata
Valentia, come attestano le monete che, in quanto
importante colonia, poteva permettersi di coniare
e dell'epigrafe di Polla dove si parla della costruzione
della via Popilia. Successivamente, dall'89 a.C. quando
divenne municipio, Vibo Valentia fu il nome utilizzato
per indicare la città (Strabone, Plinio il
vecchio, ecc.). La città possedeva un ampio
territorio: in epoca greca la sua chora (territorio
in greco)era confinante con quella di Locri Epizephiri
(Thucid. 5,5,1). Secondo gli studi più recenti
il suo territorio doveva avere per confine a Nord
il torrente Lametos (ora Amato), a Sud Nicotera e
ad Est la catena montuosa delle Serre, ad ovest il
mar Tirreno; in epoca romana il confine dell'ager
Vibonensis (cosi come lo chiama Tito Livio) si era
spinto a Sud poco più in giù del fiume
Mesima (prendendo anche il posto di Medma, odierna
Rosarno, che da fiorente colonia Greca era ormai scomparsa
in epoca Romana).Durante il periodo romano, la costruzione
della Via Popilia interessò la città
che divenne un'importante stazione. Di grande importanza
per lo sviluppo della città fu anche il porto,
i cui resti sono in parte interrati e in parte sott'acqua
fra la località Trainiti e Bivona nel comune
di Vibo Valentia. Parlando di Vibo, Strabone riferisce
che essa possedeva un epineion, ossia un porto che
sorge ad una certa distanza dalla città da
cui dipende, che sarebbe stato rafforzato da Agatocle
tiranno di Siracusa, dopo averlo conquistato nel 294
a.C. Durante l'epoca romana, il porto divenne il principale
scalo di partenza, sul Tirreno, del legname della
Silva Bruttia per la costruzione delle navi del potente
esercito romano. Grazie alla sua importanza strategica
e politica, Vibo ebbe l'onore di ospitare Giulio Cesare,
Ottaviano e Cicerone, che la ricorda nelle sue lettere.
Dopo la fine dell'impero romano, i bizantini provvidero
a fortificarla, ma i saraceni, verso il X secolo,
la distrussero. Federico II di Svevia la ricostruì
e ne cambiò il nome in Monteleone di Calabria.
Fu una delle prime sedi episcopali, che Ruggero il
Normanno trasferì nella sua Mileto. Feudo dei
Caracciolo, passo nel 1501 nelle mani dei Pignatelli,
che diedero un forte e rinnovato impulso allo sviluppo
della città, creando filande, oleifici e favorendo
molte attività artiginali. Nell'ottocento i
francesi la elevarono a capoluogo della Calabria Ultra
e da allora fino a pochi decenni addietro fiorirono
tanti mestieri, il cui ricordo è nel nome di
strade (Via Forgiari, via Chitarrari, via Argentaria,
ecc.) e di istituzioni come il Real Collegio Vibonese
(l'ancora esistente Convitto Filangieri e il teatro
Comunale, demolito negli anni 60). Avvenimento più
importante degli ultimi anni, nel 1992, è stata
la proclamazione dell'omonima provincia, che ha dato
nuovo lustro alla città e l'ha resa ben più
conosciuta in tutto il paese. Nel 1993 con la realizzazione
di un solenne monumento, la città ha inteso
onorare la memoria di un altro suo illustre figlio,
Michele Morelli, grande patriota e martire del risorgimento.
Nel corso degli anni 90, su iniziativa del Kiwanis
Club della Città, Vibo Valentia dedica una
Piazza e un busto bronzeo al suo più importante
poeta: Vincenzo Ammirà. Il 3 luglio 2006 viene
duramente colpita da una alluvione che provoca la
morte di 4 cittadini ed ingenti danni economici all'industria,
al turismo ed ai beni dei privati. I danni maggiori
si registrano nelle località di Longobardi,
Vibo Marina e Bivona, investite da un'enorme e inverosimile
quantità di acqua mista a fango e detriti.
Non si esclude che la cattiva gestione dei canali
di deflusso delle acque e l'abusivismo edilizio abbiano
avuto un ruolo importante nella conta finale dei danni.
Gli interventi di sistemazione sono stati affidati
ad una speciale commissione presieduta dall'ingegnere
Pasquale Versace, docente di Idrologia e Progettazione
di Opere Idrauliche all'Università della Calabria.
VIBO
MARINA
Il quartiere periferico di Vibo Marina ha una popolazione
di circa 10.000 abitanti. Il suo territorio è
sede di una delle più significative aree industriali
presenti nella provincia, così come importante
risulta il suo porto, specializzato nella distribuzione
dei petroli e del cemento, nel commercio di prodotti
ittici e nel turismo (frequenti sono i collegamenti
con le Isole Eolie). Già nel III secolo a.C.
esisteva un porto romano costruito per opera di Agatocle,
tiranno di Siracusa. Tracce di questo insediamento
sono tutt'oggi riscontrabili nel territorio, così
come i resti di una villa romana. Vibo Marina in origine
era chiamata Porto Santa Venere e una leggenda narra
che il nome le fu dato da un pescatore del luogo che
scoprì sulla spiaggia la statua di Santa Venere.
Il suo nome venne poi modificato nell'attuale nel
1928. Il 3 luglio 2006 un'alluvione dovuta ad un eccezionale
nubifragio provoca ingenti danni all'industria, al
turismo ed ai privati. La maggior parte dei danni
si registrano nel quartiere Pennello. Lo straripamento
del torrente Sant'Anna e i torrenti formatisi in collina
hanno sommerso il paese e le località adiacenti
di fanghiglia superando in alcuni punti il metro.
In data 14 dicembre 2007 è stata presentata
presso il Consiglio regionale della Calabria una proposta
di legge per la costituzione del comune autonomo di
Porto Santa Venere, che dovrebbe comprendere le frazioni
di Vibo Marina, Bivona, Portosalvo, Longobardi e San
Pietro, con una popolazione di circa 10.000 abitanti
(progetto di legge n. 260/2007).
EDIFICI
STORICI
Castello Normanno-Svevo
Il castello sorge dov'era ubicata probabilmente l'Acropoli
di Hipponion. Fu edificato a metà circa dell'anno
mille da Ruggero il Normanno. Per la sua costruzione
furono utilizzati in prevalenza marteriali dei vicini
templi greci. Nel periodo Svevo fu restaurato da Matteo
Marcofaba ed ampliato da Carlo d'Angiò nel
1289. Fu rafforzato dagli Aragonesi nel XV sec. ed
infine rimaneggiato dai Pignatelli tra il XVI-XVII
sec, perdendo in parte le caratteristiche originarie.
Il secondo piano fu demolito di proposito, in quanto
pericolante, a causa dei danni riportati dopo il terremoto
del 1783. Il castello presenta oggi delle torri cilindriche,
una torre speronata ed una porta ad un'arcata di epoca
angioina. È oggi sede del museo statale.
Mura
di Hipponion
In località "Trappeto Vecchio" a
pochi passi dall'imponente cimitero, si trovano i
resti di una parte del tracciato delle mura di Hipponion
di circa 350 m. Queste erano lunghe in origine circa
7,5 km. Il tratto visitabile è stato messo
in luce dall'archeologo Paolo Orsi fra il 1916 e il
1921. Sono state riconosciute 5 fasi costruttive di
cui, a parte la prima del VI secolo a.C., tutte le
altre sono costruite con blocchi ciclopici squadrati
di arenaria e calcarenite. Delle ultime due fasi rimangono,
almeno in pianta 8 torri circolari. Qualcuna di esse
si è conservata oltre le fondamente,in particolare
una che raggiunge circa i 4 metri di altezza. Queste
torri dovevano essere alte in origine circa 10 metri.
EDIFICI
RELIGIOSI
Santa Maria Maggiore e San Leoluca (Duomo)
Edificata nel IX sec. sui resti di un'antica Basilica
Bizantina, è stata più volte restaurata
a causa di vari terremoti. Il suo impianto è
a croce latina con unica navata, ornata da affreschi
neoclassici ottocenteschi. Di grande pregio sono,
in particolare, l'Altare Maggiore in marmo policromo
settecentesco, da cui spicca una scultura cinquecentesca
a tutto tondo della Madonna della Neve, e un trittico
marmoreo rinascimentale, opera del Gagini, raffigaranti
la Madonna delle Grazie, San Giovanni Evangelista
e Santa Maria Maddalena.
Chiesa di Santa Ruba
Sorge a metà strada fra Vibo e uno dei paesi
satelliti della stessa(San Gregorio d'Ippona). Di
origini antichissime venne costruita attorno all'anno
1000 da Papa Callisto II, d'ispirazione orientale
presenta maestosa una superba cupola ed uno stile
accattivante nonostante le sue modeste dimensioni.
Chiesa del Rosario
Venne costruita nel 1337 nella locazione di un preesistente
teatro romano. La chiesa, in stile gotico, fu più
volte ricostruita in seguito a cataclismi come il
terremoto del 1783.
Chiesa del Carmine
Risalente al 600 venne ricostruita attorno al 1864
in forma circolare.
Chiesa di Santa Maria degli Angeli
Costruita tra il 1621 e il 1666, è curata dai
Padri Cappuccini fin dal 1866. Il pezzo di maggior
attrattiva della chiesa è, senza dubbio, il
Crocifisso ligneo detto "degli Angeli",
meta di migliaia di devoti che, per antica tradizione,
nei venerdì di marzo di ogni anno si recano
in pellegrinaggio.
Chiesa di San Michele
Costruita intorno al '400, fu ricostruita nel '500
su probabile disegno del Peruzzi, con campanile (caro
nei ricordi a Luigi Razza) a torre quadrata, con tre
ordini sovrapposti.
Chiesa dello Spirito Santo
Edificata nel 1579 si puo considerare la prima cattedrale
della città poiche nel 1613 Virgilio Cappone
sposto la sede vescovile da Mileto alla città
capoluogo. Conserva al suo interno una tela attribuita
a Teodoro Fiammingo oltre ad un'opera del celeberrimo
F.A. Curatoli.
Chiesa Santa Maria la Nova
Costruita nel 1521 con il nome di Santa Maria del
Gesù dal duca Ettore Pignatelli ne custodisce
il sarcofago. Si presenta attualmente con stili diversi
ed ha l'onore di ospitare al suo interno un marmo
del Gagini. Usata in periodo di guerra come deposito
militare fu restaurata e riaperta nel 1837 per volontà
di Enrico Gagliardi.
Chiesa di Santa Maria del Soccorso
Costruita originariamente attorno al 1632 venne rifatta
nel 1791 su disegni di Bernardo Morena.
La Madonnella
Antica sede dei Cappuccini; annualmente vi si celebra
il culto della Madonna del Buon Consiglio e di Sant'Anna.
MUSEI
Museo Archeologico Statale "Vito Capialbi"
Il museo archeologico statale fu fondato nel 1969
e dal 1995 è ubicato nelle sale del Castello
Normanno-Svevo. All'interno del museo è possibile
ammirare importanti reperti archeologici rinvenuti
in varie aree della città, soprattutto relativi
alle epoche greca e romana. Particolare attenzione
merita la laminetta aurea, la più completa
nel testo tra quelle rinvenute nella Magna Grecia,
che testimonia il culto orfico. Databile al V-VI sec.
a.C., è uan sorta di breviario per ottenere
la felicità nell'aldilà.
Museo dell'arte Sacra
Museo dei marchesi di Francia
Museo della tonnara
Museo della civiltà contadina
MANIFESTAZIONI
I riti della Pasqua
Durante il periodo pasquale, molte sono le tradizioni
popolari che vengono onorate con devozione dal popolo
vibonese. Il Mercoledì Santo viene celebrata
l'Opera Sacra, cioè la passione vivente di
Cristo. Il Giovedì Santo, le Chiese allestiscono
i "Sepolcri" (altare della reposizione),
che, dopo la Missa in Coena Domini, ricevono il pellegrinaggio
di migliaia di persone. La tradizione, in particolare,
vuole che se ne visitino in numero dispari. Il Venerdì
Santo, dalla Chiesa dei Rosario ha inizio la processione
dei "Vari": si tratta di statue che raffigurano
i vari momenti della Passione e della Morte di Cristo.
Molto suggestiva è la Processione dell'Addolorata,
il Venerdì notte: un'enorme massa di fedeli
accompagna per le strade cittadine la statua della
Madonna in un contesto di inverosimile silenzio. La
Domenica di Pasqua infine, ha luogo la cosiddetta
Affruntata: tra due ali di folla la Madonna Addolorata
e San Giovanni vanno alla ricerca del Cristo Risorto.
Il momento più suggestivo è dato dall'incontro
tra la Madonna e il Cristo Risorto: nell'attimo dell'incontro
infatti, alla statua della Madonna viene strappato
il velo nero, segno del lutto, per far spazio ad un
vestito azzurro e bianco, simbolo della festa della
Resurrezione. La tradizione vuole che, se il velo
nero rimane al suo posto, grandi sciagure attendono
la città. È per questo motivo che, la
comparsa del vestito azzurro e bianco viene salutata
con un lungo applauso liberatore.
Gruppo folk
La città fa fregio di un'importante gruppo
folkloristico, il"Gruppo folk città di
Vibo Valentia", il quale negli anni ha avuto
modo di partecipare numerose volte all' Europeade,
nelle capitali di mezza europa e ad altre manifestazioni
nazionali e internazionali.
Palio di Diana
Il Palio prevedeva la rappresentazione in costume
della storia di Diana e successivamente una gara tra
i sei rioni di Vibo Valentia (Affaccio, Borgonovo,
Cancello Rosso, Cerasarella, Terravecchia, Scrimbia)
che prevede il tiro alla fune, la rottura della pignatta
e la corsa dei sacchi. I giorni che precedono il palio,
fanno rivivere l'atmosfera tipica rinescimentale,
con botteghe artigiane e cortei di figuranti nobili
che sfilano lungo le vie della città. nell'ultima
giornata viene organizzato il torneo, una gara tra
cavalieriche devono infilare la loro lancia negli
anelli lungo un percorso da fare per ben sette volte.
Il vincitore del torneo libererà in volo sette
colombe e riceverà dalla ragazza che impersona
Diana il palio. A conclusione vi erano spettacoli
pirotecnici, giullari, giocolieri e saltimbanchi.
Sarebbe auspicabile il reintegro di tale tradizione.