Acri

Acri è un comune in provincia di Cosenza, ai piedi della Sila e montagna della Noce. Ad Acri si giunge dalla media valle del Crati, da percorrere in circa mezz'ora,la strada dopo un breve tratto pianeggiante, va in salita tra campagne coltivate con uliveti per raggiungere la vallata del Crati. La città si presenta estesa su tre colli; il borgo antico è Padìa con la torre civica detta (rocca dei bruzi) e la chiesa matrice di Santa Maria Maggiore), i quartieri di Picitti (quartiere dei greci) e Odivella si inerpicano fino alla cima dell'antico castello, fortezza posta a guardia della profonda valle dei fiumi Mucone e Chalamo. Il simbolo araldico della città di Acri, sono tre monti, sormontati da tre stelle, con la dicitura, "Acrae,Tri Vertex, Montis Fertilis, U.A. (Universitas Acrensis). La parte più consistente del territorio di Acri è dominata dalla Sila Greca. L'altra parte del territorio si restringe sui costoni della Presila e lungo tutta la vallata del Mucone e del Chàlamo,i maggiori affluenti del Crati. La città di Acri è situata a 720 m s.l.m., il suo territorio si estende per oltre 20.000 ettari, nel censimento del 1991 contava 23.190 abitanti, attualmente la sua popolazione di circa 22.989 abitanti.Il clima è caratterizzato da inverni abbastanza rigidi, con possibilità di precipitazioni a carattere nevoso, mentre le estati sono in genere calde e soleggiate. Il paesaggio presenta una grande quantità floreale e di essenze arboricole, e a pochi chilometri i boschi di castagno lasciano il posto alle foreste di pino silvestre , pino mugo e pino nero calabro e lungo le strade in primavera infiorescenze di ginestra italica, malva selvatica, e di erica. Il territorio è solcato da due fiumi maggiori: il Mucone e il Chalamo e quattro fiumi piu piccoli di una certa lunghezza: il Cieracò, il Duglia (fiume degli schiavi) affluente del Crati (km 51,59), il San Martino, il Coriglianeto che sbocca nel mare Ionio, nel 1400 chiamato (Lucifero), il Chàdamia, il Trionto, antico (Trantes o Taetris), il Galatrella (km 42,47) nel medioevo (Garlathio), ed molte altre fiumare minori. Il territorio di Acri è ricco di acque potabili, che non a caso veniva chiamato dai Romani Idrusia, e cioè "La città delle acque", caratterizzata da diverse fontane disseminate su tutto il territorio. Fra queste le più antiche sono la Fonte del Rinfresco e la Fonte di Pompio, oltre a due fontane antichissime del popoloso quartiere San Domenico, la fonte del Rinfresco è ubicata nei pressi dell'antico borgo della Judeica, si ritiene realizzata proprio dai Giudei, intorno all'anno 1000 dove nei pressi prima era situato l'antico quartiere ebraico; la seconda è soprannominata dal popolo "Gnesa", nella tradizione popolare si racconta che una bella fanciulla di nome Agnese, di cui si ammirava il suo bel di dietro, contrastante con quello della sorella Rosa, brutto e foruncoloso, spinta da tante lodi per il suo fondo schiena, volle specchiarsi, ma non avendo lo specchio, pensò di farlo nelle limpidissime acque della fontana, alzandosi le vesti,in realtà quelle erano acque lustrali ed erano sacre a Hermes Psicopompo. Le rimanenti due fontane sono poste a poca distanza l'una d'altra in un luogo che in antichità era una via importante di comunicazione, via Roma (antica via San Domenico) situata pressi del complesso conventuale della chiesa di San Domenico e del palazzo fortezza attuale sede della Comunità Montana Destra Crati, sulla dorsale destra e sinistra del fiume Chalamo, presenta una lapide marmorea del 1700 posta dai sindaci reggenti che ne dichiaravano le virtù curative per gli ammalati e gli animali e la realizzazione del nuovo ponte sul fiume Mucone, per permettere i carriaggi l'attraversamento, nei lunghi mesi invernali quando il fiume era impraticabile. Un'altra fonte è quella di Turritano, (luogho della torre) che sgorga dalla montagna di Serra di Buda. Un'altra fontana storica è quella detta "dell'Acqua nova" o dell'Annunziata, perché posta nelle vicinanze della chiesa dell'Annunciazione,questa fontana fu realizzata nel 1889. Tutto l'altopiano della Sila Greca era dal poeta e storico Norman Douglas definito un tempo "Il Granaio della Calabria"; oggi è in buona parte disseminato di boschi di conifere, e la brulla pianura è cosparsa da corsi d'acqua. Risalendo questa zona si raggiunge una vetta conosciuta con il nome di Scangiamoneta, ed ancora più in alto si può raggiungere quota 1.481 metri, giungendo così alla cima del monte Paleparto (in antico Palepatos), un luogo ideale di grande bellezza naturalistica che spazia su paesaggi montani e fra i più belli di Calabria, e forse ancora incontaminati in Italia.

ORIGINI E CENNI STORICI
Recenti ritrovamenti archeologici permettono di far risalire l'origine dei primi insediamenti urbani nel territorio di Acri all'Età del Bronzo, o quantomeno all'epoca precedente la colonizzazione ellenica del Meridione. Controverso è, tuttavia, se Acri sia identificabile con le più tarde, antiche città greche di Acheruntia o di Pandosia. Edificata su colli impervi, in prossimità del confine orientale dell'altipiano della Sila, Acri, al pari di molte località montane italiane, ha lungamente sofferto delle cattive comunicazioni con i principali centri delle zone di pianura. Questa condizione di millenario isolamento, interrottasi definitivamente soltanto con l'avvento del trasporto su rotaia prima, poi dell'automobile, ha relegato Acri in un ruolo di secondo piano nella vita politica ed amministrativa della regione circostante, malgrado il numero elevato di abitanti e la ricchezza ed ampiezza del territorio silano, ricco di legname e di risorse minerarie. Per tale ragione, la storiografia ha trattato di Acri solo marginalmente ed in rare occasioni. La principale di esse è rappresentata dalle guerre dinastiche, di successione, dalle congiure e rivolte,che insanguinarono il Regno di Napoli per oltre un secolo, dalla fine del trecento agli inizi del cinquecento, e segnarono la fine della sua autonomia ed indipendenza politica col passaggio dalla dinastia angioina a quella aragonese, e, successivamente, a quella asburgica. Con riferimento a tale, travagliato periodo, Acri viene menzionata dal celebre storico ed umanista Giovanni Pontano nella sua opera in sei libri, scritta in latino, "De Bello Neapolitano", che narra della guerra combattuta tra il 1458 ed il 1465 tra re Ferrante I, della dinastia aragonese, ed alcuni potenti feudatari che gli si erano ribellati, fautori del partito angioino. Pontano narra dell'assedio di Acri, avvenuto tra il 1461 ed il 1462, da parte delle truppe aragonesi comandate da Tommaso (Maso) Barrese. Questi, dopo aver occupato facilmente la vicina città di Bisignano, scarsamente difendibile per via della sua posizione prossima alla pianura della Valle del Crati, si era diretto alla volta di Acri, nella cui rocca, eretta sulla sommità del ripido colle di Padia, si era rifugiato il capitano angioino Battista Grimaldi. Prima della diffusione dell'uso delle artiglierie, un castello come quello di Acri costituiva, per milizie e bande scarsamente dotate di macchine ossidionali, composte da un'alta aliquota di cavalleria e da un numero limitato di fanti, un ostacolo difficilmente superabile se non a prezzo di un assedio molto lungo, essenzialmente basato sul blocco e la successiva presa per inedia e sfinimento degli avversari. Pontano racconta, tuttavia, come Barrese sia riuscito ad avere la meglio sui difensori in tempi brevissimi, grazie alla conoscenza dei luoghi da parte di un fuoriuscito, tal Milano o Melano, che guidò gli aragonesi, nottetempo, a sopraffare un posto di guardia tenuto da un certo Gatto, comandante di una "centuria" degli assediati. Alla cruenta lotta nel buio, nel corso della quale Grimaldi ed i suoi si diedero alla fuga, abbandonando i cittadini acresi al massacro, fece seguito il supplizio di Niccolò di Chiancioffo o Ciancioffo, notabile locale, che il Barrese fece segare in due. Dobbiamo, forse, proprio a questo esempio di particolare crudeltà, se il grande storico delle guerre napoletane si sia soffermato sull'assedio di Acri, episodio, tutto sommato, minore, tra quelli che hanno caratterizzato le lotte civili quattrocentesche nel Regno di Napoli. È, peraltro, utile ricordare che il fratello di Maso Barrese, Giovanni, appena pochi mesi prima del supplizio inferto a Chiancioffo, era stato altrettanto crudelmente ucciso dai fautori del partito angioino sulla piazza della cattedrale di Cosenza. L'esecuzione di Chiancioffo avvenne, quindi, per ritorsione, secondo lo schema di vendette e rappresaglie tipico delle guerre civili. Dopo l'esecuzione di Chiancioffo e la cacciata degli angioini, Acri passò sotto il controllo del partito aragonese, localmente capeggiato dai fratelli Carlo, Troiano, Placido e Sebastiano Salvidio, esponenti di una famiglia acrese di rilievo. Costoro, a seguito dell'invasione del Regno di Napoli da parte di Carlo VIII (come si evince dai privilegi loro concessi da re Federico d'Aragona, nel 1497) si erano posti al seguito di Consalvo di Cordova, capitano generale dell'esercito aragonese. Dopo avere per qualche tempo presidiato Cerchiara e Casal Nuovo, i Salvidio, all'avanzare dei francesi, si chiusero nella rocca di Acri. L'assedio avvenne nel 1496 e fu di breve durata, perché le truppe di Carlo VIII disponevano di artiglieria. Catturati, Carlo e Troiano vennero gettati in prigione, donde uscirono solo al ritirarsi delle truppe francesi, di lì a qualche mese. Sebastiano e Placido furono uccisi. Stando al cronachista locale, Raffaele Capalbo, che scrive dell'episodio ai primi del XX secolo con una prosa confusa e priva di riferimenti precisi, i loro corpi, smembrati, sarebbero stati posti a marcire nel letame. Dopo questo episodio, Acri ripiomba nell'oblio da parte della storiografia maggiore. La città diede i natali al Beato Angelo d'Acri, al quale è intitolata la Basilica che si erge nell'antico rione dei Cappuccini, dall'ordine dei frati che abitano nel contiguo convento. Fu la patria dello scrittore Vincenzo Padula, conosciuto come il "prete rosso", uomo di cultura e autore di opere in vernacolo e in italiano, e fu il luogo da cui partì Gianbattista Falcone, eroe scomparso nella battaglia di Sapri; fu la patria dei fratelli Sprovieri: Vincenzo, patriota ed eroe garibaldino, con il grado di colonnello, fu poi senatore del regno, prese parte ai moti del 1847-48 e seguì Garibaldi nel 1862, fu comandante in Trentino del 6° Reggimento Volontari; Francesco fu deputato, senatore a vita e giurista dal 1819-1874. Fra i vari personaggi illustri della città, spicca Vincenzo Julia Acri (1838-1894), poeta, filosofo e letterato: si ispirò a Ferdinando Balsamo (suo zio), di educazione religiosa e iniziato agli studi di giurisprudenza. Vincenzo, di idee liberali, fu sospettato di cospirazione antiborbonica, fu amico di Giovan Battista Falcone, e fece parte del "Vernacolo Di Acri" nel 1808. Fu la patria del "Venerabile" Monsignor Francesco Maria Greco (1857-1931) e della "Serva di Dio" Suor Maria Teresa De Vincenti (1872-1936), fondatori dell'ordine religioso Suore Piccole Operaie dei Sacri cuori di Gesù e Maria e dello scrittore, critico letterario,attore, Vincenzo Talarico