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Montescaglioso
Basilicata

Montescaglioso (anticamente "Mons Caveosus' o 'Mons Scabiosus"), è un comune di 10.082 abitanti, quinto centro della provincia di Matera per ampiezza demografica. Importante centro storico-culturale, è situato a circa 15 km dal capoluogo. Il territorio di Montescaglioso, così come quello di Matera, ricade in un'area archeologica, storica e naturale, il Parco delle Chiese rupestri del Materano, che comprende circa 8000 ettari di cui circa 3500 appartenenti al comune montese. Montescaglioso fa anche parte dell'Associazione Nazionale Città dell'Olio, grazie all'ottima qualità delle olive. Fa parte, inoltre, del Distretto del mobile imbottito di Matera-Montescaglioso. Nel Gennaio 2004, con decreto del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, Montescaglioso ha ricevuto il titolo onorifico di Città. Il paese sorge su un rilievo collinare a pochi km dal confine con la Puglia e si estende per 176 km². Confina a nord-est con Matera, a est con Ginosa, a sud-ovest con Pomarico e Miglionico a sud con Pisticci e sud-est con Bernalda. Tutto il complesso collinare ha un'altitudine compresa tra i 16 e i 365 metri sul livello del mare ed è delimitato a sud-ovest dal fiume Bradano e a nord-est dal torrente Gravina, evidenziando la biodiversità di un paesaggio che passa dalla Murgia calcarea ai calanchi argillosi.

DA VEDERE

La chiesa Madre
La chiesa madre è intitolata a San Pietro e San Paolo. Dell’originaria fondazione medioevale non resta traccia in quanto fu riedificata a partire dal 1776 e rifatta in stile tardo barocco. Si accede da un grande portale e si presenta a tre navate. Mostra uno splendido ed imponente altare barocco e una balaustra in marmo donati dal Capitolo di Siena durante l’epoca napoleonica. Anche gli altri altari sono in marmi policromi. La cupola del presbiterio è decorata con altorilievi in stucchi dei quattro evangelisti. Custodisce nelle navate laterali quattro tele di Mattia Preti: Nozze di Cana, cena in casa Levi, adorazione dei magi, Natività. I dipinti furono acquistati a Napoli e donati dal marchese Ferdinando Cattaneo alla chiesa parrocchiale agli inizi dell’ottocento. Le altre tele custodite sono firmate da Giovanni Donadio, di scuola veneziana.

Fanno parte dell’arredo artistico della chiesa un organo della fine del settecento, proveniente dal convento benedettino femminile, e la cantoria, di inizio ottocento, in legno decorato e dipinto raffigurante lo stemma del Comune. Ci sono pure due acquasantiere in marmo policromo ad intarsio, finemente scolpite. Il battistero e il lavabo provengono dall’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo. Nella sacrestia è conservata una piccola tela che raffigura la Madonna con Bambino risalente al quattrocento.

ABBAZIA DI SAN MICHELE ARCANGELO
L'Abbazia, risalente al XII secolo, è dedicata a San Michele Arcangelo. L'immenso portale della chiesa e quelli del monastero sono stati realizzati da Altobello ed Aurelio Persio. Il campanile, di stile normanno, presenta due bifore per ogni lato, ed a fianco il tiburio cilindrico con sovrapposta lanterna. Nel pronao ci sono resti dell’antica costruzione. Fu trasformata a partire dal 1590: le navate laterali diventarono quattro cappelle per lato. Presenta una cupola cilindrica completata nel 1650 e soffitti a botte[21]. Sulle pareti stanno emergendo affreschi del Seicento della scuola del Donadio. Il coro ligneo e il maestoso altare maggiore in marmo, che un tempo adornavano la chiesa, ora si trovano rispettivamente nella chiesa del Gesù a Lecce e nella cattedrale di Matera.

La chiesa di San Rocco
La chiesa, risalente al XVI secolo, è dedicata a San Rocco. Si trova in Piazza Roma, in un'area in cui furono ritrovate già nel XVIII secolo antiche tombe greche: a quel tempo, infatti, l'edificio si trovava all'esterno del nucleo abitato, e si può quindi supporre che i terreni circostanti venissero utilizzati come cimiteri. È a pianta rettangolare e la facciata è coronata da un campanile. Conserva la statua di San Rocco proclamato Santo Patrono di Montescaglioso nel 1684. È stata costruita agli inizi del XVI secolo ed era usata per le sepolture. Fu danneggiata dal terremoto del 1827 e restaurata successivamente con la costruzione delle volte in pietra e di una nuova facciata. Custodisce dipinti ad olio del seicento e del settecento.

Il convento di Sant'Agostino
Il convento è dedicato a Sant'Agostino e risale al XIV secolo. Tre archi permettono di accedere al portico della chiesa eretta nel quattrocento in cui si era insediata una piccola comunità monastica. Il complesso, di grandi dimensioni, è suddiviso in tre livelli: un piano interrato organizzato come una grande cantina per la lavorazione dell'uva e per la raccolta dell'acqua in grandi cisterne, un piano terra dove, oltre alla chiesa, erano collocati il refettorio, la cucina con un grande camino a camera ed i depositi, ed infine al piano superiore c'erano la biblioteca ed i dormitori. Nella chiesa tra le svariate opere d'arte conservate meritano una particolare menzione una tela San Giovanni Battista datata al 1493, altare in marmo policromo, organo e cantoria barocca. L'arredo interno è in stile settecentesco.

Il castello normanno
Eretta dai Maccabeo sul finire dell'XI secolo a controllo di Porta Maggiore, la roccaforte è organizzata attorno ad un cortile al quale si accede da un portale affiancato da due torri delle quali non ne esiste ancora una. Nell'ala est si conserva la torre più alta, a pianta quadrangolare, resa irriconoscibile da trasformazioni recenti. Al castello è annessa la chiesa di Santa Caterina. Al piano terra si consevano cisterne, depositi, un giardino pensile, le stalle ed un portico, attualmente chiuso. Il castello è stato posseduto da vari feudatari del paese: Roberto, nipote del Guiscardo, i Maccabeo, Goffredo di Lecce, Enrico di Navarra, fratello della regina Margherita, Ugo de Maccla, i Sanseverino, Bertoldo di Hoemburhg, Manfredi (al quale era stato donato dal padre Federico II), Pietro di Beamount, Giovanni di Montfort, i Del Balzo, gli Orsini ed i Grillo-Cattaneo. Agli inizi del XVII secolo, acquisita con il feudo dai Grillo, la roccaforte è stata trasformata in comodo palazzo. L'edificio è restaurato e le volte delle ampie camere del piano superiore sono affrescate. Nel 1857 viene demolito il braccio che collega l'edificio a Porta Maggiore e la facciata sul Corso viene ricostruita in stile neomedievale, con merli e garrite. Tra il 1960 e 1964, è demolita tutta l'ala meridionale ed una delle due torri dell'ingresso.

Le porte e le torri
La cinta normanna rimarrà invariata fino alla metà del XIX secolo, quando avrà inizio la demolizione delle mura. Le porte erano sei. La più importante porta Maggiore fu demolita nel 1868. Attaccata al castello, era unita ad una grande torre nei secoli XIV-XV, ancora esistente e visibile solo da via Pitagora. Verso est, un altro varco era porta Schiavoni affiancata da una torre merlata. Travolta da una frana nel 1693, crollò definitivamente nel 1882. C'era poi porta Carrera, molto piccola ed aperta dai monaci nelle fortificazioni dell'Abbazia. A Nord Porta S.Angelo (l'unica ancora esistente) che si apriva sulla piazza antistante l'Abbazia. Ad ovest Porta Pescara, dal nome della contrada sottostante. L'ultimo varco era la Portella, presso il convento di Sant'Agostino, demolita intorno al 1880.

MANIFESTAZIONI
Festa in onore di San Giuseppe (19 marzo)
Festa Madonna della Nuova (lunedi di Pasquetta)
Festa Patronale di San Rocco (18-19 agosto)(20 e 21 agosto)
Il Carnevalone (Il martedì grasso)
Slalom delle Chiese Rupestri (Settembre)
Marcia e corri Monte (Settembre)
La sagra delle pettole (sabato e domenica precedenti il Natale)
La notte dei cucibocca (5 gennaio)
La Cavalcata del Borbone (prima domenica d'agosto)

ENOGASTRONOMIA
La cucina montese è tradizionalmente semplice come nel resto della regione. Si fa, infatti, largo uso di verdure e legumi (fave, lenticchie, ceci e in minor quantità di circerchie). Il tipico piatto contadino è a' "cialledd" a base di pane bagnato fatto a pezzi e condito con olio, pomodori e aglio. Tra i primi piatti tipici, troviamo "l'rcchtedd" (le orecchiette) o "l'maccarun" (maccheroni) e cavatelli fatti a mano e conditi con ragù d'agnello, o vitello, o le classiche tagliatelle ai ceci, senza dimenticare il tradizionale "fafett' e ciucuer'" (fave e cicorie). Tra i piatti a base di carne troviamo "l'gnummuriedd", involtini di interiora (soprattutto di agnello) insaporiti con spezie di vario genere, e cotti alla brace o al forno ed infine fiore all'occhiello della tradizione culinaria montese sono "l'brasciol d' cavadd" (involtini di cavallo) carne ricchissima di ferro. I dolci tipici, di tradizione comune anche in altre zone lucane e pugliesi, sono le famose pettole, "l'cartagghiat" (cartellate), "l'prciedd", e l'struffl, frittelle fatte in casa e zuccherate a piacere.

Piatti tipici montesi sono:

Orecchiette al ragù d'agnello
Cavatelli alla lucana
Spaghetti e fagioli
Cialledda - minestra a base di pane, pomodori maturi, cipolle, prezzemolo, olio d'oliva, pecorino e peperoncino
Carni ovine e caprine in umido e alla brace

Il vino Matera DOC "L'abate"
L'olio extravergine d'oliva DOP "Lucano" certicato "Selva Venusio", prodotto utilizzando esclusivamente varietà come Ogliarola (circa il 50 per cento), Majatica e Coratina (con percentuali fino al 30 per cento), Frantoio e Leccino per la restante parte.

ORIGINI
I primi insediamenti nel territorio di Montescaglioso risalgono al VII secolo a.C., come testimoniamo gli importanti reperti archeologici (tombe e vasi attici e apuli) ritrovati sulle colline circostanti il fiume Bradano e precisamente a Cozzo Presepe, Difesa S. Biagio, Contrada Pagliarone. L'insediamento più vasto e importante corrisponde, però, all'attuale centro abitato di Montescaglioso ove lentamente, dopo i secoli IV e III a.C., si trasferirono le popolazioni precedentemente insediatesi negli altri piccoli centri. L'intera area montese, strettamente collegata alla città magnogreca di Metaponto (fondata da coloni greci a metà del VII secolo a.C. in prossimità della foce del fiume Bradano), vive di intensi scambi e contatti con i centri greci della costa jonica. A testimonianza di questo intenso scambio economico-culturale tra i due centri vi sono importanti reperti archeologici come alcuni corredi funerari ritrovati nel territorio montese. Con la decadenza di Metaponto in epoca romana ed il progressivo insabbiamento del porto della città greca, Montescaglioso assunse un ruolo sempre più importante nel territorio circostante. È probabile, infatti, che una parte della popolazione di Metaponto, costretta ad abbandonare la città e a disperdersi negli abitati limitrofi dopo essersi schierata con Annibale nel 207 a.C. durante la seconda guerra punica, si sia trasferita a Montescaglioso. Le ricerche archeologiche degli ultimi decenni hanno evidenziato la presenza nel centro storico montese di resti di strade risalenti al periodo ellenico, a dimostrazione del fatto che il primo insediamento umano nel territorio di Montescaglioso doveva sorgere pressappoco nelle aree circostanti l'Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo. Nella stessa Abbazia, nel 1991, è stata scoperta una ricca necropoli che attesta la presenza di una potente élite locale. Più a valle, in località Porta Schiavoni, sono venuti alla luce tratti imponenti di una cinta muraria risalente al III secolo a.C. e costruita con imponenti blocchi di tufo posti in opera a secco.

CENNI STORICI
Alla fase romana della città appartiene un mosaico che attesta la presenza a Montescaglioso di una magistratura repubblicana e di un grande edificio pubblico. Un telamone in tufo proveniente da un altro palazzo pubblico di Montescaglioso è conservato nel Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria. Nel territorio montese gli archeologi hanno ritrovato i resti di un centro abitato a Difesa S. Biagio del quale sono note le necropoli, alcuni impianti produttivi e parte del tessuto urbano. Nell'abitato di Cozzo Presepe si riconosce l'andamento di tratti della cinta muraria con i resti di una porta. In contrada Pagliarone sono state invece rintracciate numerose sepolture. Nella fase storica imperiale e tardo imperiale è probabile che il paese abbia conosciuto una lunga fase di decadenza e spopolamento determinata dalla nuova organizzazione del territorio imposta dai Romani incentrata essenzialmente sul latifondo. Nuove testimonianze della città compaiono solo nell'altomedioevo. Divenuta roccaforte bizantina, dopo il 1000 fu conquistata dai Normanni e accolse un'importante comunità benedettina con il conte normanno Rodolfo Maccabeo. In seguito Federico II l'assegnò a Manfredi. Sotto gli Angioini e gli Aragonesi fu feudo di vari signori: D'Avalos, Orsini, Loffredo, Grillo e Cattaneo. Fin dall’inizio del XX secolo il paese conobbe la presenza del Partito Socialista Italiano, rispettando in tal senso la tendenza lucana che nei primi anni del ‘900 vide attecchire gli ideali legati all’internazionalismo proletario di stampo marxista. L’attività del PSI è documentabile a Montescaglioso fino al 1924, anno in cui la sezione venne data alle fiamme dai fascisti del luogo. Nonostante il regime fascista, e nonostante il paese ospitasse la vedetta della Marina Militare, l’attività dei partiti antifascisti è sempre stata attiva e ciò è testimoniato dal fatto che all’annuncio dell’arresto di Benito Mussolini, avvenuto il 25 luglio 1943 in seguito all’approvazione da parte del Gran Consiglio del Fascismo della mozione di sfiducia proposta da Dino Grandi, la popolazione del paese reagì con violente manifestazioni contro il podestà Francesco Locantore fino a giungere, il 19 settembre, alla sua uccisione, benché vi fossero in paese le truppe canadesi arrivate quello stesso giorno. Subito dopo la caduta del regime l’attività politica del paese riprese con vigore e tornarono a farsi sentire quei malumori presenti da sempre nell’animo dei cittadini, legati alle usurpazioni delle terre demaniali e alla presenza del latifondo con i suoi rapporti di produzione basati sui soprusi. Già nel 1945 duemila persone tra braccianti, contadini e disoccupati legati al mondo agricolo andarono ad occupare i feudi del proprietario La Cava, nelle contrade di Tre Confini e della Dogana. I rivoltosi sequestrarono il commissario prefettizio Manzo, che era alla guida del comune di Montescaglioso, lo misero in groppa a un asino e lo portarono con loro, chiedendo la sua opera di mediazione con le forze dell’ordine giunte sul posto, al fine di far ottenere i terreni ai contadini. L’occupazione causò l’arresto di 21 persone. L’anno seguente, nelle elezioni amministrative tenutesi nel mese di aprile, il comune di Montescaglioso fu conquistato dal Partito Comunista d’Italia, caso più unico che raro, in quanto gran parte del Mezzogiorno, legato alle istanze della conservazione, vide la schiacciante vincita della Democrazia Cristiana. Un anno fondamentale nella storia di Montescaglioso è sicuramente il 1947. In quell’anno, infatti, le rivendicazioni dei contadini cominciarono ad assumere la concretezza che si sarebbe palesata due anni dopo. Nel mese di dicembre del 1947 si tenne a Pozzuoli, nei capannoni dell’Ansaldo, il Congresso democratico del Mezzogiorno. I delegati lucani furono 537, cinquanta dei quali erano cittadini di Montescaglioso. I contadini montesi ritornarono da Pozzuoli pieni di speranze e decisi a dare il colpo decisivo al sistema latifondistico. L’anno 1948 vide la cittadinanza montese intensamente impegnata a preparare lo scontro elettorale del 18 aprile, da cui sarebbe scaturito il primo parlamento dell’Italia repubblicana. In occasione delle elezioni tornò in paese Carlo Salinari (capo dei GAP e conosciuto come il compagno Spartaco) , noto sia come grande letterato e sia per aver organizzato l’attentato di via Rasella (attentato che causò la rappresaglia tedesca consumatasi alle Fosse Ardeatine). Il contributo dei comunisti di Montescaglioso non servì ad impedire la schiacciante vittoria della DC, che nei suoi comizi aveva promesso alla cittadinanza la risoluzione del problema della terra. Pur delusi dalla sconfitta, i partiti di sinistra non smisero di organizzare le masse anzi, cacciati all’opposizione, decisero che era davvero giunto il momento per abbattere il sistema di potere basato sul grande padronato. L’anno decisivo nella storia di Montescaglioso è il 1949. Nel mese di dicembre di quell’anno si concretizzò sia la rivolta dei contadini, che cambiarono strategia passando dalle occupazioni simboliche ad occupazioni vere e proprie con l’obiettivo di prendere il possesso dei terreni, sia la violenta repressione condotta contro i contadini dai celerini di Mario Scelba (Ministro dell’Interno nel Governo De Gasperi IV). Montescaglioso viene ricordato, infatti, insieme a Melissa e Torremaggiore, come il paese in cui la repressione assunse i toni più violenti.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento