Montalbano
Jonico è un comune di 7.630 abitanti in provincia
di Matera. Vi hanno sede alcuni corsi e servizi dell'Università
degli Studi Magna Græcia di Catanzaro. Il territorio
comunale è compreso tra i fiumi Cavone, che lo separa
da Pisticci a est, e Agri, che lo divide da Tursi a ovest.
A sud confina con il comune di Scanzano Jonico, mentre a
nord con Craco. Il territorio è in massima parte
collinare. Di notevole impatto paesaggistico e scientifico
la presenza dei calanchi. Per la presenza di terreno prevalentemente
argilloso (di qui il nome delle cosiddette "argille
di Montalbano") il paese è da sempre soggetto
a frane che ne hanno, nel tempo, modificato l'aspetto, creando
oltretutto parecchi problemi alla popolazione. Le creste
argillose disegnate dallerosione che circondano la
collina di Montalbano Jonico racchiudono un importante patrimonio
scientifico poiché formatosi nellarco di oltre
un milione di anni. Il geosito di Tempa Petrolla è
un condensato di storia, economia e natura. È stata
di recente richiesta la salvaguardia di tale zona creando
una riserva naturale dei calanchi. La cittadina ha un'economia
prettamente agricola, con buone produzioni olearie e vinicole.
Diffuse le coltivazioni di agrumi e alberi da frutto. Turismo
ancora poco sviluppato, nonostante la vicinanza alla Strada
Statale 598 di Fondovalle dell'Agri che collega direttamente
alla Strada Statale 106 Jonica. Alta la percentuale di laureati
e professionisti. Tuttavia le scarse prospettive occupazionali
sono causa di emigrazione di giovani capaci e laureati che
unita ad una situazione di forte invecchiamento della popolazione
causano una lenta, ma costante diminuzione demografica.
ETIMOLOGIA
Il nome originale, Mons Albanus, deriva probabilmente dal
gentilizio Albius, diffuso nell'Italia meridionale in Età
repubblicana, epoca in cui vennero assegnati lotti di ager
publicus ai veterani di guerra, dopo gli eventi bellici
relativi a Pirro (280 - 275 a.C.) e Annibale (seconda guerra
punica, 218 - 202 a.C.). A tal riguardo va inoltre riferita
una citazione di Cicerone (I secolo a.C.) che diceva di
ricchi senatori romani avere grosse proprietà agricole
nel territorio eracleota. Altra ipotesi è quella
che deriva dalle parole latine mons (monte) e albius (chiaro),
dalle argille che compongono il territorio su cui è
posizionata la cittadina. Infine non è da escludere
la possibile origine dall'arabo Al bana, vale a dire "luogo
eccellente".
DA
VEDERE
La chiesa madre di Santa Maria dell'Episcopio, con la statua
lignea di Madonna con Bambino di XII secolo.
Le mura normanne, di cui restano due torri quadrate e numerose
balestriere.
Corso Carlo Alberto, ricco di Palazzi nobiliari edificati
tra il XVI e il XIX secolo, molti dei quali con una splendida
corte centrale e una serie di abitazioni di origini nobiliari
al suo interno.
La cd. Terravecchia, nata intorno al castello è ritenuta
una domus federiciana, unica della provincia di Matera,
oggi in parte inglobato in abitazioni, in parte crollato
(presso piazzale Castel Fidardo, Tempa del diavolo).
La cd. "porta dell'Orologio", XIX secolo, relativa
alle mura medievali più antiche ricostruita in seguito
a due crolli, da un originale a sesto acuto, di origine
federiciana.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Le origini sono molto incerte, forse risalenti al IV secolo
a.C. I reperti archeologici rinvenuti nel suo abitato sono
di età ellenistica. Probabilmente fu, come Pandosia,
alleata di Roma durante la battaglia di Heraclea, che vide
fronteggiarsi le forme romane a quelle epiriote alleate
dei tarantini e capitanate da Pirro. In età romana
beneficiò dei percorsi della transumanza che ancora
oggi l'attraversano, nonché della floridezza di Heraclea,
ricadendo all'interno della Siritide. Va tuttavia segnalata
la presenza di un sito dell'Età del bronzo nel suo
territorio in contrada Iazzitelli. Nel suo territorio importante
la villa di Andriace di III secolo a.C. In contrada Ucio,
sulla destra del Cavone (antico Akalàndros) furono
trovate le famosissime Tavole di Heraclea, tavole bronzee
incise in greco relative alla suddivisione agraria dei territori
dei santuari di Dioniso e di Atena nel IV secolo a.C.; sul
retro è incisa, in latino, la Lex Iulia Municipalis
del I secolo a.C. Oggi le due tavole sono conservate presso
il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel Medioevo
fu feudo appartenuto ai Sanseverino, ai Villamari, ai Toledo
e agli Alvarez. Importante, alle falde del Piano Cerulli,
sull'Agri, i ruderi del monastero bizantino di San Nicola
de Sylva. In età federiciana il monastero fu occupato
dai monaci cistercensi. Nel 1555 la cittadina venne saccheggiata
dai Turchi. Rilevante è il tracciato della cinta
muraria esterna di età aragonese e poi ristrutturata,
nella veste attuale, in seguito al saccheggio turco. Dal
1799 fu molto attiva nel movimento antiborbonico. Nel 1863
al nome Montalbano fu aggiunto l'appellativo Jonico, a indicare
il mare su cui il territorio comunale si affacciava. A partire
dal 1932, e fino ai primi anni '60 del Novecento, Montalbano
fu una delle stazioni delle Ferrovie Calabro Lucane. Nel
1959 prima e nel 1974 poi, il territorio, prima molto esteso,
si ridimensionò notevolmente, in seguito all'acquisizione
dell'autonomia da parte delle due frazioni di Policoro e
Scanzano Jonico.