Riccia
è un comune di circa 5.700 abitanti della provincia
di Campobasso.
CENNI
STORICI
La posizione geografica di Riccia, strategica e definita
insuperabile in quei tempi dall'Amorosa, autorizza
lo storico a considerare quasi certa la presenza di
casali o borghi sanniti nell'agro riccese. Le città
più vicine, documentate come centri sanniti,
erano Murgantia, l'attuale Baselice, Mucrae e Celenna,
oggi rispettivamente Morcone e Celenza Valfortore.
Non si sa però a quali di questi centri politici
appartenesse l'antico borgo riccese. Il commercio
con le colonie greche dovette essere però abbastanza
fiorente, considerata la gran quantità di monete
antiche greche ritrovate in diversi punti dell'agro
occupati dai diversi casali. Più tardi, occupati
dai Romani tutti gli insediamenti sanniti, anche il
territorio riccese ricadde sotto l'egemonia dei conquistatori
laziali: ed è proprio a quest'epoca che rimane
legata una delle ipotesi dell'origine del nome di
Riccia: "
fra questi coloni è facile
che vi fossero genti di Aricia laziale, le quali ebbero
in sorte le nostre terre ed i nostri casali. I nuovi
abitatori, vista la fertilità del suolo, le
copiose sorgenti e il clima sano, presi d'ammirazione
pei nostri boschi, simili a quelli della loro patria
di origine, pei ricchi pascoli e per la magnificenza
degli orizzonti, si accasarono in quei casali più
rispettati dalla distruzione operatavi dai Romani,
e diedero il nome di Aricia al villaggio più
sicuro e più centrale del territorio, in memoria
della loro patria lasciata per sempre
"
La nuova colonia romana diede così un notevole
sviluppo al villaggio che si estendeva dal dirupo
di rocce naturali, dove sorse il castello, fino all'attuale
Chiesa Madre. Gli Schiavoni Nell'anno 641 viene registrato
uno degli avvenimenti più rilevanti della storia
riccese: dalle coste della Dalmazia sbarcarono a Siponto
alcuni popoli della Sarmazia Europea, detti Schiavoni
che iniziarono a far scorrerie nella Puglia fino e
che le truppe di Aione del Ducato beneventano le affrontarono
in una battaglia assai sanguinosa presso il fiume
Ofanto. Gli Schiavoni ne vennero fuori da veri vincitori,
me nessuna resistenza seppero opporre l'anno successivo
quando furono decimati dalle stesse truppe del ducato
guidate dal fratello di Aione, Rodoaldo. I pochi Schiavoni
scampati si rifugiarono lungo la valle del Fortore,
fino ad arrivare alle mura di Riccia, chiedendo ospitalità.
I riccesi, che non avevano che un abitato assai limitato,
non rimasero insensibili alle necessità di
quel popolo, e concessero loro una parte i territorio
fuori dalle mura dove furono concesse aree edificatorie
e materiali di costruzione. L'età Feudale Negli
anni di Carlo I d'Angiò, Riccia fu concessa
ai De Capua, ed il primo Signore ne fu il Gran Protonatario.
Non si può affermare con certezza che Bartolomeo
De Capua abbia mai visitato la il territorio riccese,
ma di certo "
egli si occupò con
interesse delle faccende di essa. E fu egli appunto
che agli 11 marzo 1286 fece assegnare Riccia nel Giustizierato
di Terra di Lavoro e Contado di Molise, togliendola
a quello di Capitanata,a cui aveva appartenuto."
Grande entusiasmo nel paese si ebbe quando ne prese
dimora Costanza di Chiaromonte, sposa di Andrea De
Capua nel 1395, e gentile Regina del Regno, prima
di essere per vario tempo Signora di Riccia. Ecco
come viene descritto il suo ingresso a Riccia: "Arrivao,
nella Ariccia zita Costanza di Chiaromonte, accompagnata
da molti baroni nel mese di Maio, e l'aspettavono
le nobili damigelle dell'Ariccia di casa Sedati, Regi,
che l'abbrazzaron forti et la vasaro, e dopo che l'eppero
conducta per tutta la terra la menaro a lu castellu,
dove ci furono grandi feste. La Reina non have più
di 17 anni è molto avvenente et de bona manera.
La sera foro facte tante alluminare e tanti falò
in tutti li cantuni che pareva che fosse die".
Il 1799, la demolizione del palazzo feudale Dopo anni
di violenze e di soprusi da parte dei principi sovrani
a Riccia, l'odio accumulato dal popolo riccese trovò
la sua esplosione in "
onda furiosa di popolo,
eccitato da uno straripante spirito di vendetta e
dalla suggestione del dot. Saverio Mazzocchelli, si
gettò sul castello feudale e le sue adiacenze,
e tutto fu distrutto nel breve periodo del regime
repubblicano. S'incominciò dal palazzo, a scardinare
le imposte, a fracassare la ricca mobilia, a incendiarne
il prezioso archivio e la ricca biblioteca, quasi
a vendicare l'incendio dell'archivio civico commesso
a suggerimento di Bartolomeo VI De Capua, allo scopo
di distruggere i documenti che potevano irrefutabilmente
provare le sue usurpazioni. Smantellato anche il tetto,
vennero abbattute le soffitte, rotti i pavimenti,
demolite le volte ed atterrate le mura
non pertanto
scamparono da tanta rovina la porta, il torrione,
i due terzi del baluardo ed alcuni resti di mura solide
e grosse contro le quali rimase impotente l'ira popolare".
Dal 1800 al 1860: Riccia nel periodo napoleonico Nella
prima metà del XIX Secolo regno a Riccia una
calma "relativa": i sanfedisti erano tenuti
a freno dalle autorità locali o dalle guardie
cittadine ed i fuggitivi o carcerati, ormai stanchi
e d avviliti dalle lunghe sofferenze degli anni passati,
spesso in carceri disumane, erano si tornati liberi,
ma con entusiasmi ormai spenti. In questo periodo
fu scelto il successore del popolare Arciprete Spallone,
la cui morte avvenne nel 1803, nel nome di Francesco
Ruccia, originario del limitrofo paese di Colle Sannita.
Nel 1806 invece, salito al trono di Napoli Giuseppe
Bonaparte, i sanfedisti ancora indomiti ripararono
nelle campagna, dove iniziarono a vivere di furti,
ma perseguitati dalle milizie urbane finirono diversi
uccisi, altri in carcere, senza lasciare traccia.
Il Brigantaggio Dopo la riconferma della Costituzione
del 1848 e riassunto Pietro Moffa nelle funzioni di
Sindaco iniziarono anche nell'agro riccese ad infuriare
le bande brigantesche, con conseguente inizio di un
relativo potere dei militari. Fu sciolta l'amministrazione
comunale, eletta un'altra ed iniziato il disboscamento
delle terre in contrada Serrola. Le bande di briganti
che infestarono il territorio di Riccia furono principalmente
quelle legate ai nomi di Pelorosso, Varanelli e Caruso.
La prima banda fu praticamente sterminata sul nascere,
le altre due invece, una volta unitesi, continuarono
a spargere il terrore nelle campagne fino al 1863.
Si ricorda ancor oggi il rapimento da parte di Caruso
della bella Filomena Ciccaglione, dopo averne ucciso
giorni prima il povero padre.
ETIMOLOGIA
Potrebbe riferirsi ad un nome latino di persona Liccia,
con modifica della L in R diventando Riccia.
EDIFICI
RELIGIOSI
Chiesa di Santa Maria delle Grazie, nota come Chiesa
del Beato Stefano
Chiesa della SS. Annunziata
MANIFESTAZIONI
Sagra dell'Uva (seconda domenica di settembre).