Isernia
è un comune del Molise, capoluogo dell'omonima
provincia. Isernia si trova in una zona collinare
dalla quale domina vaste aree dove sono presenti tratturi,piccole
stradine. E' circondata da fittissimi boschi dove
sorgono alcune piccole città come (Colli a
Volturno) o (CastelRomano).
RESTI
PREISTORICI
Nelle vicinanze della città di Isernia (località
"La Pineta") nellestate del 1978 sono
venuti alla luce i resti di un antichissimo insediamento
umano paleolitico, risalente a circa 730.000 anni
fa. L'importanza dell'insediamento deriva dalla presenza
di un piano di calpestio costituito dalle ossa degli
animali cacciati dagli uomini, con una notevole quantità
di reperti che contribuiscono alla conoscenza dell'antico
ambiente naturale, e dalla più antica attestazione
dell'utilizzo del fuoco da parte dell'uomo. Nel 1983
è stata allestita ad Isernia, nei locali del
Museo di Santa Maria delle Monache, la Mostra dal
titolo "IserniaLa Pineta, un accampamento
più antico di 700.000 anni". Venne poi
coniato il termine Homo Aeserniensis.
LA
CATTEDRALE
Edificata su un tempio pagano italico, risalente al
secolo III a. C e dedicato alla Triade Capitolina,
conserva ancora dei resti dell'antico podio. La cattedrale
attuale, vittima di numerosi terremoti, è stata
ricostruita tra il 1826 e il 1851.
LA
FONTANA DELLA FRATERNA
Prende nome da una confraternita religiosa fondata
nel 1244 dal frate Pietro da Morrone, il futuro Papa
Celestino V, ed approvata dal vescovo Roberto d'Isernia
il 1º ottobre 1289. Alcuni studiosi ipotizzano
che la fontana sia stata realizzata, verso la metà
del XIII secolo, per volere di Benedetto d'Isernia,
dotto giurista, docente di diritto civile alla neonata
Università di Napoli ed importante diplomatico,
giudice e consigliere alla corte di Federico II, proprio
per agevolare l'opera di carità della confraternita
di Pietro da Morrone.
PALAZZO
SAN FRANCESCO
Il municipio ha sede nel palazzo San Francesco, la
cui costruzione conserva in parte l'originaria struttura
gotica. È anche sede di attività culturali
ed artistiche (con una sala dedicata al pittore locale
Domenico Raucci).
FRAZIONE
DI CASTELROMANO
La frazione più grande e popolosa (500 abitanti
ca.) è Castelromano che sorge in un pianoro
ai piedi del monte La Romana (882 m) ad un altitudine
di 680 m s.l.m., distante circa 5 km ad ovest della
città.
Pur
ricadendo nella municipalità di Isernia, Castelromano
si differenzia sensibilmente dal capoluogo per storia,
tradizione e costumi.
L'origine
del luogo è molto antica. Tuttora si conservano
resti di tre imponenti cinte murarie poste a difesa
di un insediamento fortificato (oppida) ed un ingresso
largo circa 4 metri dov'è ancora visibile la
pavimentazione stradale, risalente ai secoli III secolo
a.C. e IV a.C. , abitato dai Sanniti della tribù
Pentra e identificato, da più fonti, con il
nome di Cominium, roccaforte espugnata dall'esercito
romano nell'ultima delle Guerre sannitiche come riportato
nell'opera dello storico latino Tito Livio Ab Urbe
Condita. L'abitato, che occupava l'area pianeggiante
alle pendici del monte, era difeso da mura in opera
poligonale, ben individuabili sul lato est, mentre
il lato occidentale era protetto da uno strapiombo
naturale. Di questa prima struttura si individua,
in prossimità della porta, un raddoppiamento
delle mura su livelli diversi. A sud dell'abitato,
in località Croce, una seconda cinta muraria
proteggeva il sepolcreto con decine di tombe, attualmente
indagate solo in parte. Una terza fortificazione alla
sommità del monte delimitava un'area ricca
di materiale archeologico affiorante. Le mura sono
realizzate con grossi massi sbozzati e più
o meno squadrati, sovrapposti con una certa regolarità,
con scaglie irregolari negli interstizi. La cortina
est è rinforzata con blocchetti di pietra arrotondati
nella parte addossata al terrapieno. Sono evidenti
i segni di un evento bellico che ha interessato la
sommità del monte "La Romana", affiorano
infatti alla superficie numerosi pezzi di vasellame,
mattoni e tegole e per la vastità della zona
che interessano ci danno un'idea dell'occupazione
del territorio da parte della tribù sannita
pentra. Alcune teorie formulate da attendibili studiosi
del capoluogo pentro affermano che l'intera tribù,
che popolava il territorio che si estende dalla valle
del Matese fino alla catena montuosa delle Mainarde,
si rifugiò all'interno delle mura fortificate
sotto l'incombente minaccia dell'esercito di Roma.
Nella
parte più alta del monte sono ancora visibili
i ruderi di una struttura in pietra probabilmente
utilizzata come torre di avvistamento, ben visibile
da una simile struttura situata a circa 1 km di distanza
in località "Terra Vecchia" ricadente
nel comune di Macchia D'Isernia.
L'attuale
abitato, posto a circa 500 m. a sud delle rovine sannitiche,
trae origine da un insediamento militare di origine
longobarda chiamato Armagnum inizialmente popolato
da pochi coloni. Il toponimo Armagnum
deriva dal termine longobardo Harimann
ovvero uomo dellesercito da Heer-, esercito
e -Mann, uomo. Gli arimanni erano gruppi di uomini
liberi con pieni diritti civili, non soggetti in schiavitù,
che si ponevano al servizio dei re o dei duca per
sopperire alle esigenze di difesa del regno longobardo,
maggiormente richieste nelle zone soggette alle invasioni
degli Slavi e degli Avari. Ad essi venivano assegnate
terre, nelle adiacenze delle città o in località
strategiche, col compito di coltivarle e difenderle.
Gli arimanni erano organizzati in brigate, le Arimannie,
che normalmente gravitavano attorno ad un centro fortificato
più rilevante, il castrum, che costituiva il
fulcro di tutto il sistema difensivo. Nel corso del
tempo il nome mutò quindi in "Castro Armannum",
poi "Castro Armani", ed in seguito "La
Romana" dalla contrazione del termine "armani".
Solo nel secolo scorso l'abitato ha assunto l'attuale
denominazione che pertanto non ha nulla a che vedere
con sopravvivenze di origini romane.
La
notizia più remota storicamente documentata,
risale a le tempo della dominazione normanna.
Armagnum
viene citato per la prima volta nel Catalogus Baronum
(1150), con il quale si assegnava il feudo a Roberto
de Rocca, feudatario del conte normanno Ugo II di
Molhouse (o de Molinis o Molisio), Signore di Molise.
Una seconda conferma dellesistenza del luogo,
in epoca normanna, è data da un rendiconto
redatto da tale Vescovo Lucio sullo stato e i possedimenti
della diocesi (1192) nel quale si legge che presso
il popolo di Armana si venera la Santa Croce. Ulteriore
citazione si ha in una autorevolissima fonte letteraria
a proposito delle decime pagate per lanno 1309
nella Diocesi di Isernia ove è riportato una
citazione in cui l'Arciprete di Castro Armani si impegna
a versare la propria parte.
Considerato
come fondo rustico, l'abitato ed il territorio di
Castelromano furono più volte ceduti come latifondo
fino al 1418 quando Giacomo, Barone della Famiglia
dei Montaquila, nominato vescovo, essendo venuto in
possesso del feudo, lo cedette in dono alla Mensa
vescovile della Curia di Isernia a cui è appartenuto
fino alla scomparsa della feudalità (1811)
ma che per parte ha conservato fino agli inizi del
XXI quando gli attuali abitanti hanno riscattato la
restante parte del feudo. Il vescovo era quindi, per
diritto, Barone de La Romana e si fregiava del titolo
araldico di "Dominum Feudi Romanae".
A
seguito delle molteplici epidemie che falcidiarono
la popolazione, nel '600 l'attuale insediamento fu
ripolato da famiglie provenienti dai vicini territori
di Miranda, Forli del Sannio e Roccasicura.
Nel
1702 fu costruita la Chiesa parrocchiale ad opera
di mons. Biagio Terzi. Castelromano è ancora
oggi sede parrocchiale; il patrono è il Santissimo
Salvatore festeggiato il 6 agosto. Relativo al patrono
si racconta un simpatico aneddoto. Intorno alla metà
del 1800, uno degli abitanti, di ritorno da una località
limitrofa, trovò la statua lignea del Santissimo
in un torrente in secca, abbandonata in quella sede
dagli abitanti di quel paese in quanto rea di non
proteggere le colture dalla grandine e decise di portarla
a dorso di un mulo nella scarna chiesa madre appena
ristrutturata (1848) che fu in seguito appunto dedicata
al Santissimo. Nel 1984, a causa degli eventi sismici,
la chiesa ha subito gravi lesioni che ne hanno procurato
la demolizione qualche anno dopo. L'attuale chiesa,
di fattezze moderne, riprende la forma delle antiche
"pagliere" ed è affiancata da un
campanile stilizzato che conserva le vecchie campane.
Date
le modeste origini del borgo, non si evidenziano opere
architettoniche di particolare rilievo. I diffusi
e massicci interventi di ristrutturazione e recupero
edilizio, operati a seguito degli eventi sismici del
1984 hanno inoltre contribuito a modificare radicalmente
l'estetica degli edifici più antichi mascherando
i pochi dettagli architettonici allor ancora visibili.
Si conserva comunque, più volte restaurata
nel corso dei secoli (1802, 1924), la Fonte, fontana
a muro con 4 vasche di raccolta alimentata da sorgenti
sotterranee.
Da
ricordare la tradizione del Fuoco della 'Vilia' (Vigilia),
falò acceso sulla piazza antistante la Chiesa
parrocchiale nella notte tra il 24 e il 25 dicembre
per illuminare e riscaldare simbolicamente la Santa
Nascita.
ORIGINI
Gli insediamenti nell'area dove oggi sorge Isernia,
collocata sul crinale che separa due corsi d'acqua
denominati Carpino e Sordo, anticamente detti Gianocanense
e Giovinale (o San Giovinale), risalgono all'era paleolitica:
una teoria interessante ed accreditata sull'origine
del suo nome, infatti, lo riporta alla radice aeser
che vuol dire acqua. E la sua presenza, abbondante
nel territorio, fu una caratteristica importante per
l'insediamento urbano. Di epoca romana è infatti
l'antico acquedotto, ancora oggi in uso.
CENNI
STORICI
La storia documentata della città inizia solo
con l'epoca sannitica: l'espansione della Repubblica
romana, e la conseguente repressione delle popolazioni
sannite nel territorio italico interessò anche
la zona di Isernia, la cui sconfitta, nel 263 a.C.,
ad opera dei Romani, segnò la nascita della
colonia latina Aesernia. Divenuta capitale nel corso
della guerra sociale da parte degli Italici, venne
distrutta da Silla ed in seguito ricostruita, fino
a divenire municipium: la caduta dell'impero romano,
tuttavia, riservò alla città il destino
di fungere da scenario alle distruzioni dei Barbari
(nel 456) e, successivamente, dei Saraceni. Annessa
alla contea di Molise durante il dominio normanno,
fu terra regia nel periodo svevo. Successivamente
passo ai d'Angiò ai quali venne pignorata nel
1316, in forma cautelativa per la dote di Caterina
d'Asburgo in vista delle nozze con il Principe Carlo
detto "l'Illustre", duca di Calabria, al
quale Isernia passò in feudo alla morte di
lei, nel 1323. Dopo alterne vicende che videro passare
la città da Carlo di Durazzo alla moglie Margherita
a Giacomo di Marzano, venne dichiarata città
regia da Alfonso I DAragona nel corso del Quattrocento.
Nel 1780, era la città più popolosa
del Contado di Molise. Gli abitanti fecero resistenza
contro i francesi nel 1799, in occasione del tentativo
di conquista del regno di Napoli. Lo stesso accadde
nel 1860, in virtù della reazione borbonica
contro i piemontesi. Il comune è noto anche
per essere stato teatro, nei primi anni dell'unità
d'Italia di una strage perpetrata da parte delle truppe
piemontesi di occupazione sulla popolazione inerme.
Stragi simili avvennero anche a Pontelandolfo, Casalduni,
Pizzoli, Scurcola Marsicana, Montefalcione e tanti
altri luoghi. Rivendica la nascita sul suo suolo di
Papa Celestino V, tanto da festeggiarlo come patrono.
Il 26 luglio 1805 Isernia fu distrutta da un terremoto:
collocata in un territorio notoriamente sismico, la
città è stata più volte distrutta
nel corso dei secoli. In realtà l'ultima distruzione
si è verificata il 10 settembre 1943 a causa
di un massiccio bombardamento da parte degli anglo-americani.
Questo evento, e il successivo valore della popolazione,
hanno portato la città ad essere tra le Città
decorate al valor civile. Il 3 marzo 1970 Isernia
è stata elevata a capoluogo di provincia.